Yoda: svelato il perché non combatté l’Impero durante l’esilio

Canonicamente sappiamo molto poco sull’esilio del Maestro Yoda, e soprattutto sulle motivazioni che lo hanno spinto a non tentare mai di combattere l’egemonia imperiale. Una nuova opera fa finalmente luce su questi aspetti, deducibili anche dai film ma che molti fan non volevano accettare. Vediamo tutto di seguito!

Il punto di vista di Yoda

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Tavola dal settimo numero di Star Wars: Yoda

Nel corso degli ultimi anni molti fan hanno faticato ad accettare la “rassegnazione” di Luke Skywalker o di Obi-Wan Kenobi: entrambe ci sono state mostrate sullo schermo, e nonostante i due jedi alla fine abbiano combattuto e si siano sacrificati per la causa, molti ritenevano assurdo che per anni fossero rimasti a guardare senza agire. Ma anche il Maestro Yoda si comportò in questo modo, e anzi per più di vent’anni rimase in esilio senza mai intervenire. Nel settimo numero della miniserie a fumetti dedicata proprio a Yoda, c’è un interessante scorcio ambientato nel 3 ABY, poco prima che Luke raggiungesse Dagobah.

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Tavola dal settimo numero di Star Wars: Yoda

Nella scena Yoda dialoga con il Fantasma di Forza di Obi-Wan, che cerca di convincerlo proprio a riprendere la lotta, addestrando il ragazzo. Obi-Wan dice che non c’è esilio abbastanza lontano che possa impedirgli di percepire l’oscurità dilagante nella galassia, e Yoda risponde di esserne perfettamente consapevole, ma che il potere dell’Imperatore, di Vader, del Lato Oscuro, erano diventati troppo grandi per sconfiggerli, e che lui non avrebbe potuto fermarli.

Cadere e rialzarsi

Obi Wan, Luke e yoda
Luke Skywalker, Obi wan Kenobi e Yoda

Ed è sempre Obi-Wan che lo sprona a ricordare una sua lezione importante: la grandezza non conta; un qualcosa che poi insegnerà anche a Luke. Queste tavole ci mostrano degli elementi che sono ben desumibili sin da Episodio III: Yoda porta ancora sulle sue spalle la responsabilità del fallimento dell’intero Ordine Jedi, e soprattutto il peso della sconfitta contro Darth Sidious. Molti si rifiutavano di credere che egli non avesse agito per vent’anni, ma questi pensieri sono la conferma definitiva del fatto che fu proprio così.

Questa è l’ulteriore dimostrazione del fatto che i jedi con i quali siamo cresciuti non sono automi, e hanno i loro momenti di debolezza (che possono durare un mese o vent’anni). E questo non scalfisce la loro importanza e non ne sminuisce la personalità: è la rappresentazione del fatto che nella vita si può cadere e ci si può rialzare, e ciò vale anche e soprattutto per gli eroi.

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