“Vado in carcere per rilassarmi”, la nuova moda spaventosa che sta spopolando: questa tecnica di meditazione cambia la vita

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Rilassarsi in carcere nuova tendenza (Canva foto) - www.insolenzadir2d2.it

“Vado in carcere per rilassarmi”, la nuova moda che sfida ogni logica: adesso la prigione non fa più paura.

In un’epoca in cui lo stress quotidiano sembra essere diventato un compagno di vita, sempre più persone cercano soluzioni estreme per ritrovare la serenità. Le tecniche di rilassamento tradizionali non bastano più: c’è chi opta per il digital detox, chi si rifugia in ritiri spirituali e chi sceglie il silenzio della meditazione. Ma una nuova tendenza sta prendendo piede, e il suo concetto lascia senza parole.

L’idea alla base di questa pratica è radicale: rinunciare volontariamente a ogni comfort e immergersi in un ambiente di totale isolamento. Niente telefoni, niente interazioni sociali, niente distrazioni, solo il silenzio e la solitudine di uno spazio ristretto. Chi partecipa a questa esperienza lo fa consapevolmente, convinto che sia l’unico modo per spezzare il ciclo della frenesia quotidiana.

Quello che può sembrare un esperimento sociale o una provocazione è, in realtà, un fenomeno che sta guadagnando sempre più seguaci. Le persone disposte a pagare per questa esperienza non appartengono a una nicchia ristretta, ma provengono da diversi contesti.

Molti si chiedono se questa moda sia un segnale preoccupante del nostro tempo. Viviamo in una società in cui la produttività è al centro di tutto, e il bisogno di evadere diventa sempre più forte. Ma se l’unico modo per ritrovare se stessi è sperimentare una reclusione volontaria, forse qualcosa nel nostro stile di vita deve essere messo in discussione.

La “Prison Inside Me”, il carcere che promette la pace interiore

Nel cuore della Corea del Sud, a poche ore da Seoul, si trova un luogo che ha trasformato questo concetto in realtà: la “Prison Inside Me“. Fondata nel 2013 dall’avvocato Kwon Jong-suk, questa struttura offre un’esperienza di isolamento totale, ricreando le condizioni di una vera prigione.

I partecipanti pagano circa 80 euro al giorno per essere rinchiusi in celle di 5 metri quadrati, senza letto, senza dispositivi elettronici e con pasti ridotti al minimo. Nessun contatto con l’esterno, nessuna possibilità di distrazione. L’unica compagnia consentita è una penna, un taccuino e un set da tè. Secondo Noh Ji-Hyang, cofondatrice del centro, molti ospiti arrivano confusi, ma alla fine comprendono che la vera prigione è la loro vita quotidiana.

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Persona in carcere sul materasso (Canva foto) – www.insolenzadir2d2.it

Un rifugio o un segnale d’allarme?

Secondo quanto riportato da Greenme, chi sceglie questa esperienza appartiene soprattutto a due categorie: lavoratori e studenti sotto pressione, costretti a confrontarsi con un sistema estremamente competitivo. La Corea del Sud registra tassi di stress e suicidio tra i più alti al mondo, e molti vedono in questa prigione un rifugio temporaneo dalla routine soffocante.

Questa tendenza solleva interrogativi profondi sulla società moderna. Perché il bisogno di isolarsi sta diventando così diffuso? È davvero necessario pagare per essere rinchiusi per ritrovare il proprio equilibrio? Se la risposta è sì, allora forse non sono le persone a dover cambiare, ma il sistema stesso.