The Acolyte: tutti i riferimenti e gli easter egg della terza puntata!
Il terzo episodio della serie The Acolyte, intitolato “Destino”, ci presenta tantissime tematiche molto importanti e profonde sia per la trama della serie che soprattutto per la lore di Star Wars, che sono condite da una marea di riferimenti ed easter egg. Ve ne parlo di seguito in maniera approfondita!
Gemelle uguali ma differenti
Rispetto alle puntate della premiere, il titolo è univoco: questo è probabilmente un riferimento al fatto che le gemelle sono ancora insieme. L’episodio si apre infatti sul pianeta Brendok, 16 anni prima degli eventi del presente che ci sono stati presentati nelle prime due puntate. Sotto un albero di Bunta, pianta che è stata nominata nella seconda puntata, la piccola Osha sta utilizzando la Forza con una creatura. Nell’episodio scopriremo che tutte le adepte della congrega sono Force user, e soprattutto che concepiscono la Forza in maniera inedita. La bambina viene raggiunta da sua sorella Mae, e nel loro dialogo le due descrivono brevemente gli effetti dannosi del Bunta, collegandoci sempre a quanto accaduto nella 1×02.
Anche Mae utilizza la Forza su quelle creature, ma Osha la redarguisce per i suoi modi più vigorosi. Già da queste prime scene scopriamo le profonde differenze tra le due gemelle: Mae è più legata alla congrega, mentre Osha vede per se stessa un futuro diverso. E infatti dice di non voler compiere il rito dell’Ascensione, che vedremo a breve. Dal canto suo invece Mae mostra un legame più forte sia con la congrega che con sua sorella, e quest’ultimo si dimostrerà poi quasi morboso. Poco dopo infatti la esorta a recitare la filastrocca che abbiamo ascoltato nel primo episodio.
Koril e la congrega
Non bisogna però pensare che Osha non ami sua sorella o la sua famiglia, semplicemente aveva una certa indipendenza emotiva che la spingeva a sognare una vita lontana dai suoi affetti. Poco dopo compare un nuovo personaggio: si tratta di Madre Koril, strega di specie zabrak iridoniana che rimprovera le due per essersi allontanate dalle mura. Era pericoloso per le gemelle uscire, e nella scena successiva vediamo che a spiarle c’era addirittura Sol.
Poco dopo ci viene mostrata una panoramica alla struttura dove vive la congrega, e soprattutto alle lune di Brendok. Entrambe sono un richiamo alle gemelle (e al logo della serie, poiché una è arancione e l’altra azzurra) ed è interessantissimo notare che nel corso della puntata si avvicineranno o allontaneranno a seconda della vicinanza o allontanamento delle sorelle. All’interno delle mura ci viene mostrata una comunità colorata e vibrante (ho apprezzato davvero tantissimo i costumi, tutti fantastici ed elaborati), e viene introdotto un nuovo cibo chiamato crema alla spezia.
Il debutto di Madre Aniseya in The Acolyte
In Star Wars la spezia non è solamente una sostanza illegale e stupefacente, ma ha anche svariati altri derivati di utilizzo quotidiano. Esistono inoltre, sia nel canone che nelle opere legens, molte creme speziate come le Cavaellin, che nel canone sono biscotti mentre nel legends caramelle. Come si può notare, anche quelli presenti in The Acolyte sono biscotti. Ed è la stessa madre Aniseya a confermare che si tratta di dolci nella scena successiva.
Debutta quindi il personaggio interpretato da Jodie-Turner Smith, che è il capo di questa congrega di streghe. Nel loro dialogo Koril la avverte che le bambine si erano avventurate fuori dalla fortezza, e Aniseya chiede se qualcuno le avesse viste. Scopriamo inoltre che erano già a conoscenza che i jedi stessero esplorando Brendok e li tenevano d’occhio.
Aniseya tenta di tranquillizzare Koril con una carezza, ma la zabrak è molto preoccupata. Chiedendole di avere più polso e attenzione, ci anticipa già che le gemelle non sono bambine normali; e capiremo successivamente il perché.
Nuova concezione della Forza in The Acolyte
Poco dopo ci spostiamo nella sala comune, dove Osha e Mae seguono un addestramento. Aniseya dice loro che “tutte le cose viventi sono collegate dallo stesso Filo, un Filo che attraversa tutto l’esistente”. Si tratta di una citazione che ricalca quella di Obi-Wan in Episodio IV, ma ci mostra un modo di intendere la Forza completamente nuovo. La stessa Aniseya, dopo una dimostrazione, dice che alcuni la chiamavano appunto Forza e sostenevano di usarla (riferendosi ai jedi); per loro invece il Filo non è un potere da brandire. Tirandolo sarebbe stato possibile cambiare il proprio destino, e creare unione con le altre adepte.
Aniseya mostra loro un’altra dimostrazione del Filo, mentre le bambine cominciano però a litigare. Ella le mette alla prova, e anche qui scopriamo che Mae si impegnava molto più di Osha nel padroneggiare il Filo. Ho apprezzato enormemente il fatto che finalmente anche in prodotti live action sia stato introdotto un nuovo punto di vista sulla Forza. In videogiochi, romanzi e fumetti infatti conosciamo innumerevoli popoli e culture che si riferiscono ad essa nei modi più disparati e la venerano o la utilizzano differentemente da come facevano i jedi. Per gli Zeffo ad esempio era il “vento della vita”, come sappiamo da Jedi: Fallen Order. Per i Lasat era l’Ashla, per i Chiss era la Terza Vista, per le Sorelle della Notte il Magick, per i Fallanassi era la “Corrente Bianca” (il lato chiaro) e la “Marea Nera” (il lato oscuro), ecc.
Come detto, oltre a chiamare la Forza in modi differenti, veniva spesso anche intesa e utilizzata in modi differenti. In particolare la congrega di Aniseya sembra avere una concezione non fatalista della Forza, come verrà specificato anche dopo. Quando Koril si accorge di un’interferenza, dovuta sicuramente alla presenza dei jedi nelle vicinanze, le gemelle vengono mandate nelle loro stanze.
I dubbi di Osha
Proprio qui le due affrontano un dialogo con Aniseya, riguardante soprattutto i dubbi di Osha. Ella non vuole compiere il rito dell’Ascensione perché non vuole diventare una strega, o meglio è combattuta sul da farsi. Anche qui, Mae si arrabbia e cerca di imporle la sua stessa visione e i suoi stessi desideri. Come sempre interviene Aniseya, che le fa riappacificare dicendo che il Filo le aveva unite ancor prima che nascessero (altro riferimento alla rivelazione che arriverà successivamente).
La madre confessa inoltre ad Osha che avrebbe superato quella paura, e soprattutto che crescendo avrebbe riconsiderato la scelta di non far parte della congrega. Questo perché la galassia non vedeva di buon occhio delle streghe con le loro capacità; e ribadisce che le due erano speciali insieme. Poco dopo le gemelle si preparano per il rito, e anche in questo caso discutono in merito al fatto che Osha avrebbe voluto una sua indipendenza. In questo frangente, ella disegnerà il simbolo dell’Ordine jedi e una spada laser su un diario (come scopriremo nelle scene finali). Poiché le due non hanno mai lasciato Brendok, è probabile che la piccola avesse avuto delle visioni o si fosse documentata in qualche modo, e ciò avesse accresciuto il suo desiderio di viaggiare attraverso la galassia.
L’Ascensione delle gemelle
Mentre le lune in cielo si allineano, comincia il rito dell’Ascensione. Tra le adepte della congrega notiamo altre aliene, tra cui una twi’lek. Aniseya ci fornisce ulteriori dettagli preziosi su questo gruppo, dicendo che si trattava del primo rito che compivano da quando furono esiliate. Queste streghe infatti furono perseguitate e costrette a nascondersi per via del fatto che il loro potere era considerato oscuro e innaturale. Si tratta anche di una citazione al discorso di Palpatine in Episodio III: “Il Lato Oscuro della Forza è la via per acquistare molte capacità, da alcuni ritenute ingiustamente non naturali”. Oltre alla citazione, ritengo però ci sia qualcos’altro sotto sulle loro capacità, soprattutto in merito alla grande rivelazione che avverrà a breve.
Infatti, sempre in questo dialogo, Aniseya afferma che avevano ricevuto un miracolo: il dono della vita. Proprio in quel momento arrivano le gemelle e comincia il rito; anche qui, mentre le adepte recitano una cantilena sacra, vediamo le lune allinearsi. Aniseya recita la formula che permette a Mae di ascendere: la bambina giura che avrebbe protetto i segreti della congrega e ne avrebbe raccolto il lascito. Perciò riceve il simbolo che anche Aniseya porta sulla testa.
La Madre si rivolge poi ad Osha, che però è decisamente più titubante di sua sorella. Qui scopriamo anche i loro nomi completi, e cioè Mae-ho e Verosha. Proprio in quel momento, prima che Osha potesse ricevere il marchio, il rito viene interrotto dall’arrivo dei jedi. Mentre Aniseya sottolinea alle sue adepte di non utilizzare la violenza, entrano in scena Sol, la Maestra Indara, Kelnacca e Torbin (all’epoca padawan di Indara).
Il pensiero dei jedi sugli altri culti
E’ proprio Indara a rompere il ghiaccio, e notiamo subito il clima teso della conversazione. I jedi pensavano che quel pianeta fosse disabitato, ma Aniseya è scettica a riguardo. Indara dice che non volevano far loro del male, e nel frattempo Osha è affascinata dai loro abiti e dalle spade laser. La Maestra jedi afferma però di essere preoccupata dal fatto che addestrassero dei bambini, citando le leggi della Repubblica a riguardo. Aniseya ribadisce subito che Brendok non faceva parte della Repubblica.
Già qui notiamo moltissimi spunti di riflessione, riguardo soprattutto a come i jedi guardassero con sospetto un addestramento che non fosse il loro, soprattutto nei riguardi di una congrega accusata in passato di essere oscura. Tramite le opere cartacee dell’Alta Repubblica sappiamo che i jedi erano molto tolleranti con i culti e gli ordini differenti dal loro, fino a che non rappresentavano una minaccia. E infatti nelle opere della seconda fase abbiamo visto ad esempio un grande consesso della Forza, un organo consultivo formato dai rappresentanti di molti culti che si riunì su Jedha per appianare le divergenze e risolvere determinati conflitti.
Persino un culto estremistico come il Sentiero della Mano Aperta fu inizialmente trattato con indulgenza, anche se poi fu aspramente combattuto dai jedi. Tutto ciò accadeva 250 anni prima delle vicende di The Acolyte, e sicuramente molte cose erano cambiate. Ho spesso ribadito che questi jedi non sono come quelli della trilogia prequel, ma nemmeno come quelli delle prime fasi dell’Alta Repubblica. Sono una via di mezzo e rappresentano l’inizio della strada che porterà l’Ordine a com’era in Episodio I. Perciò è normale che i semi di quei comportamenti ci vengano presentati ora. E questa storia narra anche e soprattutto di come i jedi, anche inconsapevolmente a volte, non capissero che essere i detentori di privilegi e poteri poteva nuocere agli altri.
La percezione dei jedi nella galassia
Tornando all’episodio, Osha e Mae si fanno avanti e Indara chiede dove fosse il loro padre, mentre Aniseya risponde che non l’avevano. La similitudine con Anakin è palese, e presto sarà ancor più forte. La tensione si fa sempre più palpabile, soprattutto quando le streghe capiscono che i jedi le stavano spiando, e Sol ci tiene a ribadire che non prendevano (e quindi non rapivano) i bambini. Si tratta di una concezione sui jedi molto diffusa tra le persone comuni, soprattutto nelle opere legends ambientate nel passato. Poco dopo comunque Sol estrae la spada laser non per attaccare, ma per porgerla ad Osha.
Egli è convinto che sarebbe potuta diventare un’ottima jedi, e le chiede se le sarebbe piaciuto essere esaminata affinché ciò diventasse realtà. Come detto i jedi non prendevano i bambini con la forza, ma sempre tramite la loro volontà o quella dei genitori in caso venissero esaminati da troppo piccoli. E anche se separarsi dai proprio figli era sempre doloroso, la maggior parte di loro accettava poiché sapeva che la vita da jedi era il meglio a cui si potesse aspirare nella galassia.
Aniseya però non è inizialmente dello stesso avviso, e nonostante la volontà di Osha sia chiara intima ai jedi di andarsene prendendo “possesso” di Torbin. Poi però, data l’insistenza della stessa Osha, la madre accetta che venga esaminata. Anche Indara ribadisce che non poteva negare ai jedi il diritto di esaminare potenziali padawan, chiedendole comunque il permesso; il tutto però ovviamente con una certa autorità nella voce. L’ennesima dimostrazione del fatto che l’intero episodio esplora la sottile linea che divideva la volontà dall’imposizione.
La rivelazione sul concepimento delle gemelle in The Acolyte
Sol ribadisce che entrambe le bambine effettueranno i test, e poco dopo Aniseya si ritrova con le altre per discutere sul da farsi. Koril è furiosa e decisa ad agire, ma una delle adepte afferma che versando anche solo una goccia di sangue jedi la Repubblica le avrebbe annientate. Questo ci fa capire quanto fosse considerato potente ed inattaccabile l’Ordine dagli altri abitanti della galassia.
Koril e Aniseya continuano la discussione, e proprio qui avviene la rivelazione più grande del terzo episodio di The Acolyte. La zabrak infatti ribadisce che non aveva messo al mondo le bambine affinché venissero prese da monaci squilibrati; lei le aveva portate in grembo, mentre Aniseya ribadisce che le aveva create. Anche la domanda successiva è ricca di interrogativi, poiché Koril replica dicendo: “cosa succede se i jedi scoprono come le hai create?”. Questa rivelazione, della quale comunque sappiamo ancora molto poco, apre a numerosi possibili scenari.
Possibili scenari ed altri esempi canonici
Il primo pensiero va sicuramente alla nascita di Anakin, dato anche il riferimento all’assenza di un padre. Nel canone sappiamo che egli è stato concepito dalla Forza stessa, ma nelle opere legends abbiamo un dettaglio in più. Dal romanzo Darth Plagueis apprendiamo che, durante gli esperimenti e le manipolazioni di quest’ultimo sui midi-chlorian per creare la vita, la Forza ha reagito creando un contraltare a quegli abomini, e quindi appunto Anakin.
Quanto accaduto con Aniseya potrebbe raccogliere e rielaborare questi elementi, arricchendo il canone anche in merito alla nascita di Anakin. I riferimenti ad Episodio I in questo e negli altri episodi di The Acolyte sono tantissimi, e sappiamo che tutto ciò che stiamo vedendo porterà a La Minaccia Fantasma. La frase “io le ho create” rimane comunque vaga, e il coinvolgimento di Aniseya nella questione potrebbe essere anche solo minimo: ad aver agito maggiormente potrebbe quindi essere stata la Forza stessa.
Aspetteremo con trepidazione ulteriori dettagli, ma in realtà nel canone esiste un caso di nascita “forzata” oltre a quello di Anakin. Si tratta di Yenna, una sorella della notte che fu letteralmente creata dalla strega Falta con argilla, conchiglie e altri materiali. Quest’ultima le aveva dato vita attraverso un rito magico senza precedenti, ispirato alle usanze funebri delle Sorelle della Notte. Troviamo questa storia nel racconto Bug, presente nella raccolta di racconti canonica The Clone Wars: Stories of Light and Dark.
Il momento dei test
Le similitudini con le Sorelle della notte arrivano anche poco dopo, quando compare l’anziana Naasa che ricorda molto la figura di Daka. Ella suggerisce di far fallire intenzionalmente le prove alle bambine, e madre Aniseya chiederà quindi alle due di mentire. Mentre le gemelle cominciano a battibeccare, la Madre pronuncia un’altra frase importantissima. Non si trattava di buoni o cattivi, ma di potere e di chi era autorizzato ad usarlo. Un concetto molto potente che oltrepassa il considerare i jedi buoni o cattivi, e pone in essere un’altra domanda: come istituzione, fin dove sono legittimati a spingersi? E soprattutto, sono l’unica e “privilegiata” organizzazione che può usare la Forza senza preoccuparsi delle conseguenze?
Arriva così il momento del test, e Mae va per prima sull’astronave dei jedi (un modello inedito) mentre Osha conversa un po’ con Kelnacca. Notiamo che il jedi wookiee sta riparando uno speeder, anch’esso inedito. Quest’ultimo è molto diverso dal jumpspeeder di classe Undicur, utilizzato dai jedi durante le Guerre dei cloni.
Il desiderio di Osha
Quando tocca ad Osha scopriamo che per prima cosa Torbin effettua un prelievo di sangue. Si tratta di un’operazione che servirà a misurare il suo livello di midi-chlorian, come ben sappiamo sin da Episodio I. E poco dopo c’è un altro chiaro riferimento a La Minaccia Fantasma, poiché il proiettore di immagini per il test è simile a quello utilizzato per Anakin. Tra le immagini che compaiono, vediamo anche quella di un gatto tooka.
Anche Osha comincia a mentire, e Sol sta al gioco tanto da farle sfuggire la verità poco dopo. Il conflitto nella ragazza è molto forte, ma la sua voglia di partire è evidente. Sol le chiede cosa desiderasse, e le racconta di quando lui stesso fu testato all’età di quattro anni. Poi la rassicura sul fatto che anche lui aveva avuto paura di lasciare la sua famiglia, ma con i jedi aveva trovato un posto speciale. E ad attenderla ci sarebbero stati migliaia di bambini come lei. E’ probabile che in questo periodo ci fossero più jedi rispetto a quando furono annientati con l’Ordine 66 (in quel momento erano circa diecimila).
Un commovente addio
Osha afferma di voler essere una jedi, e perciò avrebbe dovuto dire la verità alla sua famiglia. Arriva così il momento della confessione, in cui Osha rivela di volere una vita sua, e soprattutto di non voler essere una strega ma una jedi. Mae è furiosa per queste rivelazioni, ma rimaste sole Aniseya si mostra molto comprensiva con lei. Le dice che il suo destino non era deciso da un’anonima Forza (e qui come vi dicevo si sottolinea la loro concezione non fatalista) e che era chiamata a compiere una scelta: se avesse voluto tirare il Filo, avrebbe dovuto farlo.
Anche in questo dialogo c’è un rimando ad Episodio I e ad Anakin. Il “non ti rivedrò più?” che Osha rivolge a sua madre è simile al “ti rivedrò ancora?” che Ani chiede con tristezza a sua madre Shmi prima di separarsi da lei.
Osha è ormai decisa, e perciò sua madre la incoraggia nonostante le lacrime le righino il volto. Ho trovato questa scena davvero splendida e toccante, poiché fa vivere allo spettatore tutto il dolore di una separazione che, pur non essendo forzata dai jedi, fa ugualmente male. Ciò che ha provato madre Aniseya rispecchia sicuramente ciò che provavano tutti i genitori di futuri jedi.
La rabbia di Mae
Dall’altro lato però Mae non riesce a farsene una ragione, e dice alla sorella che non l’avrebbe fatta partire; per impedirglielo afferma che l’avrebbe addirittura uccisa. Ovviamente, nonostante tutto quello che succederà dopo, Mae non aveva alcuna intenzione di ucciderla. Come già detto, ella mascherava la paura di essere abbandonata e lasciata sola con una possessività esagerata e soprattutto con affermazioni estreme. E infatti, mentre dà fuoco al diario, vediamo le lacrime scendere anche dal suo volto.
Inoltre, come per tutta la sequenza finale della 1×03 di The Acolyte, da qui ci sono sicuramente elementi che non ci vengono mostrati. Non vediamo infatti il momento in cui il fuoco divampa, e sentiamo solo un rumore di vetro rotto. Segno che potrebbe essere successo qualcosa che abbia distratto Mae. Nel frattempo Osha riesce a scappare dalla sua stanza tramite un condotto, e qui sente un boato assordante (anch’esso sicuramente causato da altro) e delle urla. Cominciano così una serie di esplosioni in sequenza, e le due gemelle si ritrovano faccia a faccia su un parapetto distrutto.
L’ultimo faccia a faccia
Anche il loro dialogo è emblematico: Mae afferma che Aniseya era morta, ed entrambe si accusano di aver causato quel putiferio. Altro elemento, come i successivi che vedremo da qui alla fine, che ci dimostrano che abbiamo visto solo una parte di quanto accaduto. Proprio in quel momento le raggiunge Sol, e le due precipitano nel vuoto mentre il jedi riesce a salvare solo Osha. Abbiamo quindi la conferma, come affermato nel presente, che entrambi avevano visto morire Mae.
La fortezza è in procinto di crollare mentre Sol e Osha corrono verso la salvezza. Nel tragitto vediamo i corpi senza vita delle streghe della congrega, e Osha si dispera vedendo anche il corpo di sua madre. E’ palese che le streghe non siano morte a causa del fuoco e delle macerie, e quindi c’è dell’altro che non ci è stato sapientemente ancora mostrato.
Verità nascoste in The Acolyte
Poco dopo Osha riprende conoscenza sul trasporto jedi diretto verso Coruscant, e Sol le racconta che Mae aveva appiccato un incendio che aveva distrutto tutto e soprattutto era costato la vita alla sua famiglia. La giovane è disperata e chiede di tornare indietro, ma Sol tenta di consolarla dicendo che l’avrebbe presa come padawan e che non avrebbe più sofferto in quel modo. Anche in questo frangente notiamo due importanti elementi: lo sguardo di Sol durante l’abbraccio, che sembra sconvolto e nasconde sicuramente dell’altro, e soprattutto la cicatrice di Torbin.
Egli infatti possiede in questo frangente la cicatrice che abbiamo visto nel secondo episodio di The Acolyte, e che non aveva durante la terza puntata prima dell’incidente. Segno del fatto che non solo i jedi sono stati coinvolti nella questione, ma avranno avuto sicuramente un ruolo importante per quanto accaduto. Ho amato il fatto che questa puntata di The Acolyte abbia continuato a celare il punto di vista di Mae. Narrativamente parlando ricalca molto la struttura del film Rashomon di Akira Kurosawa.
In questo capolavoro, l’omicidio di un samurai viene raccontato da quattro testimoni diversi. Ognuno dei protagonisti sembra offrire un resoconto perfettamente plausibile, ma le storie non coincidono; la struttura del racconto, incentrata sulla molteplicità dei punti di vista, porta lo spettatore a riflettere sulla natura stessa del concetto di verità e sulla soggettività dei ricordi umani. Ed è proprio questo l’elemento che traspare da questo episodio e da tutta la trama di The Acolyte, la nebulosità del concetto di verità.
Nell’ultima scena della puntata, una sconvolta Mae sopravvissuta al disastro giunge sotto l’albero di Bunta, e si dispera di non trovare sua sorella. D’ora in poi, anch’ella penserà che lei sia morta e pian piano comincerà a covare vendetta nei confronti di quei quattro jedi. Cosa ne pensate del terzo episodio di The Acolyte e delle sue tematiche e riferimenti? Ditecelo come sempre nei commenti! E continuate a seguirci anche su Facebook, YouTube, Tik Tok, Instagram e Twitter per rimanere aggiornati su tutte le novità di Star Wars.