Solo: analisi di una losca avventura (parte 3)

Il giovane e beffardo Han Solo

«Tutti hanno bisogno di qualcuno, anche un furfante logoro come questo.»

Continuiamo con l’analisi dei temi e contenuti di Solo: a Star Wars story. In questa terza e ultima parte della recensione (a questo link trovate la prima parte, mentre a quest’altro la seconda) mi concentrerò sul ruolo del Millennium Falcon, sull’impresa della rotta di Kessel e, in ultimo, sul ruolo dei maestri all’interno della pellicola, con un occhio di riguardo per Tobias Beckett.

Una nave per Han

Han osserva per la prima volta il Millennium Falcon.
Da: heroic hollywood

La ricerca e la conquista del Millennium Falcon risulta, a tutti gli effetti, il motore della storia di Solo. Questo perché, dal punto di vista narratologico, la leggendaria nave spaziale rappresenta un autentico oggetto del desiderio, necessario al protagonista per ottenere il suo lieto fine. Lieto fine che, a onor del vero, muta nel corso della pellicola: a inizio film, infatti, Han fa di tutto per conquistarsi una nave con cui raggiungere Qi’ra, liberare Qi’ra, partire con Qi’ra, fare tutto con Qi’ra. Benché sia uno squattrinato e ami definirsi un fuorilegge, Han è il principe azzurro che cerca con ogni mezzo il cavallo bianco per salvare la sua principessa.

Ma a differenza di Leia, Qi’ra è una principessa che non può essere salvata, e il cavaliere di ventura non può fare altro che ridimensionare il suo lieto fine. Il Millennium Falcon passa così dal ruolo di semplice oggetto magico, strumento per conseguire qualcosa, a quello di fine ultimo dell’intera avventura.

Dall’amore a se stesso

Sarà che, sul Falcon, Han ritrova se stesso, oltre che suo padre; e sarà che, volando sulla rotta di Kessel, Han diviene davvero quel pilota che aveva sempre sognato di diventare. E il principe squattrinato, benché consapevole di aver sbagliato donna, scopre che gli basta quel destriero, per essere felice, insieme a un amico peloso e altre spericolate avventure. Quell’altra canaglia mantellata di Lando, in un modo o nell’altro, dovrà farsene una ragione…

Il Millennium Falcon, in questo senso, educa Han a una sorta di individualismo positivo, convertendo l’amore impossibile per Qi’ra in amor proprio, orgoglio e senso di libertà. Questo, ovviamente, fino all’avvento dell’altra principessa, quella storica, che saprà rimetterlo in riga come la Forza comanda.

La rotta di Kessel

Un frame di Solo: A Star Wars Story in cui il Millennium Falcon attraversa la famigerata Rotta di Kessel

«Ho fatto la rotta di Kessel in meno di dodici parsec.»

In ogni fiaba o epopea che si rispetti, arriva il momento in cui l’eroe, per compiere se stesso, abbandona la via maestra e si perde in un bosco e/o discende agli Inferi. In Solo, di discese infernali, ne abbiamo ben due, e sono entrambe fondamentali per la crescita di Han. Nella prima avviene l’incontro con Chewbecca; nella seconda, invece, si compie la consacrazione di Han come uomo, pilota e leader.

La rotta di Kessel rappresenta a tutti gli effetti una discesa nell’Ade: la sortita è pericolosa, ma necessaria alla missione; prevede un incontro con il Maelstrom, il Moe e altri orrori infernali. Ma Han, spingendo se stesso, i suoi e il Falcon oltre ogni limite consentito, non soltanto supera la prova, ma si fa beffe del diavolo in persona sfuggendo alle sue grinfie e dandogli in pasto il suo stesso guardiano.

Durante l’avventura nel Maelstrom, la tensione è altissima, quasi insopportabile: non sono solo i nervi di Han e Beckett a essere sotto pressione: lo sono anche i nostri. Regia e fotografia sono perfette, per non parlare degli effetti speciali e degli echi letterari.

Ritengo che Ron Howard, per l’intero processo di creazione del Moe – cioè dell’indefinito; un nome perfetto, per un buco nero! – si sia rifatto a un celebre racconto dell’orrore di Edgar Allan Poe, intitolato, non a caso, Una discesa nel Maelstrom.

Il Maelstrom letterario

Una rappresentazione del Maelstrom di Edgar Allan Poe.
Da: McLuhan Galaxy

Per dirla con Poe, il Maelstrom è una terrificante voragine marina i cui “turbini o vortici sono così estesi e profondi, che, se una nave entra nel raggio della loro attrazione, viene inevitabilmente assorbita e trascinata a fracassarsi contro le rocce del fondo.”

A dominare l’intera manovra è un interminabile e sfiancante senso di malia per l’indefinito, che uccide i nervi dei malcapitati prima ancora della furia del mare.

Ne riporto alcuni stralci, a mio avviso utili perché analogici al film: in fin dei conti, sempre di navi, mostri e buchi neri si parla!

Avviene ugualmente che spesso le balene si avvicinino troppo alla corrente e siano prese dalla sua violenza; è impossibile allora descrivere i loro urli e muggiti negli inutili sforzi per liberarsene.

Corremmo sempre in tondo per forse un’ora, volando piuttosto che galleggiando, accostandoci sempre di più al centro del vortice e sempre più vicini al suo spaventevole orlo interno.

Il battello pareva sospeso come per incanto (…) circonferenza molto vasta e di una profondità prodigiosa (…) pareti perfettamente lisce (…) abbagliante rapidità con la quale giravano su se stesse (…) sinistro fulgore (…) un fiume di luce dorata lungo le nere pareti, penetrando sino nelle più intime profondità dell’abisso.

Il maestro di Han Solo

Tobias Beckett, interpretato da Woody Harrelson

«Parti dal principio che ti tradiranno e non rimarrai mai deluso.» «È una maniera solitaria, di vivere…» «È l’unica maniera.»

Ma la “fiaba del brigante”, come mi piace chiamarla, non avrebbe potuto avere luogo senza un consumato maestro della truffa a dirigere i passi del nostro contrabbandiere in erba. Il ruolo di Tobias Beckett – occhio al cognome: Beckett fu un grande drammaturgo, dunque un esperto di recite – è all’interno della pellicola fondamentale e determinante.

Il vecchio furfante, oltre a insegnare a Han tutto il necessario per cavarsela in un contesto di ladri, assassini e malfattori, diviene per il giovane un modello di comportamento da imitare e in cui identificarsi, quasi un secondo padre. Quanto pesa, con il senno di poi, l’eredità di Beckett sul Solo più maturo?

Pensiamo all’arma che dona al giovane, al suo cinismo solitario, alla sua mimica e gestualità teatrale. A ben guardare, tra lui e il leggendario Harrison Ford c’è molto di più che qualche sporadica somiglianza.

Sopravvivere ai maestri

Qi’ra e Dryden Vos in Solo: A Star Wars Story.
da: slashfilm

Benché sia un furfante abituato a sopravvivere mentendo, l’insegnamento di Beckett, incredibile a dirsi, è sincero e disinteressato al punto da lasciare in Han un segno indelebile, profondo e duraturo. Ed è stato talmente efficace da rendere Han capace di anticipare e neutralizzare per tempo il suo stesso maestro, di cui il giovane conosce ormai le linee di gioco.

È stato Beckett a insegnare a Han che ogni persona è prevedibile, che bisogna “pensare qualche mossa avanti”. Lezione che il giovane Solo saprà fare propria insieme a tutto il bagaglio comportamentale del vecchio furfante.

Un legame analogo, per non dire simmetrico, tra maestro e allievo, lo troviamo anche tra Qi’ra e Dryden Vos. In entrambi i casi, per poter sopravvivere, i due allievi sono chiamati a tradire e sconfiggere i rispettivi maestri come prova finale del loro percorso di “anti-formazione”.

Han e Qi’ra sono stati formati al peggio, da Tobias e Dryden, ma i due apprendisti, quel peggio, si dimostrano in grado di fronteggiarlo. Il primo prevedendolo; la seconda sfruttandolo. In entrambi i casi, a delitto compiuto, nessuno gioisce, nessuno si illude che i cattivi siano stati sconfitti. Non è un lieto fine, quello che vediamo. Anzi, sa più di un’iniziazione Sith (ah, già… c’è giusto un Maul, vecchio apprendista ormai decaduto, dietro l’angolo).

Perché sia Han che Qi’ra, ciascuno a suo modo, finisce per indossare la pelle della bestia che ha ucciso. Fortuna che Han, sotto quella scorza cinica, truffaldina e beffarda che si è costruito, non cesserà mai di far battere quel cuore d’oro capace di slanci, amore e generosità senza fine.

I messaggi morali

Sono in chiusura, ma elenco rapidamente gli spunti significativi che la pellicola dissemina qua e là. Dal punto di vista morale, la Disney offre sempre insegnamenti preziosi, e il fatto che non cada mai in una vana predica ai popoli, noiosa e buonista, è forse il più prezioso di tutti.

  • Il Lato Oscuro dell’Impero, in cui l’orrore della guerra, della propaganda e dell’ideologia si mostrano in tutta la loro deprecabilità;
  • Il legame indissolubile tra infanzia e purezza di ideali. Come a voler dire che, per mantenersi saldi nel bene, è necessario avere cura del fanciullo che vive ancora dentro di noi.
  • L3, l’insubordinata nobile, che lotta e cade per un ideale di uguaglianza, libertà e coraggio. Ogni spin-off, a quanto pare, ci mostra droidi con insolenza da vendere!

Mi auguro che questa mia analisi sia stata interessante e in grado di mettere a nudo la potenza di questa storia: Solo ha tutte le caratteristiche e le carte in regola per diventare un grande classico di Star Wars, al pari delle pellicole che hanno fatto la storia.

Grazie per avermi letto, a presto!

Francesco Battaglia: Sono nato il 21/09/1990 e vivo di storie: letteratura e cinema; storia e mitologia; fumetti e videogiochi: tutto è parola, tutto è narrazione. Quando posso cedo al Lato Oscuro e mi trasformo, da lettore avido quale sono, in insegnante di Lettere e in autore. Tra le mie pubblicazioni: L'ascesa del Campione, Ceneri scarlatte e Storie di Nigmàr.
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