«Tutti hanno bisogno di qualcuno, anche un furfante logoro come questo.»
Dopo la prima parte, teorica e strutturale, della mia analisi su Solo, è tempo di passare in rassegna i temi e i contenuti affrontati dalla pellicola. Come al solito, cercherò di non fermarmi allo sterile elenco di quanto visto, ma di approfondire, collegare e interpretare tutto criticamente.
Il senso di un nome
«Non è bello morire da soli.»
Il primo tema da cui partire è quello onomastico. Un film come Solo avrebbe potuto smentire facilmente l’ovvio gioco linguistico, ma non l’ha fatto. Anche in questo caso, la pellicola ha scelto la via dell’insolenza legittimando, alla faccia di tutti, che le cose stavano esattamente così. Trovo che una scelta del genere, inattesa ma sotto gli occhi di tutti, rispecchi bene la direzione di Solo, tutto costruito su una convivenza fertile di nuclei già noti, ma sviluppati in modo inedito.
La scena del “battesimo imperiale” diviene occasione di un’essenza rivelata – secondo la narratologia, un buon nome dovrebbe sempre spiegare il personaggio che lo porta – ma anche di un’emozione inattesa, tutt’altro che banale. Han perde Qi’ra ed è costretto a spiegare se stesso in un momento drammatico della sua crescita: l’identità del personaggio si definisce proprio qui, attraverso la scelta del proprio cognome.
La lingua italiana, calco privilegiato, non ci aiuta davvero a capire: la parola “Solo” acquista maggiore profondità se allontanata dal suo primo significato e accostata, piuttosto, a quello del linguaggio musicale. Proviamo a ricondurla al concetto di “assolo” e ci stupiremo pensando al duetto mancato con Qi’ra, o ai cori instabili con i vari Lando, Enfys Nest e Beckett, l’altro presunto musico della pellicola.
La fiaba del brigante
Benché tratti di un’avventura losca, Solo è la storia di un bravo ragazzo. Un potenziale eroe di una fiaba a tutti gli effetti, con tanto di principessa da salvare, oggetto del desiderio (la nave spaziale da cui dipende l’happy end), aiutante peloso e una missione (la quête) pericolosissima, avventurosa e altamente formativa. Il tutto preceduto da una significativa fase di apprendistato iniziale.
Che Han sia un eroe positivo, ovviamente, noi lo sapevamo già, grazie al leggendario Harrison Ford nella trilogia originale. È il giovane Solo, invece, a non volerlo proprio capire, nascondendosi per quasi tutto il film dietro i panni “anti-eroici” del bandito solitario, spietato e opportunista.
La performance di Alden
Inizialmente, lo ammetto, avevo anch’io molti timori sull’interpretazione di Alden Ehrenreich… e il dubbio, lasciatemelo dire, era sacrosanto, visto il peso di una parte del genere.
I dubbi, però, sono spariti quasi all’istante. Il giovane Solo dimostra carisma e personalità da vendere; padroneggia abilmente sia la componente comico-furfantesca che quella drammatico-eroica, entrambe fondamentali per il personaggio.
Sotto la scorza del fuorilegge
Han Solo è un personaggio ambiguo, complesso e a molte facce, perennemente in bluff con se stesso, oltre che con gli altri, ma in fondo sempre sincero, buono e tutto sommato ingenuo.
Sotto la scorza del fuorilegge troviamo un ragazzo giusto cresciuto nel posto sbagliato, dove gli affetti non esistono e i buoni non vincono, perché i cattivi sono stati più furbi e li hanno fregati tutti per tempo.
Meglio, allora, imparare a portarli, gli abiti del cattivo. L’idea di essere un fuorilegge diviene per Han il più efficace degli scudi emotivi, uno stimolo per non soccombere alla vita, alle sue delusioni… per resistere al dolore di una solitudine affettiva troppo dura, per un semplice buono.
L’energia e l’ambizione del self-made man privo di scrupoli danno a Han una spinta vitale importante, ma soprattutto nascondono, più o meno efficacemente, il suo buon cuore alla vista degli altri, forse anche a se stesso.
Ma per quanto giochi a fare il cattivo, Han è un buono. La prova è che prima accetta incarichi da malfattore e poi, dopo aver superato cavallerescamente i peggiori ostacoli, si rende conto di non saper fare il male.
L’idea iniziale è sempre quella di arricchirsi a ogni costo, di fare il proprio sporco interesse, finendo per uscirne a mani vuote… dopo aver aiutato il prossimo ed essersi indebitato con il gangster di turno.
Le due donne di Han
«I may be the only one who knows what you really are. (…) You’re the good guy.» Qi’ra
«A me piacciono gli uomini perbene” “Io sono perbene.» Leia Organa
In quanto a donne, Han sa il fatto suo: sia Leia che Qi’ra sono ragazze forti – benché in modo diverso –; entrambe ricoprono posizioni di potere, nel bene e nel male; entrambe sono capaci di sentimenti profondi e, se serve, sanno sacrificarsi e soffrire per amore. Anche dal punto di vista sentimentale, quindi, Solo è film piuttosto denso, anche se ambiguo e tutt’altro che luminoso. Il legame affettivo tra Han e Qi’ra, benché profondo ed evidente, è infatti destinato a eclissarsi e vivere nell’ombra, nella lontananza e nel ricordo.
A differenza dell’amore tra Han e Leia, che parte in sordina ma poi esplode radioso, i sentimenti, in Solo, appaiono quasi sempre sotterranei, inconfessabili, irrealizzabili e sconvenienti. Il sogno di Han, ovvero prendere una nave e partire all’avventura con Qi’ra, cade a inizio film, riemerge timido nel mezzo e poi ricade, definitivamente, nel finale. E lascia l’amaro in bocca, perché Qi’ra e Han, per quasi tutto il tempo, si fanno del male ma sempre a fin di bene.
Il contesto di Solo, in effetti, è fin troppo disonesto, troppo losco, perché un sentimento come l’amore possa essere accettabile e trionfare. Da qui, probabilmente, l’origine del cinismo e la facciata anaffettiva del pilota di Corellia.
Il sorriso di Qi’ra
Che credo sia una delle cose più belle e tristi di questo film. Perché per Qi’ra, tanto bella quanto virtuosa, ogni salvezza è preclusa fin dal principio: la sua sopravvivenza nel mondo è garantita dall’oscurità a cui deve cedere, sia per se stessa che per il bene di Han, troppo buono e ingenuo per essere un villain. Sarà per questo che ci appare sempre così schiva, triste e pensierosa…
Qi’ra è un personaggio complesso, mutevole: perso il suo destino, non si rassegna alla morte, ma sceglie di sopravvivere ridefinendo se stessa profondamente. Il prezzo da pagare è alto: quando Han la ritrova, Qi’ra non è più in grado di sorridere.
Il nostro contrabbandiere preferito ce la metterà tutta, è vero, per rieducarla al sorriso: Qi’ra, prima timidamente e poi sempre più spesso, ritornerà progressivamente a vivere, a emozionarsi, a sognare.
Ma la donna sa fin troppo bene che, purtroppo, quella con Han è soltanto “un’occhiatina”, una mano buona, l’unica, in una partita a carte che non si può vincere, solo far durare il più a lungo possibile: con Qi’ra, la vita ha barato troppo.
Il pilota le ha regalato un viaggio che è come un’ultima ora di luce; felicissima ma forse, proprio per questo, ancora più triste. I suoi sorrisi, al pari di una sfinge, appaiono profondi, consapevoli e lontani perché valgono una vita intera. E nell’addio finale a Han, insieme al suo ultimo sorriso, scopriamo il senso di quel grande enigma, il suo.
Il mostro come amico
«Heooww!»
Chewbecca
Ma se l’amore, a fine pellicola, risulta sconfitto, invece l’amicizia vince su tutto. In un mondo dominato da belve travestite da uomini, Chewbe risalta per la sua straordinaria umanità, per quanto pelosa e “diversamente parlante”.
In Solo, il Wookie è molto più di un aiutante, di una spalla del protagonista: è un amico. E, come tale, segue Han e lo aiuta, lo capisce, lo sostiene. Dopo il loro incontro cavernoso nell’inferno della guerra – che sa un po’ di discesa agli Inferi – Chewbe è senza dubbio la presenza più autentica, sincera e luminosa della pellicola.
In Solo, il Wookie non rinuncia alla sua individualità, non risulta mai sottoposto a Han, anzi! Fa cose che Han non potrebbe fare, si sgancia da lui all’occorrenza, lo toglie più volte dai guai. Ancora, in uno dei passi più emozionanti del film, lo sceglie liberamente e senza condizioni come famiglia, a scapito della propria tribù.
Chi ha visto il film, ricorderà che Han Solo, non a caso, aveva avuto qualche problema con questa parola!