Prima della galassia lontana lontana: H.G. Wells
All’interno del panorama fantascientifico, che esiste e si espande da secoli attraverso tutti i media, Star Wars è un brand relativamente recente, e per questo motivo possiamo ritrovare numerose opere antecedenti che hanno ispirato, indirettamente o meno, l’universo narrativo che tutti noi conosciamo e amiamo. Tra queste possiamo ritrovare alcuni romanzi di fantascienza che rientrano a pieno titolo tra i più celebri ed importanti scritti del XX secolo: La macchina del tempo, L’isola del Dottor Moreau e La guerra dei mondi, tutti elaborati dal brillante scrittore britannico H.G. Wells (1866-1946) e pubblicati a fine 1800. Vediamo nel dettaglio di cosa parlano questi testi e quali sono presumibilmente state le loro principali influenze sulla nostra galassia lontana lontana!
La macchina del tempo
La macchina del tempo (1895) è stato uno dei primi romanzi pubblicati da Wells, e già all’epoca riscosse un enorme successo tra i suoi lettori: proprio in quegli anni le discussioni in merito alla natura del tempo e all’esistenza di una presunta quarta dimensione erano tra le più diffuse e approfondite, quindi non c’è da stupirsi se un’opera incentrata proprio su questi argomenti (per quanto non fosse la prima) trovò un terreno fertile sul quale consolidarsi senza difficoltà.
La trama del romanzo è piuttosto lineare: a fine Ottocento uno scienziato mostra ad alcuni conoscenti la sua ultima invenzione, ovvero un dispositivo in grado di spostarsi nel tempo, e racconta loro quanto ha avuto modo di vedere nel suo ultimo viaggio effettuato centinaia di migliaia di anni nel futuro. Un viaggio che difficilmente potrà dimenticare in quanto, grazie ad esso, scopre che la specie umana finirà per dividersi in due specie differenti, di cui una occupante la superficie del pianeta in una società di matrice utopica e dedita alle frivolezze, mentre l’altra relegata a vivere nel sottosuolo per garantire il sostentamento della prima.
A partire da questi temi possiamo individuare due corrispondenze: il Mondo tra i Mondi e Coruscant.
Spazio-tempo e utopie
Innanzitutto ricordiamo che il Mondo tra i Mondi non è una macchina del tempo. Infatti, nonostante ne rifletta alcune caratteristiche, esso funge da collegamento tra vari luoghi e momenti in cui la Forza si è manifestata in tutta la sua potenza, ma non permette di spostarsi fisicamente tra passato e futuro alterando il susseguirsi degli eventi già avvenuti o in divenire. Ciononostante, sembra abbastanza evidente che l’archetipo di questo elemento starwarsiano sia proprio la macchina del tempo inventata da Wells, e nella serie dedicata ad Ahsoka avremo sicuramente modo di esplorarlo più a fondo.
Leggendo il romanzo in questione, una volta arrivati ai capitoli ambientati nel futuro, è praticamente impossibile non pensare almeno una volta a Coruscant. Il pianeta-città ci viene infatti mostrato il più delle volte come una sorta di utopia, ma in realtà presenta una netta distinzione tra coloro che possono permettersi di vivere sulla sua superficie e coloro che si ritrovano costretti a vagare per i suoi bassifondi (ambiente esplorato in più di un arco narrativo nel corso delle sette stagioni della serie animata The Clone Wars). Questi ultimi finiscono spesso per morire di stenti dopo una vita di sofferenze ed estrema povertà, spesso con l’unica alternativa di darsi alla criminalità nella speranza di riuscire a migliorare le proprie condizioni economiche e sociali.
L’isola del Dottor Moreau
Se La macchina del tempo fu accolto calorosamente dai lettori di Wells, lo stesso non si può dire de L’isola del Dottor Moreau (1896). Questo libro, infatti, venne letteralmente massacrato dalla critica letteraria del tempo in quanto ritenuto blasfemo ed eccessivamente macabro. I temi affrontati all’interno del romanzo, dopotutto, furono ritenuti ambigui e potenzialmente pericolosi; trent’anni dopo la pubblicazione, questo testo venne associato all’eugenetica e allo studio incentrato sulla creazione dell’essere umano perfetto, con le conseguenze che tutti noi, purtroppo, conosciamo fin troppo bene in quanto furono tra le cause dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Anche in questo caso la trama del libro è molto semplice. Un uomo rinviene un manoscritto di suo zio nel quale viene raccontata una terribile esperienza: a seguito di un naufragio, egli dovette trascorrere un lungo periodo su un’isola sconosciuta, non segnata sulle mappe, che fungeva da gigantesco laboratorio all’aperto per i folli esperimenti di uno stravagante scienziato, il Dottor Moreau, che aveva dedicato la propria vita alla vivisezione di animali di varie specie per poterli ricombinare a suo piacimento e renderli più simili all’uomo.
In questo caso abbiamo una corrispondenza molto importante con Star Wars, tant’è che molti media del franchise rimandano proprio a questa tematica: la clonazione e gli esperimenti ad essa collegati.
Giocare a fare Dio
Analizzando i media starwarsiani usciti finora non risulta difficile vedere che la maggior parte di essi si collega al tema degli esperimenti sulle forme di vita o della clonazione stessa. Basti pensare a quello che abbiamo avuto modo di vedere nelle prime due stagioni di The Bad Batch, o alla sequenza centrale del terzo episodio di The Mandalorian 3, durante il quale il Dottor Pershing espone gli obiettivi che avrebbe voluto raggiungere operando a livello genetico su individui affetti da malattie pressoché incurabili.
Grazie alla Trilogia Sequel sappiamo quale sarebbe effettivamente stata l’applicazione pratica dei risultati ottenuti da Pershing e dai suoi predecessori: dare a Palpatine la possibilità di ingannare la morte e vivere pressoché in eterno trasferendo la propria coscienza da un involucro ad un altro. Tra l’altro anche in Star Wars abbiamo un luogo sperduto, non segnato sulle mappe e simile ad un’isola, che risulta essere teatro di esperimenti e ricerche proprio su questo settore, e lo abbiamo visto per la prima volta in Episodio II – L’attacco dei cloni.
Spostandoci dal post-Endor, uno dei luoghi più importanti per gli eventi della Trilogia Prequel è proprio il pianeta Kamino. Completamente ricoperto d’acqua e perennemente sferzato dalla pioggia, la sua capitale fungeva da centro di clonazione per garantire un esercito stabile per la Repubblica. Tale pianeta, per quanto importante e centrale nelle Guerre dei Cloni, non compare sulle mappe e neanche nell’archivio del Tempio Jedi su Coruscant (e grazie a Tales of the Jedi sappiamo perché), tant’è che nessuno sapeva della sua esistenza.
La guerra dei mondi
Il terzo celebre romanzo fantascientifico di Wells è La guerra dei mondi (1897), pubblicato inizialmente a puntate su uno dei giornali più venduti di Londra, e probabilmente è il più famoso dei suoi scritti. La critica sociale e il pensiero ottimista che caratterizzano quest’opera sono decisamente stati -e sono tutt’ora- i suoi punti di forza maggiori.
Anche in questo caso la trama non è particolarmente complessa: la Terra si ritrova a dover affrontare un’improvvisa invasione aliena da parte dei Marziani, che possiedono tecnologie avanzatissime impiegate per massacrare tutte le forme di vita che si parano sul loro cammino. Come reagirà l’Umanità? Deciderà di contrattaccare o attenderà la propria fine?
In questo caso non si può propriamente parlare di influenze dirette in Star Wars, bensì della creazione di due importantissimi archetipi del genere fantascientifico. Con quest’opera, infatti, Wells crea l’iconico fisico alieno facente parte dell’immaginario collettivo (caratterizzato da una grande testa e da lunghi tentacoli) e il primo modello di astronave aliena.
Testone, tentacoli, navicelle ed ematofagia
Un primo esempio di alieni starwarsiani che rispecchiano la fisionomia coniata da Wells sono i Bith, nello specifico i Cantina Band (Figrin D’an and the Modal Nodes), che troviamo per la prima volta in Episodio IV – Una nuova speranza. Tra le varie declinazioni di questo archetipo troviamo anche i Siniteen, i Morseerian, i Duros e i Quarren.
Per quanto riguarda le astronavi aliene, all’interno del romanzo Wells si limitò a far arrivare i Marziani sulla Terra con dei cilindri di metallo sparati da un enorme cannone. Una volta approdati, i Marziani avrebbero assemblato i loro iconici tripodi per dare la caccia agli umani. Il motivo? Rendere la Terra simile al proprio pianeta natio e nutrirsi del sangue degli umani sopravvissuti. Se leggendo la seconda motivazione avete avuto una sensazione di déjà-vu, probabilmente la sua causa è una specifica scena del secondo episodio di The Mandalorian 3.
Nella scena in questione Din Djarin, una volta recatosi alle miniere di Mandalore, viene aggredito e successivamente catturato da un misterioso alieno che vuole cibarsi del suo sangue, ma prima che ciò accada Bo-Katan Kryze accorre in suo soccorso e riesce a salvarlo grazie anche all’aiuto del piccolo Grogu; questo combattimento, a posteriori, è risultato essere molto importante per ciò che concerne il legittimo possesso della leggendaria Spada Oscura, come visto negli ultimi episodi usciti di The Mandalorian 3.
E voi cosa ne pensate? Conoscevate le opere di H.G. Wells? Fatecelo sapere nei commenti! E continuate a seguirci, anche su Facebook, YouTube, Instagram e Twitter! Vi terremo costantemente aggiornati sull’universo di Star Wars.