Il nemico e l’inganno, gli strumenti di vittoria di Palpatine
Negli scorsi capitoli abbiamo visto come, nell’attuare tutti i suoi piani, Palpatine si sia sempre dimostrato astuto, crudele e senza scrupoli anche verso i suoi stessi sottoposti. Per avviare le prossime riflessioni sarà bene riprendere un passo del Principe, anzi due: il primo sull’inganno come strumento di vittoria; il secondo sulla buona norma del “farsi dei nemici” da sconfiggere. Si noterà come entrambe le massime risultino perfettamente applicabili alle azioni di Darth Sidious.
Proprio tramite gli spezzoni che vi esporrò a breve, è interessante notare come mai e poi mai, per tutta la tutta la trilogia prequel, Sidious abbia commesso l’errore di mostrarsi o farsi scoprire insieme ai capi separatisti.
I due passi del Principe
Come detto sopra, con i capi separatisti egli comunica per ologrammi, sempre a volto coperto, o al massimo invia i propri apprendisti – Maul, Tyranus, Vader – come (in)diretti emissari. Il tutto perché sempre consapevole che solo attraverso l’opinione pubblica il Cancelliere Supremo potrà ottenere un esercito privato da utilizzare, al momento opportuno, per i propri scopi. Ma, prima di approfondire questo aspetto, vediamo gli interessanti spezzoni: “Quanto sia cosa lodevole in un Principe mantenere la parola data, e vivere con integrità, e non con astuzia, ciascuno lo intende. Tuttavia si vede per esperienza che, nei nostri tempi, i Principi che hanno ottenuto i maggiori risultati sono quelli che della parola data hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con astuzia aggirare i cervelli degli uomini, ed alla fine hanno superato quelli che si sono basati sulla lealtà. (adattamento da Il Principe, cap.XVIII)”
“Senza dubbio i Principi diventano grandi quando superano le difficoltà e le opposizioni che sono fatte loro; e perciò la sorte, specialmente quando vuole rendere grande un Principe nuovo, […] gli fa nascere dei nemici, e gli fa fare delle imprese contro, così che quello abbia occasione di vincerle e, proprio attraverso quella scala che gli hanno portato i suoi stessi nemici, salire più alto. E perciò molti giudicano che un Principe saggio, quando ne abbia l’occasione, deve nutrirsi con astuzia qualche inimicizia, in modo che, oppressa quella, ne consegua una maggiore sua grandezza. (adattamento da Il Principe, cap.XX)”
La fondazione dell’esercito privato
“È stato con grande riluttanza che ho accettato questa carica. Io amo la democrazia. Io amo la Repubblica. I poteri che mi conferite saranno da me rimessi al risolversi di questa crisi. E come primo decreto, in accordo alle mie nuove funzioni, ordino la fondazione di un grande esercito della Repubblica per contrastare le crescenti minacce dei separatisti.” (Sheev Palpatine, Episodio II)
Nell’emblematico finale di Episodio II, pare che il maestro Yoda sia il solo ad intuire la criticità di un tale passaggio, lo scenario presente e futuro che va delineandosi per i Jedi e la Repubblica. Per una volta, Yoda e Machiavelli si troverebbero d’accordo. Anche per il segretario fiorentino, infatti, “le armi mercenarie ed ausiliarie sono inutili e pericolose”. Riportiamo l’ultimo scambio di battute di Episodio II, tra Yoda e Kenobi, utilissimo per comprendere in maniera più profonda il concetto di vittoria:
OBI-WAN: Devo riconoscere che senza i cloni non avremmo mai ottenuto la vittoria.
YODA:Vittoria? Vittoria, tu la chiami, maestro Obi-Wan? No, non vittoria. Su tutto l’ombra del Lato Oscuro è calata. Cominciata la Guerra dei Cloni è.
Analizziamo la questione: non avendo i Jedi potere sufficiente per difendere la Repubblica dagli attacchi dei separatisti, bisognerà ricorrere ad un impiego sempre più massiccio dell’esercito di cloni, allestito da terzi, chissà chi, chissà quando e chissà come (apre ulteriori margini di riflessione ricordare che, nella stesura iniziale di Episodio II, il “maestro Jedi Sifo-Dyas” altri non fosse che il nostro solito Palpatine sotto mentite spoglie).
Un solo beneficiario
La fondazione dell’esercito di cloni, insomma, non fa bene ai Jedi, non fa bene alla Repubblica, non fa bene alla fazione separatista: l’unico che potrà trarre da tutto questo un sicuro vantaggio è, neanche a dirlo, il solito Sheev Palpatine.
Il tutto acquista una maggiore profondità se incrociato con questi passi del cap. XIII del Principe, che analizza i rischi dell’avvalersi di eserciti mercenari o ausiliari, ovvero appartenenti ad altri:
“Queste armi possono essere utili e buone per loro stesse, ma sono per chi le chiama sempre dannose; perché perdendo rimani disfatto, vincendo resti loro prigioniero. […] Pertanto un Principe avveduto sempre ha rifuggito questi tipi di eserciti, e dotatosi di una propria armata, ha preferito piuttosto perdere con le sue forze, che vincere con quelle altrui, giudicando non vera vittoria quella che si ottiene con l’armi d’altri. (Il Principe, adattamento dal cap.XIII)”
Darth Sidious e Cesare Borgia: Principi a confronto
Ma la vera utilità di questo crossover può forse ritrovarsi, più che nell’applicabilità alla saga di Lucas di molte massime di carattere generale, nell’accostamento tra il modello di Darth Sidious e la figura di Cesare Borgia. In altre parole, l’Imperatore Galattico di Star Wars, se confrontato analogicamente e narrativamente con il Principe del Principe, si arricchisce ulteriormente di importanti spunti di indagine.
Non perderemo tempo a spiegare qui la vicenda di Borgia: un qualunque manuale di letteratura italiana o addirittura la stessa Wikipedia sono sedi più adatte per reperire queste informazioni. Le uniche notizie che mi limito a dare riguardano più che altro la situazione di Borgia, o meglio, le “quattro misure eccellenti”, militari e politiche, che il Principe prese per consolidare il suo dominio, sbarazzarsi dei suoi oppositori e resistere alla prima fase di inevitabile instabilità. Il tutto a scopo provocatorio.
Pensò di rafforzarsi in quattro modi. Primo, uccidendo tutti quei signori che egli aveva offeso, per togliere al Papa suo avversario la possibilità di chiedere loro aiuto. Secondo, assicurandosi il sostegno di tutti i gentiluomini di Roma per potere con quelli tenere il Papa a freno nella sua stessa città. Terzo, assoggettando il Collegio il più possibile al suo volere. Quarto, acquistando tanto potere da riuscire a resistere con le proprie forze ad un primo assalto. (Il Principe, adattamento cap.VII)
Dov’è quindi la provocazione?
Presto detto: nel ritrovare tutte le “quattro misure eccellenti” anche nella parabola di Sidious; poiché la “grande purga Jedi” sta al primo punto; la corruzione di Anakin Skywalker al secondo; il controllo del Senato – si ricordi il celebre passo “Io sono il Senato” – al terzo; l’illimitato potere – scaturito dalla combinazione di Lato Oscuro, carica di Cancelliere Supremo ed esercito privato – al quarto ed ultimo.
Tra i due vi fu un’unica sensibile differenza: Palpatine divenne Imperatore; Cesare Borgia, invece, pur avendo agito con il massimo dell’accortezza, incappò in una morte prematura che impedì ai suoi piani di compiersi.
L’autore del Principe attribuisce questo fallimento “ad un’estrema malignità di fortuna” – è stata la sorte ad essere avversa, Borgia ha lavorato bene! – e dunque il modello rimane valido, a detta di Machiavelli, perché nessun uomo, neppure il più virtuoso, può averla vinta contro l’accanimento del fato.
In questo senso, a ben guardare, anche Palpatine si è ritrovato almeno una volta sull’orlo del fallimento: ce ne accorgiamo soprattutto in Episodio III quando, dopo essere stato battuto da Mace Windu, è costretto ad affidare vita e piani all’arbitrio di Anakin Skywalker, in cui certo confidava ma, forse, non fino a quel punto.
Darth Sidious e Machiavelli: un possibile bilancio
Concludendo, potrebbe davvero essere che, mentre si ingegnava per scalare le vette del potere, Palpatine si sia ispirato astutamente proprio alle azioni di Cesare Borgia, secondo la versione raccontata e raccomandata da Niccolò Machiavelli? Ho usato il condizionale, ma non tiene neanche così: sappiamo tutti benissimo che la risposta è no. I tempi e i contesti sono storicamente inconciliabili e questo studio, del resto, non si è mai arrogato l’ingenua pretesa di dimostrare l’esatta scientificità di un simile collegamento.
Eppure, almeno a livello teorico, si nota come, attraverso un simile confronto analogico, ci siano delle congruenze logiche, delle linee di condotta o forse, spostando il discorso su un asse narratologico, dei tratti raccomandabili che il villain di qualunque mondo di finzione, realmente fittizio o fittiziamente reale, deve sforzarsi di assumere per conseguire i suoi scopi.
Un affascinante collegamento
Ma se seguiamo la strada del collegamento ipotetico, del “giochiamo a fare finta”, riusciamo forse a intravederlo davvero, il nostro Machiavelli, che piange di commozione mentre Cody esegue l’Ordine 66. Così come riusciamo a intravedere Lord Sidious che ogni sera, prima di dormire, sfoglia l’opera di Machiavelli, appassionandosi alle vicende di Cesare Borgia e prendendo esempio da quest’ultimo, come nel passo finale del cap.VII:
Chi dunque giudicherà necessario, per il suo nuovo Principato, 1) difendersi dai nemici; 2) guadagnarsi degli amici; 3) vincere ad ogni costo anche con la forza o l’inganno; 4) farsi amare e temere dai popoli ed obbedire e rispettare dai soldati; 5) distruggere quelli che ti possono o devono aggredire; 6) innovare con nuovi modi gli ordini antichi; 7) essere severo e grato, magnanimo e liberale; 8) distruggere l’esercito infedele e crearne uno nuovo fedele, 9) mantenersi le amicizie dei Re e degli altri Principi in modo che ti beneficino con grazia o ti offendano con timore; non può trovare più freschi esempi, che le azioni di costui. (Il Principe, adattamento da cap.VII.)
Il Conte Dooku: un caso “critico”
Permettetemi, arrivati a questo punto, soltanto una parentesi, dubbiosa, su Dooku: possibile che il maestro del leggendario Qui-Gon Jinn si sia fatto giocare in questo modo da Sidious? Possibile che non sospettasse niente e si sia ritrovato al capolinea, ghermito da Skywalker, fidandosi realmente del suo mentore? Numerose teorie sono state esposte al riguardo, Legends o meno, ma, come già fatto in precedenza, cerco di circoscrivere il campo alla sola saga cinematografica per tentare un’analisi di carattere generale.
Primo dubbio: Dooku diviene apprendista di Sidious dopo la morte congiunta del suo allievo Qui-Gon e di Darth Maul. Dooku dunque sa necessariamente che Sidious ne è responsabile.
Secondo dubbio: Darth Tyranus è un Sith, quindi potrà avvalersi anch’egli delle armi della menzogna e del sospetto. Ma sappiamo che Dooku è sincero, non nasconde nulla, quando mette in guardia Obi-Wan in Episodio II, cosa che forse potrebbe tradire il suo risentimento verso Sidious.
Dooku potrebbe, e sottolineo il “potrebbe”, essersi per così dire “infiltrato” nel Lato Oscuro per sconfiggere Sidious dall’interno, cedendo al Lato Oscuro per sconfiggerlo con le sue stesse armi?
Potremmo prendere per vera questa ipotesi e avremmo un apprendista Sith con dei validissimi moventi – la vendetta e gli ideali politici – che finge di “stare al gioco del maestro” per attendere l’occasione propizia. Avremmo anche un allievo ambizioso che brama di sconfiggere il proprio maestro per prenderne il posto: non una novità, lo abbiamo visto, nell’ambiente Sith.
Ma le cose non sono andate esattamente come Dooku potrebbe aver sperato: durante tutta la sua esperienza Sith, infatti, è sempre stato Sidious a servirsi di Dooku, mai viceversa, sebbene forse, ingenuamente, il Conte Dooku si illudesse del contrario!
Vittoria e astuzia
Del resto, non era pensabile battere Sidious nel campo della dissimulazione – non così, infatti, sarà sconfitto ne Il ritorno dello Jedi –; inoltre, per quanto concerne la lucidità politica, Sidious si muove nello stringere e disfare alleanze con machiavelliana accortezza: egli sa bene che, in quanto responsabile della morte di Qui-Gon, costituisce per il Conte Dooku motivo di un risentimento che mai in alcun modo potrà essere cancellato.
In tutto questo, ancora una volta, sembra venirci in aiuto Il Principe con una delle sue tante massime: “Chi crede che nei grandi personaggi dei nuovi benefici facciano dimenticare delle vecchie offese, si inganna” (cap.XVII). Prudente dunque Sidious a servirsi del Conte, tramutarlo nella più tirannica minaccia per la Repubblica e poi sbarazzarsene al momento opportuno (senza contare tutti i vantaggi avuti dal suo giovane nuovo apprendista, di cui parleremo nel prossimo capitolo…).
Dandovi quindi appuntamento al prossimo capitolo, vi saluto linkandovi le prime due parti di questo viaggio: