Con l’uscita di Star Wars: The Rise of Skywalker si chiude il sipario sulla famiglia più famosa della Galassia. Episodio IX ci permette di tirare le somme sulla trilogia sequel e sui collegamenti con l’intera saga. Oggi vorrei soffermarmi in particolare sull’importanza del personaggio chiave di questa trilogia, Kylo Ren, e sul suo interprete Adam Driver.
Le maledette apparenze
Vorrei cominciare questa analisi citando il commento che un utente ha scritto sul nostro gruppo Facebook dopo aver visto Episodio IX; un commento che a parer mio riassume il rapporto dei fan con il personaggio nel corso della sua storia: “Quando ho visto per la prima volta Kylo Ren togliersi la maschera ho riso, quando l’ho visto per l’ultima volta prima che morisse ho pianto”. Credo che non ci siano parole migliori per riassumere il percorso di un personaggio e di un attore che si sono guadagnati la fiducia e l’attenzione di un fandom troppo spesso attaccato al materialismo e alle apparenze.
Ricordo bene quando al cinema, nel 2015, Kylo Ren si tolse la maschera e partì una fragorosa risata da parte del pubblico alla vista di Adam Driver. Rimasi agghiacciato da tanta superficialità, e ancor più attonito quando scoprii che non si era trattato di un caso isolato. Come tanti altri attori, per anni Driver continuò a subire un pesante body shaming, e il suo personaggio non se la cavò meglio.
L’impatto di Kylo Ren fu preso di mira da una parte del fandom che lamentava la mancanza di un “cattivo tutto d’un pezzo”, una brutta e statica copia di Vader per intenderci. Kylo Ren, “er frignetta”, era solo un adolescente in preda ad attacchi di isterismo. Molti invece già da Episodio VII erano riusciti a guardare più in profondità, apprezzando con crescente curiosità un personaggio dalle mille sfaccettature. Con il passare del tempo tanti altri si sarebbero ricreduti sul suo conto.
La “svolta” di Episodio VIII
Le prime sequenze di The Last Jedi sembrano rendere “cinematografiche” le lamentele dei fan, attraverso le parole di Snoke: “togliti quell’affare, sei solo un ragazzino con una maschera”, ecc. Sin dalla prima visione di Episodio VIII ho notato in Snoke la “personificazione” di quella parte del fandom che scherniva Kylo Ren e il suo interprete. Uccidendo l’ex Leader Supremo Kylo ottiene la sua rivalsa non solo su di lui, ma anche e soprattutto su queste persone. Rian Johnson è stato furbo in questo senso: a mio modo di vedere questa metafora non è casuale.
Sta di fatto che in Episodio VIII tantissimi si ricredono sul suo conto. Le doti attoriali di Adam Driver cominciano ad emergere sempre più prepotentemente (non è un caso che l’attore avesse cominciato a prender parte a tantissime importanti pellicole) e il personaggio assume sempre più spessore all’interno della nuova trilogia. La sua è di gran lunga l’evoluzione più riuscita, culminata nell’episodio centrale con la presa del potere. Solo Luke riesce a fermare la sua avanzata, nella sequenza più suggestiva della pellicola e forse dell’intera trilogia.
Episodio IX e la consacrazione
Arriviamo così al più recente Episodio IX, ultimo atto della trilogia sequel. Adam Driver è ormai uno degli attori più quotati del panorama cinematografico, e la perla che precede The Rise of Skywalker lo dimostra. Parlo di Marriage Story, una struggente pellicola in cui la sua interpretazione è semplicemente magistrale. E in Episodio IX l’attore non è da meno: credo di poter affermare senza dubbio che lo scorso Dicembre ci siamo trovati di fronte all’interpretazione più profonda e straordinaria mai vista in Star Wars. Potrei parlare di ogni scena che lo vede protagonista, ma mi soffermerò solo su due sequenze chiave che ritengo magistrali.
La prima è quella della sua redenzione, dove tramite il ricordo del padre Kylo Ren rivive in maniera speculare la scena dell’uccisione di Han. Una scena bellissima e ricca di pathos, portata avanti da due pezzi da novanta del cinema. La seconda invece è l’intera sequenza del suo arrivo su Exegol, fino al sacrificio finale.
Lo scontro con i Cavalieri di Ren, di per sé non entusiasmante, viene tenuto in piedi dal personaggio. Gli sguardi, le movenze dell’attore (che hanno fatto partire addirittura una challenge su internet) rapiscono lo spettatore che si gode estasiato lo scontro del ritornato Ben Solo. Il sacrificio finale è la ciliegina sulla torta: lo sguardo attonito e spaventato su Rey, il suo sorriso (il primo e l’unico dell’intera trilogia) prima di accasciarsi al suolo, hanno lasciato me e tanti altri con il groppo in gola.
Volete sapere cosa rende ancor più speciale l’intera sequenza finale? Per tutta la sua durata, dall’arrivo su Exegol fino alla sua morte, il personaggio non dice una sola parola. Nemmeno una. Driver riesce a trasmetterci ogni singola emozione di Ben solamente tramite le espressioni del suo volto. Mi vengono i brividi se ripenso ai suoi sguardi nella struggente scena finale. Solo un attore straordinario è capace di trasmettere le emozioni in questo modo.
Addio, Kylo Ren
Il sacrificio di Ben e le categoriche smentite di Driver (per ora) in merito ad un suo ritorno in Star Wars sanciscono l’addio del personaggio. A trilogia conclusa ritengo che Kylo Ren sia stato il pilastro incontrastato della trilogia sequel, e uno dei personaggi più affascinanti di tutta la saga. Complice, ovviamente, un inarrivabile Adam Driver. Sono certo che la maggior parte di coloro che nel 2015 risero del personaggio e del suo interprete si siano amaramente pentiti di averlo fatto.
Kylo Ren ha rappresentato per la saga di Star Wars un personaggio complesso e tormentato, che necessitava di tempo per essere capito da tutti. Sono certo che ad ogni futura maratona l’amore e l’ammirazione per questo personaggio aumenteranno sempre più. E ogni fan si renderà conto di quanto sia stato prezioso il contributo di Driver a questa saga meravigliosa. Non mi resta che ringraziarti per tutto, Adam.