L’allegoria del Rancor: uno scontro simbolico
Ci troviamo nella prima sottosaga di Star Wars: Episodio VI – Il Ritorno dello Jedi. Un certo Luke Skywalker, presi ufficialmente i voti della dottrina Jedi, si presenta incappucciato alla corte di Jabba the Hutt per provvedere alla liberazione di una certa canaglia spaziale…Il resto è storia, eccetto un dettaglio tutt’altro che minuscolo che, oltre ad essere storia, rappresenta forse una potente allegoria. Il dettaglio in questione, naturalmente, è lo scontro con il Rancor.
Uno scontro che, per dirla terra terra, “ha fatto salire l’hype” a generazioni intere: il nostro eroe è stato ingabbiato con l’inganno ed affronta un bestione che è un concentrato di pura ferocia… Ma lo scontro con il Rancor è davvero solo questo?
Crescita esteriore ed interiore
Avvio la mia indagine con una constatazione preliminare, anzi due, la prima più evidente e l’altra meno, che ritengo utili sia dal punto di vista narratologico che interpretativo: 1) Fronteggiare un mostro alto più di cinque metri serve a dare un’idea concreta, ad addestramento concluso, del potere acquisito dall’eroe. 2) Fronteggiare il Rancor ci introduce al problema della gestione anche emotiva del potere acquisito, da operare razionalmente e con la massima responsabilità. Cercherò di dimostrare come questo aspetto, per quanto sotterraneo, non sia affatto da trascurare nella saga di Lucas. Prima di riflettere sul caso specifico del Rancor, però, è opportuno chiarire che cosa, in critica letteraria, sia generalmente definibile come allegoria.
L’allegoria proiettata
Semplificando di molto la questione, l’allegoria è il veicolo, il meccanismo rivelatore di una verità essenziale. In pratica, l’allegoria fa riferimento a un concetto astratto (in genere da collegare alla dimensione morale e sacra), ma noi riusciamo a percepirlo in maniera concreta, quasi palpabile, grazie all’impiego di un’immagine reale, storica. Vi è una parte consistente di letteratura, passata e presente, in cui il meccanismo dell’allegoria ha ricoperto, e ricopre tuttora, un ruolo rilevante.
In questo senso, tra i periodi storici di particolare rilievo, non possiamo non segnalare il Medioevo. Ordini monastico-combattenti; spade e etica cavalleresca; imperatori e vassallaggio, potere spirituale e temporale… Siamo sicuri di non aver sbagliato saga?
Definire il Rancor
Dopo la parentesi teorica, arriviamo finalmente a parlare del nostro colosso. Prima di tutto, c’è da riflettere sul nome: perché se è vero che il Rancor è il nome proprio di questo mega-rettile spaventoso – un esistente concreto, reale nel mondo di Star Wars -, è altrettanto vero che la scelta di questo nome rimanda, testualmente, al rancore da intendere come concetto astratto. Il Rancor, in pratica, è pura rabbia personificata; è l’incarnazione furiosa di ogni pulsione istintiva, selvaggia e non razionalmente filtrata.
Diciamolo chiaro: ma quanto è brutto il Rancor? Tutti quei denti ed il grugno sono disturbanti; lo stesso dicasi per le lunghe braccia da predatore, completamente sproporzionate col resto del corpo (che sembra una palla). Il Rancor è brutto, ma esercita sullo spettatore un fascino perverso, per certi tratti oscuro, irrazionale.
Questo fascino, oso supporre, fu percepito anche dallo stesso Lucas, che nella pellicola non mancò di inserire una nota comica dolce-amara: mi riferisco, naturalmente, alla disperazione del padrone del Rancor appena maciullato. Narrativamente, il Rancor è un mostro alieno; allegoricamente, però, il Rancor è espressione di un’istanza del tutto umana, vale a dire la parte peggiore di noi, forse la più mostruosa ed autentica, la più faticosa da reprimere, da sconfiggere, da accettare.
Sconfiggere il Rancor
Proviamo a ripercorrere lo scontro con occhio critico: Luke è disarmato di fronte alla parte peggiore di sé, tuttavia non può sottrarsi alla lotta, non può voltare le spalle: il Rancor va guardato dritto in faccia. Il mostro viene dunque affrontato, ma non vi sono scambi di colpi significativi. Per sconfiggere la parte peggiore di sé, lo Jedi rifiuta di attingere al sentimento della rabbia: il Rancor muore così senza un colpo diretto, crolla inchiodato dal peso del cancello che lo tiene rinchiuso; allegoricamente, è come se la ragione sovrastasse la passione.
La scelta “pulita” di Luke serve a fornirci un’indicazione pratica su quello che è stato il percorso di crescita del ragazzo: da un lato, infatti, serve a farci vedere quanto forte sia diventato (fisicamente e mentalmente); dall’altro prefigura, significativamente, la maturità acquisita nella gestione delle proprie emozioni: sappiamo tutti benissimo quanto ciò sarà decisivo nello scontro finale con Vader.
Sulle orme del padre (o viceversa)
Anche la trilogia prequel, a ben pensarci, si apre con una sorta di scontro analogo: al posto di Luke abbiamo Anakin, al posto del Rancor il Conte Dooku. Differentemente dall’eroe di Episodio VI, il protagonista de La vendetta dei Sith attinge liberamente al proprio rancore: spinto e divorato dalla sua brama di vendetta, il Prescelto della Forza uccide il suo rispettivo Rancor, aprendosi tuttavia ad esso e avviando il percorso che lo porterà a divenire Darth Vader, il più feroce di tutti i Lord Sith.
Una parabola, dunque, inversamente simmetrica a quello del figlio, ma anche, curiosamente, citazione della stessa. La trilogia prequel, vale la pena ricordarlo, precede la trilogia originale soltanto narrativamente; e questo è solo uno dei numerosi omaggi rispetto a ciò che è stato girato prima ma che, narrativamente parlando, deve ancora avvenire.
Dulcis in fundo (o sulla vera origine del Rancor)
Documentandomi per la stesura di questo articolo, scorrendo Wikipedia, mi sono imbattuto in una curiosità, succulentissima in verità, che cito integralmente, senza aggiungere altro, come conclusione.
I versi del Rancor, come rivelato da George Lucas, venivano da un animale piccolissimo, precisamente da un barboncino che apparteneva a un suo vicino. Quando andò a trovarlo, il cagnolino gli abbaiò contro, e George Lucas, registrati i versi, li abbassò parecchio per fare i mostruosi versi della bestia.