La figura dell’eroe in Star Wars e nella letteratura
Immaginate che qualcuno vi racconti la seguente storia: un giovane vive una vita ordinaria, sta bene, ma sente il bisogno di qualcosa di più. Ad un certo punto, un evento sconvolge la sua vita tranquilla, offrendogli la possibilità di partire per un’avventura. All’inizio, il giovane è titubante, ma poi gli eventi lo portano a un punto di non ritorno, costringendolo a lasciarsi la vecchia vita alle spalle.
Il giovane incontra un vecchio mentore che gli fa da maestro, affronta una serie di pericoli e sfide, trova amici e alleati che lo aiutano. Arriva poi un momento in cui deve affrontare una prova particolarmente dura, non solo per la sua difficoltà oggettiva ma anche perché ha un forte significato a livello personale. Alla fine, il giovane (che ormai possiamo definire eroe) esce vittorioso, ritrovando un equilibrio e una serenità più completa di quella della sua vita precedente.
Se siete su questo sito, probabilmente avrete letto la storia pensando a Luke nella trilogia originale e al suo percorso. Dalla vita con gli zii su Tatooine fino al confronto finale con Darth Vader nella duplice veste di nemico e padre. Però, se ci riflettete un attimo, vi accorgerete che questa non è solo la storia di Luke Skywalker. In effetti, se la pensate in senso abbastanza lato, questa è la storia di quasi qualunque eroe nella mitologia, la letteratura e il cinema.
L’eroe dai Mille Volti
Questa struttura è così diffusa da avere un nome: è il viaggio dell’eroe, o monomito, descritto dallo studioso di mitologia e religioni Joseph Campbell nel suo libro “L’Eroe dai Mille Volti”. L’opera, pubblicata per la prima volta nel 1949, esamina moltissimi archetipi e tratti comuni nei racconti e le mitologie di tutto il mondo e dalla sua uscita è stata di ispirazione per diversi autori e registi. Tra questi, c’è proprio George Lucas, che ha sempre dichiarato esplicitamente di essersi ispirato alle teorie di Campbell.
Lucas incontrò Campbell di persona solo nel 1984, quando già la trilogia originale era conclusa. Un amico comune fece le presentazioni; dopo un po’ di freddezza iniziale da parte di Campbell, i due divennero buoni amici. Campbell non aveva visto nessuno dei film di Star Wars, ma rimediò e li apprezzò. I due rimasero amici fino alla morte di Campbell, nel 1987.
Il viaggio dell’eroe nei prequel
L’influenza del monomito nella saga non è ristretta alla trilogia originale. Se negli episodi IV, V e VI è Luke a seguire passo a passo il viaggio dell’eroe, guardando tutti gli episodi dal I al VI emerge che anche Anakin/Vader affronta un viaggio analogo.
Nell’episodio I, Anakin è un bambino che abbandona la sua realtà (nonostante le titubanze a staccarsi dalla madre) per essere portato in una più ampia e complessa, dove un destino grandioso e importante sembra aspettarlo.
Negli episodi successivi, Anakin affronta diverse prove, diventa via via più potente, ma qualcosa va storto. Il ruolo di mentore (per cui forse Obi Wan non è ancora davvero pronto) viene usurpato da Palpatine, che instrada il giovane verso il lato oscuro della Forza. La più grande paura di Anakin è perdere le persone care e questa paura finisce per avere la meglio su di lui. In apparenza, il viaggio si chiude con un fallimento alla fine dell’episodio III.
Molti anni dopo però Anakin (ora Vader) ha una possibilità di riscatto e sa coglierla. È infatti lui a uccidere l’imperatore, riconciliandosi così con il lato chiaro della Forza. Tale riconciliazione è simboleggiata alla fine dal voler rimuovere la maschera di Vader. E ufficializzata inoltre dalla comparsa del fantasma di Anakin accanto a quelli di Yoda e Obi Wan alla fine dell’episodio VI.
L’importanza del viaggio dell’eroe
Certo, Star Wars è molto più di una sterile messa in pratica di principi enunciati da uno studioso di mitologia. È anche un’ambientazione originale e carica di personalità, personaggi carismatici, scene d’azione ed effetti speciali di primo livello. Eppure, lo scheletro di tutto questo è proprio il viaggio dell’eroe, la struttura che rende la trama godibile e avvincente.
Perché succede questo? Cos’è che rende il viaggio dell’eroe una sorta di formula magica capace di far funzionare una storia?
In parte, perché è quello a cui siamo abituati. Per funzionare, una storia deve avere il giusto bilanciamento di elementi familiari (o diventa faticosa da seguire) e originali (o scade nel banale e nel “già visto”). Star Wars fa esattamente questo, prendendo elementi narrativi antichi come l’uomo e portandoli in un contesto nuovo, fatto di astronavi e spade laser.
C’è però un altro aspetto: il viaggio dell’eroe ci piace perché è una metafora del percorso che noi tutti compiamo nella nostra vita. Possiamo non aver mai impugnato una spada laser né salvato una principessa, eppure il viaggio dell’eroe è anche il nostro passaggio all’età adulta, o il nostro affrontare particolari momenti di svolta. Partiamo da un contesto generalmente tranquillo e protetto (es: la famiglia quando siamo bambini). Ma poi siamo costretti ad affrontare il mondo esterno, incontriamo persone che ci aiutano, dobbiamo affrontare sfide, combattere le nostre più grandi paure, fino a trovare un nuovo equilibrio in una realtà più complessa di quella da cui eravamo partiti.
Quindi, in un certo senso, possiamo dire che Star Wars ci piace perché è la storia di ognuno di noi.