Il Rodiano: il coraggio di chi non ha più niente da perdere

Il Rodiano

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…

Capitolo 1

Minas era un piccolo pianeta situato al confine dell’Orlo Esterno, talmente vicino alle Regioni Ignote da essere stato considerato, per millenni, uno dei suoi mondi. I suoi principali abitanti erano Rancor ed altre creature poco amichevoli, perciò non era stato colonizzato finché, sul finire dell’Alta Repubblica, alcuni esploratori accompagnati da Jedi del consiglio, avevano scoperto la presenza di giacimenti di minerali e metalli rari utilizzabili in molti modi.
In seguito alla scoperta, migliaia di coloni si erano insidiati sul pianeta e avevano ridotto le creature locali a più miti consigli a colpi di Blaster.
La famiglia di Malek, il clan Ortak, giunse da Rodia con tutte le intenzioni di mettere radici su “quel sasso abbandonato dell’Orlo Esterno” e fare fortuna.
E così fu finché tre guerre non prosciugarono le miniere del clan; prima vennero i Separatisti, poi l’Impero Galattico e infine il Primo Ordine. E ognuno prese una parte di minerali e gemme con le buone e le cattive, anche se più spesso con le seconde.
Nel 35 dopo la battaglia di Yavin, il Primo Ordine venne definitivamente sconfitto – si diceva grazie ad una Jedi – e Minas tornò libero, ma a quale prezzo? Era diventato un luogo dominato dalla miseria, la paura e la violenza.
Malek era nato poco dopo la caduta dell’Impero ed aveva ereditato ciò che rimaneva dell’azienda di famiglia da suo padre, che a sua volta l’aveva ereditata dal suo e così via, con la differenza che l’ultimo proprietario ancora in vita aveva dovuto abbandonare la miniera ormai esaurita e darsi all’agricoltura. Tuttavia, le guerre che avevano devastato Minas avevano anche ridotto il terreno in uno stato terribile, e pareva impossibile farci crescere alcunché. Di allevare qualche creatura poi, neanche a parlarne.
Alla fine, Malek era stato costretto a vendere ogni cosa, persino la casa, e si era ridotto a vivere come un mendicante, facendo qualche lavoretto qua e là per il suo amico Kuryan, un Quarren un tempo ricchissimo che adesso gestiva un chiosco di cibo di dubbio aspetto, e gusto ancor più dubbio. I suoi fornitori erano alcuni esponenti degli immancabili cartelli criminali i quali, come parassiti, trovavano sempre il modo di arricchirsi, sfruttando tutto e tutti, soprattutto la povera gente.
Quel giorno, Malek stava mangiando una zuppa di larve, larve che parevano più vive che morte, ma era un omaggio del suo amico e non era il caso di fare lo schizzinoso.
Osservò il suo riflesso nel brodo fumante dentro la scodella: un individuo umanoide dalla pelle bluastra e verde, con gli immancabili occhi giganti simili ad un cielo stellato, le corte orecchie a punta, il muso allungato e due antenne sulla testa, insomma un Rodiano come tanti altri. Se la mia vita è questa, mi sento davvero inutile, pensò Malek continuando ad osservare il suo riflesso.
Non aveva nemmeno più gli occhi per piangere; era tutto così assurdo.
“Sai, è una benedizione che non ci siamo mai sposati con nessuna. Non che qualcuna vorrebbe due miserabili come noi, dico io!” esclamò una voce roca e profonda, riportando il Rodiano alla realtà.
Malek osservò il tizio davanti a lui, la testa simile ad un calamaro rossiccio su un corpo umanoide, con due occhi spenti di un colore arancio pallido che lo fissavano annoiati: “Come mai ti viene in mente questa cosa, adesso? E perché dovrebbe essere una fortuna?”
Kuryan ridacchiò facendo vibrare i sottili tentacoli che costituivano la sua bocca: “Perché non ci vuole nessuno! Non possiamo nemmeno andare con una prostituta dei bordelli più disastrati di questo buco di paese, in questo buco di pianeta. Figuriamoci avere una compagna! È triste, ma ci penso spesso perché deve essere bello… Voglio dire, immagina di tornare a casa e trovare la tua signora che ti aspetta, dico io.”
Malek sospirò rumorosamente; anche lui avrebbe voluto una compagna, ma pareva difficile coltivare qualsiasi cosa su Minas, persino l’amore. Chi poteva scappava dal pianeta con i rari trasporti che ancora passavano da quelle tratte galattiche, oppure diventava un affiliato dei cartelli, viaggiando ovunque nello spazio infinito. E Malek sognava di vagare nel cosmo tanto quanto di trovare l’amore.
“Ora che il Primo Ordine è stato sconfitto, secondo te rifonderanno la Repubblica per l’ennesima volta?” domandò poco dopo Kuryan, mangiando una larva viva.
“Anche se fosse, che cosa cambierebbe per noi altri? Te lo dico io: un bel niente!” sbottò Malek; per tutta risposta, il Quarren bofonchiò qualcosa nella sua lingua madre e ricominciò a mangiare le larve, ignorando quasi completamente il brodo.
La famiglia di Kuryan era scappata da Mon Cala all’inizio delle Guerre dei Cloni, quando pareva che i Quarren e i Mon Calamari, l’altra razza di quel mondo completamente acquatico, si sarebbero sterminati a vicenda in una tremenda guerra senza quartiere. Gli antenati del cuoco si erano quindi rifugiati nel pianeta più lontano che avevano trovato, in cui, all’epoca, vi erano vasti oceani inesplorati. E qui avevano fatto la loro fortuna.
I conflitti e lo sfruttamento seguente di ogni angolo di Minas avevano impoverito anche i mari e così, per vivere, Kuryan aveva avviato la sua attuale attività sulla terra ferma, anche se abitava comunque nel cuore di una baia profonda dalle acque tuttora miracolosamente cristalline.
Ancora una volta, il flusso dei pensieri di Malek venne interrotto da una voce, ma non era quella profonda del suo amico, bensì una più squillante, anche se ovattata e metallica, la stessa che aveva udito migliaia di volte dai soldati con indosso ora l’elmo imperiale, ora quello del Primo Ordine. Perciò ebbe paura, una paura folle, e chinò istintivamente il capo, certo che anche Kuryan lo stesse imitando.
“Scusate, parlate il Basic? Ho bisogno di informazioni.” insisté la voce ovattata e metallica.
Le gambe di Malek tremavano come foglie, ma un pensiero si stava facendo strada nella sua mente; la sua vita non aveva alcun senso e quei bastardi, con le loro inutili guerre, gli avevano portato via tutto. Era giunto il momento che qualcuno desse loro una lezione, che desse l’esempio come avevano fatto prima i Ribelli e poi la Resistenza, grazie ai quali anche il loro mondo era stato liberato, sebbene troppo tardi.
Sollevò la testa di scatto, pronto a rispondere per le rime al soldato di chissà quale nuovo ordine dittatoriale, ma rimase alquanto perplesso; la donna dinanzi a loro, quasi sicuramente umana, indossava un’armatura rossa dagli inserti viola, con un elmo davvero particolare, soprattutto in virtù di una visiera a forma di “t”. Un’antenna, o quello che pareva un’antenna, spiccava a lato del particolare elmo.
Dopo lo stupore iniziale, tuttavia, Malek si fece guardingo, perché la donna portava sulla schiena un fucile Blaster dall’aspetto minaccioso, e due pistole nelle fondine a lato della cintura, in cui si intravedevano anche alcune granate. Insomma, era armata fino ai denti.
“Mi capite o no? O magari siete sordi? Vediamo se così va meglio!” sbottò la donna togliendosi il casco.
Sotto una selva di capelli ricci e neri come la pece, Malek vide il volto di una ragazza molto giovane, poco più di una bambina – aveva lavorato spesso con gli umani ed aveva imparato a riconoscere le loro età – dalla pelle d’ebano e gli occhi scuri, ma vispi e luminosi. Un volto rassicurante, nonostante il suo armamentario facesse temere il peggio: “Insomma, capite la mia lingua? Devo parlare a gesti?” e quella prese veramente a gesticolare con le mani guantate.
Malek e Kuryan scoppiarono a ridere, perché era davvero buffa: “Si, si! Capiamo il Basic. Perdonaci, ma ti abbiamo visto con tutta quella ferraglia addosso e temevano che fossi il soldato di un qualche esercito impegnato a sfruttare le risorse del nostro misero pianeta. A proposito, ormai tutte le risorse sono esaurite!”
La ragazza sbuffò: “Beh, non siete il solo pianeta ad aver subito guerre e sfruttamento. Io vengo da un pianeta in cui ci combattiamo tra di noi per risorse e territori da sempre… O meglio, combattevamo.” una punta di amarezza parve trasparire dalla voce dell’umana.
“Il tuo pianeta? Che gli è successo?” domandò Kuryan curioso.
“Il mio pianeta ha subito una serie di esplosioni e, probabilmente, adesso è un mondo morto. Certo, nel suo caso non è stata colpa della Morte Nera o qualcosa di simile, tipo la base Starkiller o una pioggia di fuoco da incrociatori armati. No, no; è stato distrutto dall’ennesima guerra civile Mandaloriana! Bah!” la donna scosse la testa.
“Aspetta. Sei Mandaloriana? Questo spiega la tua armatura! Non ne vedevo una da una vita!
Mi dispiace per il tuo pianeta!” disse Kuryan in tono triste.
Mandaloriana? Ma certo, Mandalore è quel pianeta di guerrieri di cui mi aveva parlato il nonno. Pare che già una volta, in passato, alcuni di loro fossero giunti su Minas, pensò Malek, che poi si rivolse alla ragazza: “Dispiace anche a me.”
L’altra fece un gesto plateale con la mano: “Era piuttosto probabile che sarebbe finita così, prima o poi. Inutile piangere sul latte di Bantha versato, Bah! Magari, un giorno ci tornerò per vedere se si può ancora salvare, chissà.
Comunque, io sono Tee-Lora. Piacere di fare la vostra conoscenza.”
Malek e Kuryan si presentarono a loro volta.
“Visto che adesso siamo in confidenza, aiutereste questa povera cacciatrice di taglie a sbarcare il lunario? Ah, non vi avevo detto che caccio gentaglia varia per vivere e mi pagano per farlo? E anche piuttosto bene!
Se mi aiutate, potrei persino pensare di comprare il cibo da voi, per quanto mi sembri un po’ troppo “vivo” per i miei gusti.”
Malek sorrise. Che tipo, pensò. Quindi le disse: “Io non sono esattamente alle dipendenze di Kuryan, perciò, più che comprare il cibo, potresti farmi un favore: portarmi il più possibile lontano da Minas. Avrai un’astronave, no?”
“Ehi!” protestò il Quarren prima che Tee-Lora potesse rispondere, “Se ti aiuto, preferisco che porti via anche me da questo buco! Non ce la faccio più a cucinare queste schifezze e devo pagare fin troppi crediti al cartello per lavorare! Mi restano le briciole e ci campo a fatica, bella! Non ne posso davvero più di questa vita, dico io!”
La donna scosse la testa e sospirò rumorosamente: “La mia astronave è abbastanza capiente e ci staremmo bene in tre, ma potrei aiutare voi se voi aiutate me in modo più incisivo.”
Gli altri due la guardarono perplessi.
“Voglio dire che le informazioni non sono una moneta di scambio sufficiente per portare le vostre chiappe flaccide sulla Lady Kryze. Se però mi aiutate a catturare il tizio che cerco, allora potrei seriamente prendere in considerazione l’idea di prendervi a bordo, come miei sottoposti, si capisce. Allora, che ne dite? Prendere o lasciare.”
Malek e Kuryan si consultarono per alcuni istanti, mentre Tee-Lora afferrava qualcosa da una borsa legata alla cintura. Alla fine, i due amici presero una decisione: “Chi non risica non rosica. Ci stiamo!” esclamò infine il Rodiano.
La Mandaloriana sorrise e mostrò loro l’ologramma di taglia, cosa che lasciò i suoi due interlocutori perplessi per la terza volta quel giorno: “Aspetta, la tua taglia è un droide minerario?”
Sul volto di Tee-Lora apparve un sorriso enigmatico: “È quello che fa credere a tutti, ma J-ok3 è uno dei peggiori assassini e criminali di tutto l’Orlo Esterno. Nella mia gilda, non si parla che di lui, ultimamente.”
“Un tempo, questo pianeta era pieno di quella ferraglia, ma adesso ne è rimasto solo uno attivo ed è di proprietà del tizio del cartello a cui pago il “diritto di esercizio”, come lo chiamano loro. Li ho visti insieme qualche giorno fa e sembrava che il droide fosse del tutto sottomesso, dico io.” affermò Kuryan.
“E sai dove posso trovare il tizio? A proposito, non ce l’ha un nome?”
“Si, è un Quarren come me che bazzica spesso un bordello per chiedere anche a loro il “diritto di esercizio”. Ma pare ci vada diverse volte alla settimana perché si fa pagare in natura, se capisci cosa intendo.
Ed oggi dovrebbe essere laggiù. Magari ci troviamo pure il droide.
Quanto al nome, beh, sai è parecchio difficile da pronunciare nella vostra lingua, ma ha un soprannome: lo Sfregiato. E quando lo vedrai, capirai il perché, dico io.”
“Benissimo, allora andiamo a fare due chiacchiere con questo Sfregiato. Se dovesse fare storie, le mie bambine lo convinceranno a comportarsi bene.” e nel dirlo, carezzò le sue pistole.
Poco dopo, lo strano terzetto si diresse verso il Bordello, con lo scopo di “fare due chiacchiere” con lo Sfregiato e il suo droide.

Capitolo 2

L’armatura mandaloriana di Tee-Lora

Il bordello, com’è facile immaginare, era situato in un vicolo illuminato da insegne al neon e pulito solo in apparenza, nel quartiere più malfamato dell’avamposto di Minas, uno dei pochi aggregati urbani che si potesse definire “città”. In esso dimoravano circa diecimila abitanti di ogni razza e pianeta, insieme a pochi droidi, per la maggior parte Astromecca.
Tee-Lora aveva l’elmo ben piantato sulla testa; mostrare il suo volto in quel postaccio sarebbe stata una pessima idea per tante ragioni. Seguiva da vicino Malek e Kuryan, che si muovevano spediti in mezzo alla folla, orde di individui intenti a cercare di tirare a campare su un pianeta desolato.
Giunti all’interno del bordello, il Quarren si avvicinò ad una Twi’lek al banco; la donna, dalla pelle verde-blu e lunghissimi “lekku” – quelle protuberanze tipiche della loro razza e di alcune altre specie, tra cui i Togruta – fumava da un narghilè con aria annoiata e, dopo aver scambiato qualche parola a bassa voce con Kuryan, indicò una stanza al piano di sopra, oltre una scala a chiocciola color rosa.
Il gruppetto salì al primo piano e, oltre il fumo di alcolici e narghilè sparsi ovunque, vide diversi cuscini sparsi sul pavimento, sui quali giacevano individui di ogni razza in compagnia di Twi’lek e donne di ogni specie.
Kuryan condusse i suoi compagni in fondo alla stanza, oltre un separé semitrasparente e qui, su un lettino, videro una donna umana supina, coperta solo in parte da un lenzuolo, mentre un Quarren, completamente nudo, russava rumorosamente al suo fianco.
Vicino al letto, seduto a gambe incrociate, si trovava un droide dall’aspetto umanoide, ma con arti e gambe sottili ed una testa di forma romboidale; due piccoli occhi rossi fissavano intensamente i nuovi arrivati.
Tee-Lora si sedette delicatamente sul lettino, puntando la canna della pistola alla tempia del Quarren, che si ridestò lentamente, sollevando le braccia, mentre la prostituta al suo fianco sgattaiolava fuori dal separé rapidamente, completamente nuda, senza proferire parola; era abituata a situazioni come quella.
La Mandaloriana si tolse l’elmo con una mano, mentre continuava a tenere sotto tiro il suo bersaglio: “Fa veramente caldo qua dentro.” borbottò la ragazza, mentre gettava il casco sul letto: “Ora capisco perché ti chiamano lo Sfregiato. Deve aver fatto parecchio male.” Esclamò la donna, indicando con lo sguardo il lato destro del volto del Quarren, attraversato da una lunga e orribile cicatrice, talmente estesa che l’orbita dell’occhio era completamente scomparsa.
“Non mi lamento. Ma voi chi diavolo siete? Sei piuttosto carina, sei una nuova del mestiere?” chiese lui, in tono sprezzante.
Per tutta risposta, Tee-Lora lo colpì con il calcio della pistola alla tempia: “Fai lo spiritoso? Sono io che comando qui e sono io che faccio le domande: dove hai preso quel droide?”
“Un dono del mio capo, mia cara Mando.” rispose quello, per niente intimorito.
“A questo posso risponderti io.” disse allora il droide con voce metallica, scattando in piedi così velocemente da cogliere di sorpresa tutti i presenti. Prima che Tee-Lora potesse agire, J-ok3 sparò un colpo contro lo Sfregiato, facendo calare una cappa di silenzio sull’alcova, mentre la Mandaloriana iniziò a tenerlo sotto tiro.
“Era davvero necessario ucciderlo?” chiese alcuni istanti dopo Malek; era spaventato, ma non voleva darlo a vedere.
“Non l’ho ucciso. Era un raggio stordente. Quel tizio potrebbe essere ancora utile, per noi.”
“Per noi? Noi chi?” domandò allora Tee-Lora, che era scattata in piedi.
“La mia padrona era sicura che qualcuno si sarebbe messo sulle mie tracce, se ci fossimo inventati una taglia di qualche tipo. Vedete, il vero lavoro non è catturare me, ma fermare i tizi per cui lavora lo Sfregiato.
È un piano parecchio assurdo, ne convengo, ma la mia padrona aveva bisogno di aiuto e non poteva rivolgersi a nessuno.
Naturalmente, sarete ben ricompensati se ci aiuterete.”
“Un momento, Dank Farrik!” sbottò Tee-Lora, sollevando la pistola contro la testa del droide, “La tua accidenti di taglia parla chiaro: hai ucciso gli abitanti di una colonia e sei scappato con una quantità di crediti sufficienti per mettere su un piccolo esercito!
Vuoi farmi credere che non è così? Che hai ingannato la gilda dei cacciatori di taglie?”
“Non io, ma la mia padrona si. Le avevo detto che era un piano scellerato, ve lo garantisco. Ma lei ha risposto che non c’era tempo per assoldare un cacciatore di taglie dicendo la verità, perché la taglia derivante sarebbe stata poco… appetibile. Ed aveva fretta di trovare qualcuno che la aiutasse.
Ribadisco che è un piano assurdo e che se adesso lei mi sparasse, non potrei certamente darle torto, ne convengo.”
Tee-Lora scoppiò a ridere: “La tua storia è talmente assurda da non poter essere falsa. Anche perché hai sorpreso tutti quanti con i tuoi movimenti, amico. Se tu avessi voluto farci secchi, adesso saremmo tutti carne morta. Diciamo che ti credo e che posso quasi capire perché la tua padrona ha messo su questo teatrino per avere un aiuto immediato dalla gilda. Lei dov’è ora?”
“È prigioniera dei capi dello Sfregiato. Ho sempre finto di essere docile e obbediente, aspettando che arrivasse qualcuno dalla gilda; ho riconosciuto il simbolo sul casco, prima che se lo togliesse, agendo nel momento stesso in cui avrei avuto le maggiori possibilità di catturare lo Sfregiato.
Posso pertanto dirvi che avete già compiuto metà missione, ma se volete ricevere la cifra completa dovete aiutarmi a salvare la mia padrona.”
Kuryan, che era sempre rimasto in silenzio sin da quando il gruppo era salito al primo piano del bordello, bofonchiò: “Scusa, ma se sei così forte perché non la liberi tu?”
“Vorrei farlo, ma l’organizzazione per cui lavora lo Sfregiato è in possesso di armi a dispersione che potrebbero inibire le mie funzioni; sarei un facile bersaglio per loro e mi distruggerebbero in un istante.
Voi, del resto, essendo di carne, non subireste l’effetto di tali armi e potreste avvicinarvi alle celle. Una volta liberata la mia padrona e restituitele la sua arma, che tengo da parte in un luogo sicuro, la vittoria sarà nostra.”
Ci mancò poco che Tee-Lora non soffocasse dal ridere: “Ma per favore! Ne parli come se fosse la miglior guerriera della galassia!”
“Lei è molto di più: è una Jedi.”

Capitolo 3

Malek si era fatto pensieroso per un tempo che pareva infinito, circondato da un silenzio innaturale che, in quel momento, isolava il separé dal resto del bordello. Persino Tee-Lora non proferiva parola, e si era limitata a legare lo Sfregiato ai polsi e alle caviglie, coprendogli la bocca con un bavaglio ricavato dalla federa di un cuscino.
Il Rodiano immaginava che i suoi compagni in quella strana missione si stessero tutti domandando la stessa cosa: che diavolo ci fa una Jedi su un pianeta dimenticato da tutti? E com’è finita prigioniera di un gruppo di banditi da quattro soldi?
La fama che precedeva quei guerrieri leggendari, il loro legame con il campo mistico chiamato “Forza” e molte dicerie, alcune persino vere, avevano creato una sorta di aura di perfezione e infallibilità attorno alla loro figura; si diceva che fossero stati due Jedi diversi a sconfiggere prima l’Impero Galattico e poi, recentemente, il Primo Ordine. C’era chi li divinizzava, dopo anni di oscurantismo in cui la loro storia era stata praticamente cancellata da ogni cronaca.
E dunque, si chiedeva Malek, com’è possibile che uno di quei combattenti invincibili sia stato sconfitto e tenuto sotto chiave?
Il Rodiano aveva sempre ammirato i Jedi; mentre in ogni angolo della Galassia il loro mito veniva rimosso dagli esponenti della dittatura imperiale, suo nonno, in maniera quasi clandestina, gli raccontava le storie degli eroi delle Guerre dei Cloni, di come avessero protetto anche un mondo lontano come Minas.
Ad un certo punto, sentì qualcuno o qualcosa che lo scuoteva e si ridestò, come da un sogno: “Sei con noi, amico mio?” chiese Kuryan fissandolo con i grandi occhi vitrei.
Malek annuì e poi vide Tee-Lora che si scolava una bottiglia di un alcolico, trovata chissà dove, che guardava lui e il Quarren: “Sareste una gran bella coppietta, ma credo che al momento dovremmo pensare a cosa fare con la proposta della – faccio fatica a crederci – Jedi.”
“Non dovremmo rispettare la sua richiesta, dico io?” chiese Kuryan incrociando le braccia sul petto. Era la stessa domanda che avrebbe voluto farle Malek.
Tee-Lora si scolò fino all’ultimo goccio di liquore, poi, con un sorriso enigmatico dipinto sul viso, un sorriso simile ad un ghigno malvagio, rispose: “Ma voi due avete idea di quali siano i rapporti tra la mia gente e i Jedi? Solitamente, non molto amichevoli. Diciamo che, se proprio dobbiamo, li tolleriamo, ma chiedermi addirittura di dover salvare le chiappe di una talmente fessa da farsi catturare, quando, da quel che so, avrebbe dovuto stendere tutti i nemici con la sola imposizione delle mani… Beh, è ridicolo e pure poco interessante.”
“Il compenso dovrebbe essere adeguato.” si intromise J-ok3, che fino a quel momento si era limitato ad ascoltare i discorsi della Mandaloriana, discorsi che a lui parevano farneticazioni senza senso.
Tee-Lora misurò con lo sguardo il droide a lungo, quasi volesse soppesare le parole da dire, temendo di ritrovarsi con un buco di Blaster in testa: “È… Complicato. Io non sono molto propensa ad aiutare la tua padrona, e non per una mera questione di crediti. Devo capire se posso mettere da parte i principi della mia famiglia, il mio clan, e rischiare le chiappe per la Jedi.”
Tee-Lora mescolava termini comuni e ricercati in Basic, da quando aveva sentito la parola “Jedi” e Malek si domandò se non ci fosse qualche ragione particolare.
Gli occhi cremisi di J-ok3 si illuminarono e la Mandaloriana temette, per un istante, che fosse un brutto segno; non sarebbe riuscita a tener testa al droide.
Tuttavia, alcuni secondi dopo, gli occhi di quello stesso droide tornarono due semplici gemme opache incastonate nel volto metallico e inespressivo, e J-ok3 disse delle parole che risuonarono come musica per le orecchie di Tee-Lora: “Avrete il 20% in più. Erano crediti che tenevo in serbo per un’emergenza, su un conto segreto, e a quanto pare questa è l’emergenza.”
Malek rimase colpito da tanta devozione; quel droide era pronto a tutto per aiutare la sua padrona.
“Lo avete sentito, ragazzi? Si va a salvare la Jedi. Muoviamoci!” esclamò la Mandaloriana in tono allegro. Il magico potere dei soldi aveva colpito ancora.
Il gruppo formato da Malek, Tee-Lora, Kuryan e J-ok3 uscì rapidamente dal bordello e si gettò in strada: il covo dei capi dello Sfregiato si trovava fuori città, in una raffineria abbandonata. Quanto allo Sfregiato stesso, lo avrebbero trovato alcune prostitute diverse ore dopo, legato e imbavagliato, in un’alcova nascosta da un pesante tendaggio, contuso ma vivo.
J-ok3 si avvicinò alla raffineria ed indicò alcuni individui che pattugliavano l’esterno; indossavano pesanti cappe bordeaux e maschere di metallo completamente lisce, eccezion fatta per un’apertura da cui si potevano intravedere gli occhi.
“Sarà facile. Useremo il vecchio trucco con cui generazioni di infiltrati hanno fregato Impero e Primo Ordine!” sussurrò Tee-Lora ai compagni.
“E cioè?” domandò Malek tenendo la voce bassa a sua volta.
“Stendiamo un paio di guardie e rubiamo cappa e maschera. Poi, ci travestiamo ed entriamo dentro la raffineria, arriviamo alle prigioni e liberiamo la Jedi. Non può fallire!”
“Io non posso agire, perché quelle guardie potrebbero facilmente disattivarmi con le loro armi; hanno un’ottima mira-” J-ok3 si interruppe quando vide le guardie cadere a terra, prive di vita, e la Mandaloriana che riponeva le pistole nella fondina. Aveva sparato dopo aver silenziato le armi, così velocemente che nessuno se n’era accorto fino alla vista dei corpi.
Malek non poteva vedere il viso di Tee-Lora, coperto dal casco, ma era certo che lei ridesse sotto i baffi, un ghigno di trionfo.
La ragazza digitò alcuni comandi sul bracciale sopra la mano destra e, in pochi istanti, scomparve alla vista mediante un sistema di occultamento. “È davvero una professionista.” bisbigliò Kuryan all’amico, che di limitò ad annuire.
Poco dopo, Tee-Lora riapparve ed i suoi alleati videro che faceva loro cenno di tirare un cavo. Era parte di un rampino avvolto all’interno del suo bracciale; era vero dunque che i Mandaloriani erano pronti ad ogni evenienza, pensò Malek.
La donna e gli altri tirarono il cavo e trascinarono verso di loro due guardie, ormai prive di vita e con i segni dei Blaster sul petto, prova di una mira infallibile.
“Questo dovrebbe essere della mia misura, ora lo provo.” disse Tee-Lora infilandosi la cappa sopra l’armatura in Beskar, per poi togliere l’elmo e coprire il viso con la maschera; non lo avesse mai fatto! Venne investita da una potente scossa elettrica e sarebbe morta, se non fosse stato proprio il Beskar ad offrirle una maggiore resistenza; svenne, priva di sensi.
Si risvegliò alcune ore dopo, illuminata da una delle due pallide lune di Minas, distesa su un giaciglio improvvisato. Immaginò che gli altri l’avessero tratta di impiccio, togliendole la cappa e la maschera, e che dovesse essere grata ai suoi genitori per l’armatura; non era la prima volta che le salvava la vita.
Alcuni istanti dopo, la ragazza si sollevò e trovò Malek, Kuryan e il droide intenti a preparare un bivacco improvvisato, a distanza di sicurezza dalla raffineria.
“Il piano infallibile non ha funzionato.” le disse Malek in tono piatto, “Questi hanno inserito dei sensori genetici nelle loro vesti, una tecnologia notevole.”
Le labbra di Tee-Lora si contrassero in una smorfia: “Ti intendi di queste cose?”
“La mia famiglia ha estratto minerali per più di un secolo ed avevamo scoperto un cristallo rosato che reagisce al genoma. In passato, alcuni scienziati lavoravano per noi ed uno di loro aveva teorizzato che potesse essere usato per incanalare particolari informazioni genetiche, in modo da verificare quali individui lo avessero toccato; una specie di impronta digitale.
Aveva ridotto il cristallo in polvere e lo aveva sparso su alcuni vestiti, che reagivano diversamente se chi lo indossava non era lui, mostrando delle macchie biancastre a bassa intensità elettrica.
La mia supposizione è che qualcuno abbia portato avanti le sue ricerche e trovato il modo di provocare una scossa elettrica molto più forte.”
Tee-Lora emise un fischio di stupore e ammirazione: “I Ribelli di ogni epoca dovrebbero essere contenti che Impero e Primo Ordine non ci abbiano mai messo le mani sopra, sennò chissà quanti di loro sarebbero stati fritti per benino. Io ho avuto la fortuna di indossare un’armatura in Beskar, altrimenti adesso mi stareste seppellendo sotto terra, o mettendo la mia cenere in una cassetta in duracciaio.” il tono della giovane era sarcastico, dando l’idea che non fosse la prima volta che se la vedeva brutta.
“Sono felice che tu sia viva, ma ora che si fa?” chiese il droide.
Tee-Lora si fece pensierosa: “Sono piuttosto furbi questi tizi, e di certo molto più di semplici briganti, anche se appariva già evidente che non sarebbe stata una passeggiata. Ah, Dank Farrik!” sbottò, pestando i piedi.
Malek ebbe l’illuminazione: “Ho avuto un’idea! Mi sono ricordato un dettaglio relativo a quei cristalli. La carica a bassa intensità può essere ridiretta a chi indossa i vestiti su cui è stata sparsa la polvere.
Ero piuttosto piccolo, all’epoca, ma ricordo che lo scienziato eseguiva ogni giorno svariati test, e poi informava mio nonno e mio padre dei risultati. Era un umano dai lunghi capelli bianchi ed un giorno si presentò da mio nonno, mentre eravamo a pranzo, con quei capelli tutti in su. Parlò di un incidente con un oloproiettore e che la corrente era passata attraverso i suoi vestiti.”
“Immagino che il problema fosse che la polvere aveva reagito alla corrente dentro l’oloproiettore, giusto?” domandò Kuryan.
“Ehi, io ho un oloproiettore vecchio come il cucco sulla Lady Kryze. Se lo smontassimo, potremmo usarlo per tentare di friggere le guardie, sperando che tutte indossino quella cappa e la maschera.” esclamò Tee-Lora, con un ghigno malvagio dipinto sul volto.
“Io e Kuryan potremmo smontarlo.” suggerì il Rodiano.
“Si, ho sempre montato e smontato i miei macchinari industriali e non da solo, non credo che un oloproiettore sia più complicato di un apparecchio da 50.000 crediti per ammorbidire la pietra e la roccia – ah, ho quasi pianto quando ho dovuto venderlo per un decimo del suo valore.” aggiunse il Quarren.
“Quanto all’usarlo come “arma”, posso farlo io. Ho un conto in sospeso con quei soggetti e la mia padrona è in pericolo. Sono anche l’unico che abbia una fonte energetica che possa alimentarlo lontano dalla tua astronave.” concluse il droide.
Si decide perciò di agire con quel piano, che suonava più come una scommessa che non un’idea destinata al successo.
La mattina seguente, Tee-Lora e gli altri raggiunsero la Lady Kryze e, mentre Malek e Kuryan smontavano con attenzione l’oloproiettore, per poi collegarlo ad una console fuoriuscita dal corpo di J-ok3, Tee-Lora ne approfittava per farsi un bagno e bere un goccetto.
Quella sera, fecero ritorno alla raffineria e si avvicinarono il più possibile ad una guardia. Com’era prevedibile, dopo l’attacco del giorno precedente, la sicurezza era intensificata e c’erano molti più individui incappucciati nei dintorni della struttura.
O la va o la spacca, pensò la Mandaloriana, che attivò l’oloproiettore, il cui schermo tridimensionale era comprensibilmente vuoto; una macchia blu chiaro nella notte color pece.
J-ok3 variò diverse volte la frequenza, arrivando quasi a causare un corto circuito nell’oloproiettore e in se stesso, ma dopo quasi un’ora avvenne il prodigio della tecnologia: le guardie cominciarono a tremare prima leggermente e poi sempre di più, fino ad essere scosse come se un Rancor le stesse percuotendo. Tre di loro caddero a terra, prive di vita e fumanti. L’odore acre che si riversò in aria richiamò altri incappucciati e, in pochi minuti, la maggior parte degli avversari era stata annientata.
Fu quindi facile avanzare dentro la raffineria, anche grazie ai colpi di Blaster di Tee-Lora laddove fosse più pratico eliminare le guardie usando sistemi più tradizionali, con unici testimoni i macchinari ormai inerti e senza scopo. Il gruppo si fece strada fino ad un piano interrato illuminato da luci artificiali, scavato in tempi antichi per raggiungere una vena un tempo ricca, ma ormai esaurita.
In un fianco di un tunnel, erano state ricavate stanze per le guardie e alcune prigioni immerse nell’oscurità. J-ok3 ne illuminò una e Malek vide un’esponente della sua specie, legata con pesanti ceppi alle braccia, alle gambe e al collo. Era sdraiata su del pagliericcio, apparentemente addormentata, ma aprì immediatamente gli occhi quando sentì il rumore di giunti e passi metallici familiari: “J-ok3, sei tu?” chiese la Rodiana con un filo di voce; guardandola meglio, si poteva notare quanto il suo volto fosse emaciato e tumefatto, segni inequivocabili di malnutrizione e tortura. Indossava una semplice tunica color marrone chiaro, coperta di chiazze e scucita in alcuni punti.
“Lady Syril sono qui. Ed ho avuto l’aiuto di questi formidabili mercenari!” esclamò il droide, che piegò le sbarre in duracciaio come se fossero di burro.
Tee-Lora e Kuryan erano perplessi: quella povera prigioniera che si reggeva in piedi a fatica era davvero un Jedi? Il più sorpreso era Malek; mai si sarebbe aspettato di vedere una sua simile potente nella Forza.

Capitolo 4

Malek aiutò Syril a bere un po’ d’acqua; per quanto tempo era stata prigioniera? E perché non era riuscita a fuggire usando le sue capacità da “stregone”?
Pochi istanti dopo, Kuryan, che si era allontano in cerca di sostanze mediche per aiutare la Jedi, fece ritorno con una cassetta del pronto soccorso, una borraccia capiente e alcune razioni di cibo liofilizzato.
“Le medicine nella cassetta possono aiutarti a camminare, ma per riprenderti completamente ci vorrà un bagnetto in una vasca di Bacta.” le disse Tee-Lora con voce insolitamente gentile. “Ne ho una a bordo della mia astronave. Ti ci portiamo subito!”
Malek e Kuryan sgranarono gli occhi: “Hai una vasca di Bacta sulla Lady Kryze?” chiese il Rodiano.
Tee-Lora sollevò le spalle e bevve un goccetto da una fiaschetta che aveva tirato fuori dal portaoggetti legato alla cintura: “Il mio è un lavoro piuttosto pericoloso e non si può mai sapere cosa può accadere.”
“Ok, ma come avresti fatto ad entrarci dentro da sola? Non c’eravamo noi, finora.”
“Avevo un socio, ma non è finita bene e ci siamo separati; ora lui lavora per conto proprio. Vi basti sapere questo.
E adesso basta chiacchiere! Portate la Jedi all’astronave. Io andrò davanti con le armi in pugno, in caso si presentasse qualche… Imprevisto. Non si sa mai, con il mio lavoro!”
“Non si sa mai, dico io.” concluse Kuryan mentre aiutava la Jedi ad alzarsi. J-ok3 la prese poi tra gli arti metallici come fosse una bambina in grembo, dopo averle somministrato un medipack mediante un inalatore da braccio, chiedendo agli altri di prendere le medicine rimaste e le scorte di cibo.
Il gruppetto marciava a passo spedito lungo l’ultimo tunnel e Tee-Lora era nervosa; aveva un gran brutto presentimento.
Poco prima di salire la rampa che conduceva all’interno della raffineria, la terra tremò violentemente per un istante che parve interminabile. La vecchia struttura di pietra e metallo si sgretolò e si accartocciò su se stessa, seppellendo Malek e gli altri.
Il Rodiano aprì gli occhi poco dopo, tossendo violentemente a causa della terra e la polvere che gli era entrata nei polmoni. Si guardò intorno, intimorito come un cucciolo di Loth-gatto rimasto orfano, temendo il peggio, ma vide che Kuryan, Tee-Lora, il droide e la Jedi erano illesi. Tuttavia, un ammasso di pietra e metallo bloccava l’uscita e pareva impossibile rimuoverlo.
Lui e gli altri stavano già pensando a cosa potessero fare, quando videro alcuni pezzi di pietra franata muoversi da soli e trascinarsi sul suolo come se fossero vivi. Alcuni presero a fluttuare, per poi scendere delicatamente a lato della rampa.
Tutti avevano capito cosa stesse succedendo e si voltarono verso la Jedi; Syril, ancora in braccio a J-ok3, aveva una mano alzata e sembrava pienamente concentrata, la fronte imperlata di sudore. Durò poco, perché la Rodiana perse conoscenza e svenne.
“Non è nelle condizioni di usare la Forza.” commentò il droide e Malek avrebbe giurato che ci fosse una punta di rammarico nella sua voce elettronica.
“Dank Farrik! Bisogna cercare un’altra strada.” esclamò Tee-Lora in tono acido, dovuto anche al fatto che aveva finito le sostanze alcoliche di scorta e stava diventando sempre più nervosa. Quella situazione non le piaceva, non piaceva a nessuno.
Il gruppetto decise di scendere in profondità, sperando di trovare un ascensore per emergenze come quella; non era insolito che le strutture minerarie ne avessero uno, o anche di più. Malek e Kuryan lo sapevano bene.
Ben presto, la luce artificiale delle prime gallerie si fece sempre più rara, fino a scomparire quasi completamente. Tee-Lora toccò nuovamente la pulsantiera sul suo bracciale e due luci apparvero sopra i suoi spallacci, originariamente nascoste da due piccole placche meccaniche; sembrava sempre pronta a tutto. Il gruppetto la seguì nelle profondità del pianeta, mentre la temperatura saliva in modo lento ma graduale.
“Laggiù!” esclamò a un tratto la donna, che aveva sempre indossato il casco sin dalla loro incursione notturna. In quel momento, tuttavia, Malek notò che aveva abbassato l’antenna montata sul lato destro per usarla come visore; una tecnologia piuttosto ingegnosa.
Tee-Lora corse attraverso il tunnel, fino ad una cavità che si apriva nelle viscere della terra. Indicò con la mano guantata un ascensore che aveva visto giorno migliori, ma che, ad occhio e croce, sembrava ancora funzionante.
È in pessime condizioni, ma dovremo farcelo andare bene, pensò Malek, mentre lui è Kuryan, con un semplice sguardo d’intesa, si erano già avvicinati alla pulsantiera e alle porte per verificare che quell’affare funzionasse.
“Sembra tutto a posto.” disse alla fine il Rodiano, nel suo tono più allegro. Kuryan fece un gesto di assenso.
Tee-Lora non fece in tempo a fare un passo verso l’ascensore, che ebbe un brivido lungo la schiena, un brivido di paura istintivo; non le fu necessario osservare i suoi compagni che urlavano e sbracciavano per indicarle qualcosa dietro di lei.
Si voltò di scatto, sparando un paio di colpi di avvertimento ai piedi della minaccia e vide un tizio molto alto, dal corpo esile ma robusto, scaraventare di lato il droide e la Jedi con una facilità impressionante, come fossero due fiocchi di neve spazzati via dai venti gelidi di Hoth.
Osservò poi la sua armatura, nera come le zone più oscure delle Regioni Ignote, ricoperta di spuntoni acuminati: Beskar. L’elmo che gli copriva il volto aveva una forma a punta di lancia, cosa che lasciava intendere chiaramente che non fosse umano, ma nemmeno di una razza nota. E non vi era alcun segno di visiere o simili.
Tee-Lora non aveva mai visto una lavorazione di quel genere, ma l’artigiano era chiaramente un maestro – e non era Mandaloriano, cosa che la fece infuriare.
“Chiunque tu sia, bastardo, non solo hai fatto del male alla mia cliente – e prega i tuoi dei che sia viva – ma osi pure indossare del Beskar, una sacra proprietà di Mandalore. Mi fanno schifo i ladri come te e, ancora di più, chi ha realizzato la tua armatura.
Restituisci il Beskar e potrei considerare di lasciarti vivere!”
Malek e Kuryan non avevano visto prima Tee-Lora in preda all’ira, ma adesso erano certi che fosse meglio non farla arrabbiare e che il suo avversario sarebbe andato incontro ad una morte orribile, nel caso non avesse obbedito alla richiesta che non ammetteva repliche.
E tuttavia, una replica ci fu, la più imprevedibile di tutte; il tizio in armatura nera cominciò ad emettere un suono profondo e gorgogliante, che divenne sempre più forte e fastidioso: una risata di scherno.

Capitolo 5

La Mandaloriana aveva tollerato anche troppo l’inquietante risata del nuovo arrivato, perciò decise di fare alla vecchia maniera; sollevò il braccio destro e dei piccoli razzi fuoriscirono da feritoie poste in un bracciale, sibilando come serpenti mortali, i cosiddetti “fischianti”, armi temibili usate dai guerrieri del suo mondo natio da generazioni.
I piccoli missili danzarono sopra la testa del nemico per un breve istante, per poi colpire con precisione il bersaglio; l’individuo alto si piegò sulle ginocchia per un breve istante e la Mandaloriana credette di aver prevalso. Tuttavia, quella sensazione ebbe vita breve, perché il suo avversario scattò in piedi e, in un istante, l’afferrò per il collo, scagliandola dentro l’ascensore con una violenza inaudita.
Malek e Kuryan si chinarono sul corpo della ragazza, temendo il peggio, ma sentirono tossire e videro un rivolo di sangue vermiglio scivolare da sotto l’elmo. Il Rodiano, saggiamente, glielo rimosse e vide che aveva preso una brutta botta al naso ed era da lì che si era generata l’epistassi.
“Non avessi avuto l’armatura, mi avrebbe ridotto in poltiglia. È forte quanto un Trandoshano o persino uno Wookiee!” mormorò Tee-Lora, continuando a tossire, con voce spezzata.
Malek guardò oltre le spalle di quel nemico così formidabile, cercando Syril e J-ok3; non potevano abbandonarli. Quando finalmente li vide, adagiati vicino ad una parete ricoperta da tanti piccoli rivoli d’acqua che scorrevano sulla superficie rocciosa, prese una decisione; corse a perdifiato per raggiungerli, ignorando le grida di Tee-Lora e Kuryan, che cercarono di trattenerlo prima che facesse una follia. E lo era in tutto e per tutto.
In effetti, la sua mossa disperata venne notata anche dal nemico, che lo afferrò con una mano sola e lo placcò, scaraventandolo a terra, premendo sul suo sterno col piede. Avrebbe potuto spezzargli la cassa toracica se avesse schiacciato con tutta la forza, Malek ne era sicuro, ma sembrava che il suo avversario stesse giocando al Loth-gatto col topo.
Il Rodiano provò a sollevare il pesante piede dal suo corpo, inutilmente, finendo però per notare un piccolo cavo grigio che collegava l’elmo alla schiena del suo avversario, un cavo che era stato scoperto dal precedente colpo di fischiante. E vide accanto a se un sasso lungo e acuminato, cosa che gli fece venire un’idea. Ma come avrebbe potuto metterla in pratica, sempre che fosse davvero risolutiva, bloccato al suolo da quella forza soverchiante?
Era pur sempre un semplice Rodiano, un ex responsabile minerario, non un guerriero o un Jedi.
Il nemico sollevò il braccio destro, ed una luce vermiglia si riversò sulla fronte di Malek, il puntino di un mirino; il colpo fatale sarebbe giunto da un cannone, o un Blaster, montato sul bracciale del colossale individuo sopra di lui, che emise una risata profonda e gutturale di trionfo.
Il Rodiano non chiuse gli occhi e, nonostante la paura scuotesse il suo corpo, non volle dare soddisfazione all’avversario: “Che stai aspettando? Fallo!”
Tuttavia, il colpo non arrivò mai perché Kuryan si gettò sul colosso, afferrandolo per un braccio: “Scappa!” gridò verso l’amico, prima che l’individuo con l’armatura oscura lo sbattesse contro una parete rocciosa, facendolo volare come fosse una bambola di pezza. Nel compiere il movimento, sollevò per un istante, un brevissimo istante, il piede, ma fu sufficiente perché Malek si liberasse, afferrando il sasso appuntito con cui recise, miracolosamente, il cavo.
Il Rodiano venne scagliato via, finendo il suo volo accanto a Kuryan, ma ciò che vide lo rincuorò in parte: il colosso stava rantolando, annaspando come un naufrago prossimo ad annegare.
Chiuse gli occhi, pronto ad accettare il suo destino, mentre la terra tremava ancora, molto più violentemente di prima.

Era una giornata torrida, molto più calda del solito. Le estati, su Minas, non davano tregua, vista la scarsità di flora e di acqua.
Suo padre e sua madre erano sdraiati nel letto matrimoniale e si tenevano per mano, guardandolo dolcemente con occhi stanchi; lo sfruttamento intensivo delle cave e delle miniere aveva causato problemi respiratori e altre malattie gravi, soprattutto ai più anziani. I genitori di Kuryan erano morti, a distanza di poche ore, due settimane prima, e il Quarren si era chiuso in un doloroso silenzio. Malek era andato a trovarlo, qualche volta, ma non era facile, soprattutto perché anche lui stava vivendo la stessa situazione.
“Figliolo, devi andare avanti. Devi vivere, anche dopo che ce ne saremo andati.” gli disse suo padre, la pelle che da verde brillante stava passando ad un grigio malato.
Malek strinse le mani dei genitori, che erano così fredde nonostante l’arsura. Si limitò ad annuire, mascherando la profonda tristezza dietro un sorriso forzato, ricacciando a fatica le lacrime.
Avrebbe voluto dire che non c’era più nulla su Minas, che 2/3 della popolazione avevano già abbandonato il pianeta e che era solo questione di tempo prima che la loro attività finisse in malora. Ma non poteva farlo, non voleva spegnere le ultime speranze dei genitori.
La loro vita finì qualche giorno dopo e, travolto da lacrime amare, Malek fu costretto a vendere l’attività familiare, pezzo dopo pezzo dopo pezzo, finendo a vivere alla giornata, eseguendo i lavori più umili per un tozzo di pane.
In cuor suo, ammirava Kuryan che, nonostante fosse sottoposto al racket dei cartelli criminali, era riuscito ad aprire un chioschetto, mentre lui armeggiava in mezzo agli escrementi di varie specie per tirare su pochi crediti.
Uno dei lavori che preferiva era la riparazione dei droidi minatori; ingegneri e meccanici erano sempre più rari e lui, che sapeva dove mettere le mani tra circuiti e bulloni di costrizione, riceveva sempre più spesso richieste di aiuto dai pochi che continuavano a cercare minerali nelle profondità del pianeta, ormai depredato dei suoi tesori naturali.
Stava riparando un droide minatore, che sembrava stranamente familiare nonostante fossero tutti uguali, quando i fotoricettori della macchina si attivarono e sentì pronunciare la frase: “Svegliati, Malek!”

Si risvegliò, all’interno dell’ascensore risalito in superficie; era stato J-ok3, parzialmente danneggiato, a trarre in salvo tutti loro, anche la Jedi.
Ciò che vide lo lasciò senza fiato, letteralmente. Minas era avvolto da fiamme e scosso da terremoti e che stavano aprendo crepe colossali nel terreno. Davanti a loro, poco oltre le porte dell’ascensore, giacevano i corpi di individui di ogni specie, alcuni parzialmente carbonizzati. Nel frattempo, Malek e gli altri organici iniziarono ad annaspare, cercando ossigeno laddove non pareva essercene più, avvolti da un calore a malapena tollerabile. Cosa diavolo era accaduto?
Prima che il Rodiano svenisse per la mancanza di aria respirabile, Tee-Lora, con un enorme sforzo, schiacciò alcuni pulsanti sul suo bracciale e un minuscolo droide si distaccò da esso e volò sopra le loro teste, attivando una barriera energetica al cui interno la temperatura si normalizzò e si formò una sacca di ossigeno; la donna teneva stretti a se i pezzi di armatura nera che era riuscita a recuperare dai resti del formidabile avversario.
“Sei stato incredibile, Malek.” si congratulò con lui la Mandaloriana, scossa da una tosse violenta, “Ma dobbiamo andarcene da qui. Non so cosa sia successo, ma sembra di essere all’inferno. Richiamo subito la mia astronave.”
Prima che la Lady Kryze, un enorme vascello blu dalla forma allungata, circondato da ali che ricordavano le punte di frecce, giungesse nei pressi dell’ascensore, ci fu una scossa di terremoto così forte che fece sobbalzare Malek e gli altri come fossero dei fagioli hetzaliani in un bicchiere di metallo nelle mani di un cucciolo di Wookiee arrabbiato. Syril riaprì gli occhi e riuscì ad evitare che gli occupanti dell’ascensore sbattessero contro le pareti e il soffitto, usando tutta la Forza che riuscì a richiamare a sé.
Miracolosamente, la scossa non fece schiantare i cavi dell’ascensore, ma l’onda d’urto colpì il piccolo droide, che cadde al suolo, indebolendo la barriera protettiva.
J-ok3 lo prese e lo sollevò sopra la testa, mentre due braccia meccaniche fuoriuscirono dal suo petto: uno collegò un cavo di alimentazione al piccolo droide, per continuare a dare energia alla barriera, mentre l’altro teneva stretto al droide la Jedi per proteggerla.
L’astronave planò dolcemente sopra l’ascensore, attivando un raggio traente che iniziò a trasportare all’interno della Lady Kryze gli organici protetti dalla barriera. Con la coda dell’occhio, Syril vide alcune scintille provenire da J-ok3, insieme ad un odore di componenti bruciate. E poi notò che il droide aveva ancorato i piedi nel terreno, usando un sistema di minitrivelle che serviva per aumentarne la stabilità in mancanza di gravità e altre situazioni simili, come l’esondazione di corsi d’acqua.
“J-ok3, che stai facendo? Rimuovi le minitrivelle!” mormorò la Jedi, mentre il raggio traente l’adagiava dolcemente dentro il vano di carico della Lady Kryze.
J-ok3 sollevò la testa; se avesse potuto sorridere, lo avrebbe fatto, ma si limitò a dire: “I miei circuiti sono andati. Ho fatto l’ultimo sforzo per tenervi al sicuro e farvi evacuare il pianeta in sicurez… za… Syril…” si accasciò al suolo, i fotorecettori ormai spenti, e la barriera si disattivò.
Tee-Lora, che era riuscita a curarsi con un medipack, chiuse il portello, mettendo una mano sulla spalla della Jedi, che mormorò con un filo di voce: “Grazie, J-ok3. Che la Forza sia con te!” una lacrima le rigò il viso, ma cercò di non darlo a vedere.
La Mandaloriana si sedette al posto del pilota, nonostante avesse ancora dolori in tutto il corpo, e spinse la nave lontana da Minas.
Da un oblò, sdraiato su un lettino accanto a Kuryan, Malek vide che un oggetto metallico oblungo si stava dirigendo verso il sole del loro sistema, proprio mentre Tee-Lora attivava l’iperguida.
L’esplosione del razzo contro il sole di tipo R del sistema di Minas provocò un lampo di luce accecante, che spazzò via tutto. La Lady Kryze effettuò il salto nell’iperspazio pochi istanti prima di essere disintegrata dal calore, ma non abbastanza velocemente da evitarla del tutto.

Capitolo 6

La Lady Kryze stava vagando nello spazio da due giorni e, a un occhio inesperto, pareva priva di vita. In realtà, gli effetti dell’esplosione si stavano facendo sentire e motore, strumentazione e iperguida erano praticamente inattivi. Solo il supporto vitale funzionava ancora, ma avrebbe potuto disattivarsi senza preavviso in qualunque momento.
Kuryan aprì gli occhi e vide che Malek dormiva nella branda accanto alla sua, mentre Tee-Lora russava rumorosamente sdraiata sul lettino davanti al loro, avvolta in una coperta. Infine, Syril era immersa nella vasca di Bacta di cui aveva parlato loro la Mandaloriana; non vi era alcuna traccia di J-ok3.
“Sei sveglio?” domandò l’umana, sollevando la testa; si era tolta l’armatura ed indossava una maglietta a maniche corte.
“Che è successo? Quanto tempo è passato?” chiese il Quarren.
Dopo aver ascoltato ciò che era accaduto, piegò il capo in avanti, lasciando che i tentacoli sul volto si muovessero in una danza lenta e sconsolata; la sua famiglia era venuta a mancare qualche anno prima, ma mai e poi mai si sarebbe immaginato che l’intero sistema sparisse nel nulla. Non era facile da digerire e Kuryan non era certo di quale sentimento fosse più forte in lui, se il dolore, la rabbia o l’incertezza.
Chi era quel tizio in armatura nera? Era colpa sua se Minas non esisteva più? E che avrebbero fatto lui e Malek da quel momento in poi? Avrebbero seguito la Mandaloriana in altre folli imprese? Troppe domande senza risposta, la testa rischiava di scoppiargli.
“L’onda d’energia ha causato tutti questi danni alla Lady Kryze, non possiamo saltare nell’iperspazio e le razioni basteranno al massimo per un altro paio di giorni. E sono anche senza un goccio di alcool.
Insomma, è una situazione molto brutta.” commentò mestamente Tee-Lora, che poi aggiunse: “Ho attivato un radiofaro d’emergenza, ma temo che la trasmissione sia disturbata. E senza una Repubblica a sostenere la galassia – stiano vivendo un periodo caotico – non so proprio chi potrebbe aiutarci, forse la Resistenza, ma ho molti dubbi. Dopotutto, la guerra con il Primo Ordine è finita e molti di loro saranno tornati dalle loro famiglie.”
“Non dobbiamo essere così pessimisti. Finché c’è vita c’è speranza!” esclamò il Quarren, facendo buon viso a cattiva sorte, ricacciando indietro le lacrime.
“Qualcuno capterà il segnale del radiofaro e verrà a salvarci. Sarebbe assurdo sopravvivere ad un disastro come la distruzione del sistema di Minas per poi crepare di fame e mancanza di ossigeno nello spazio aperto, no? E non dimenticare che abbiamo una Jedi con noi; dovrà pur significare qualcosa!”
Tee-Lora fece una smorfia: “E se fosse colpa sua per tutto quello che è accaduto? Voglio dire, sappiamo che i Jedi hanno causato un sacco di problemi, in passato, inimicandosi mezza galassia e anche più.
Chi ci dice che quel tizio e i suoi amici non fossero su Minas per inseguire la Jedi? Mandalore ha combattuto contro quelli come lei per secoli, e a buona ragione.”
Kuryan si mise in piedi e fece spallucce: “Non credo che sia andata così, dico io. Perché non glielo chiediamo quando si sveglia?”
La Mando scosse il capo e si coprì.
Il Quarren si avvicinò a lei: “Hai detto che ci sono ancora delle razioni. Io avrei fame.”
La ragazza si limitò ad indicare con il dito un vano con sportello, che fungeva da frigo; il Quarren prese una razione fredda e la scosse per alcuni istanti, in modo da renderla più facilmente commestibile.
“Mi dispiace per il tuo pianeta, non potevo immaginare che fossero capaci di una cosa simile.” disse una voce alle sue spalle, come se parlasse immersa in un liquido.
Kuryan osservò Syril, che aveva aperto gli occhi, per un lungo momento. La Rodiana comunicava mediante il respiratore dotato di un piccolo microfono, che trasmetteva la sua voce su un altoparlante esterno, posto sopra la vasca di Bacta.
“Gli ho inseguiti per mesi, dopo averli sentiti confabulare con un informatore su Corellia. Mi ero rifugiata su quel pianeta per… motivi personali; non è questo il momento per parlarne.
In un locale – un gran postaccio – lavoravo come cameriera. E lì, ho visto un umano che parlava con questi tizi incappucciati e alti.
Mi sono subito insospettita, ed ho usato le mie capacità per cercare di carpire quello che si stavano dicendo-“
“Tutto molto interessante, ma chi mi garantisce che tu non ti stia inventando parte di questa storiella per nascondere le tue responsabilità? Io non sono come questi due fessacchiotti qua. Sono sveglia io!” esclamò Tee-Lora uscendo rapidamente dal letto; indossava solo la maglietta e l’intimo, lasciando le lunghe gambe scoperte. Scese dal materasso diretta ad ampie falcate verso il frigo, quando qualcosa di metallico e freddo incontrò il suo piede destro, facendola cadere a terra come un sacco di patate.
La ragazza si rialzò imprecando, mentre afferrava il cilindro: “Dank Farrik, che diamine è questo? Che ci fa sulla mia nave?” si avvicinò al compattatore di rifiuti, intenzionata a liberarsi di tale oggetto, finché non vide la manopola su di esso e, incuriosita, la ruotò. Un fascio verde, luminoso e ronzante, fuoriuscì da una delle estremità e ci mancò poco che non trapassasse la Mando nel petto. Spaventata, Tee-Lora lasciò cadere l’oggetto, che si spense subito.
“La mia spada laser!” gemette Syril, “Credevo fosse andata persa per sempre insieme a J-ok3. E invece, lui è riuscito a lanciarla dentro l’astronave prima che lasciassimo il pianeta…” le si formò un groppo in gola.
“Questa diavoleria mi ha quasi ammazzato due volte!” sbottò Tee-Lora, che si chinò per raccogliere l’arma e poi appoggiarla su un tavolino.
“Mi dispiace.” disse la Rodiana. La giovane umana fece un gesto di stizza con la mano; aveva già visto un oggetto simile, tra la sua gente: la Spada Oscura. Si trattava di un simbolo di potere, l’arma del solo Jedi Mandaloriano mai esistito, il leggendario Tarre Vizsla.
Si diceva che chiunque avesse impugnato la sacra arma sarebbe stato considerato il legittimo signore di ogni clan, il Manda’lor, e perciò, nei secoli, si erano scontrati diversi individui bramosi di possedere la Lama Oscura, anche in tempi molto recenti; era un oggetto che non aveva mai portato niente di buono. Ed era anche una delle ragioni per cui, nonostante la sua lealtà sconfinata al casato Kryze, Tee-Lora non voleva più vedere, men che meno usare, armi di fattura o origine diverse da quelle di Mandalore.
“Il tuo droide si è sacrificato per salvare le nostre vite.” disse la Mando.
Ecco perché non qui, so disse Kuryan, chinando il capo in segno di rispetto verso Syril. Lei parve apprezzare il gesto, poiché i suoi occhi si illuminarono oltre il vetro della vasca.
Poco dopo, la Jedi ricominciò a parlare: “Ad ogni modo, per concludere la mia storia, ho scoperto ciò che volevano fare i tizi incappucciati: recuperare un antico artefatto che può sopprimere, temporaneamente, il collegamento tra un individuo potente nella Forza e la Forza Cosmica stessa, lasciandolo debole come un bambino. E non è la cosa più spaventosa che ho scoperto!
Inseguendoli, sono venuta a sapere che non sono originari della nostra galassia, ma provengono dalle profondità delle Regioni Ignote.”
Tee-Lora cercò di non darlo a vedere, ma deglutì rumorosamente, molto prima di strappare un boccone dalla razione che aveva prelevato dal frigo. Kuryan si era seduto sulla sua branda, perso in pensieri nefasti.
Malek, che aveva da poco recuperato conoscenza, aprì lentamente gli occhi, solo per sentire Syril dare un nome ai distruttori di Minas: “Si chiamano “Egemonia Grysk”.”

Capitolo 7

Kraan’Daar Solmanix, generale Grysk, stava analizzando i dati della distruzione del piccolo sistema di Minas da due ore. Non riusciva a darsi pace per la morte del suo amato compagno, Hetser; si amavano sin dal loro primo incontro ad un’importante ma tediosa riunione con i vertici dell’egemonia.
Kraan sapeva che le relazioni, all’interno dell’egemonia, erano maltollerate, se non apertamente osteggiate, perciò il loro era stato un amore proibito e nascosto, fatto più di sguardi e cose non dette che non delle poche, rare, opportunità di incontrarsi in luoghi lontani da occhi indiscreti. Ed ora lui era morto, su un pianeta minuscolo e vittima delle ambizioni dei loro superiori; Minas era stato usato come test di prova per il nuovo razzo Th-756-R, noto come “Razzo Tibanna”, un modo rapido e sicuro per spazzare via interi sistemi in un istante senza affidarsi a basi spaziali o astronavi, una lezione che avevano appreso dall’impero galattico e i suoi emuli: il Primo Ordine e i Sith Eternal.
L’egemonia aveva osservato per molto tempo la Galassia e ne aveva studiato le popolazioni e le organizzazioni di potere, attendendo pazientemente di poter agire e annetterla. Le risorse disponibili nei suoi sistemi avrebbero potuto permettere alle gerarchie di espandersi e dominare il cosmo, schiacciando definitivamente qualsiasi oppositore, Chiss e altre razze comprese.
Dopo la caduta dei Sith Eternal circa sei mesi prima, i tempi parevano maturi e così, facendo leva sull’avidità di cartelli criminali e altri individui senza scrupoli, i Grysk avevano iniziato a costruire strutture in vari pianeti dell’Orlo Esterno, allo scopo di testare le loro armi e preparare l’invasione di tutta la galassia, al fine di ottenere le risorse dei ricchi mondi del Nucleo.
Kraan scacciò i pensieri relativi a Hetser; la sua morte l’avrebbe spinto a realizzare più celermente il loro obiettivo, ma non sarebbe rimasta impunita. Una volta ottenuta la vittoria finale, egli avrebbe eliminato i membri più anziani dell’egemonia e sarebbe salito al potere.
Il suono di un comunicatore interruppe il flusso di pensieri del generale ed egli attivò il ricevitore: “Lord Kraan, perdonate il disturbo…” gracchiò una voce alquanto remissiva, “Abbiamo ricevuto i dati della scatola nera provenienti dall’armatura di sua eccellenza Hetser. Glieli invio sul suo olopad.”
Poco dopo, il generale osservò gli ultimi istanti di vita del suo amato, mentre combatteva contro alcune creature su Minas, in particolare una Mandaloriana e un Rodiano; divenne livido di rabbia quando comprese che ad ucciderlo non era stata l’esplosione, ma i danni provocati da quelle forme di vita inferiore.
La loro morte nella distruzione di Minas non avrebbe ripagato il suo dolore, e in cuor suo sperò che fossero sopravvissuti, per poter poterli catturare ed infliggere loro un dolore eterno.
Osservò infine, quasi con devozione mistica, la piccola statua di pietra sulla scrivania, un artefatto antico e potente, capace di annullare la connessione tra la Forza e i suoi utilizzatori in una piccola area, causandone persino la morte; sarebbe stata la chiave del loro definitivo trionfo.

Capitolo 8

Hosnian Prime prima della distruzione

Tee-Lora svegliò tutti gli occupanti della Lady Kryze con le sue grida, mostrando loro l’enorme astronave che, mediante un raggio traente, li stava trasferendo dallo spazio aperto all’interno della sua camera di equilibrio; Malek si chiese se fossero persone desiderose di aiutare o una nuova minaccia.
Tee-Lora aveva avuto lo stesso pensiero del Rodiano, perciò si armò di tutto punto ed attese che qualcuno facesse la sua apparizione nella camera di equilibrio. Ciò che vide la lasciò abbastanza perplessa, poiché da un portellone giunsero una mezza dozzina di droidi, di foggia umanoide, l’esoscheletro color sabbia e la testa a becco, muniti di Blaster pesanti. Comunicavano tra loro dicendo solo “Roger, Roger.”
Poco dopo, dietro il drappello, arrivò una donna di razza Zygerriana, molto alta e imponente, in uniforme.
La donna avanzò ad ampie falcate in mezzo ai droidi, che si spostarono rispettosamente al suo passaggio, per poi giungere davanti al portellone della Lady Kryze e schiarirsi la voce: “Sappiamo che ci sono forme di vita a bordo e vi invitiamo a scendere. Siete al sicuro, adesso; non vi verrà fatto alcun male.”
La Mando sapeva che gli Zygerriani, una popolazione praticamente scomparsa nel corso dei due conflitti galattici, avevano una pessima reputazione, dal momento che erano schiavisti da generazioni. Non poteva fidarsi così di uno di loro, perciò attivò ogni arma, pronta a vendere cara la pelle, bisbigliando ai suoi compagni di viaggio di non credere a quelle belle parole.
Kuryan si ritrovò a pensare che viaggiare nella Galassia era una gran fregatura, poiché si incontrava sempre gente malvagia.
Prima che Tee-Lora potesse aprire il portello ed aprire il fuoco, con l’idea di prendere il controllo dell’astronave della Zygerriana, percepì uno strano odore e vide che alcune lingue di fumo purpureo stavano invadendo l’interno della Lady Kryze; perse i sensi senza poter capire cosa stesse succedendo.

Era una splendida giornata ad Hosnian Prime e le astronavi dei Krona, rispettivamente la Vae Victis e la Lady Kryze, stavano ricevendo un trattamento completo da parte di meccanici e droidi esperti. Tee-Lora stava osservando l’enorme spazioporto e il cielo terso, quando sua madre le mise una mano sulla spalla, riportandola alla realtà: “Pare che i lavori di riparazione sulla Vae Victis andranno per le lunghe. Potresti venire con noi da Jonas. Non ti vede da quando sei una bambina.”
Tee-Lora tolse gentilmente quella mano ed osservò sua madre, una reduce di tante battaglie come lei, dalla pelle più scura dalla sua e due occhi vitali, neri come pozzi gravitazionali, eppure lucenti come il duracciaio lavorato, i lunghi capelli legati in una coda elaborata.
Si chiese che ci facessero lì; avevano bisogno di alleati per riprendersi Mandalore e il cugino di suo padre, Jonas, un codardo che era scappato con la coda tra le gambe molti anni prima quando era scoppiata l’ennesima guerra civile, pareva l’ultimo su cui si potesse contare. Si diceva che il padre di Jonas fosse rimasto neutrale durante le ultime guerre civili e il che il figlio avesse preso tutto da lui, sebbene Harald sostenesse che suo cugino avesse lottato per Mandalore.
“Vorrei tornare su Mandalore a dare il mio contributo. Mi prudono le mani a stare ferma, mamma.”
“Sei identica a tuo padre!” esclamò Verna, ridacchiando, “Anche lui non riesce a stare fermo. Ha combattuto sin da ragazzino, nonostante nessuno lo volesse tra i piedi.”
Suo padre, Harald Krona, era il figlio di un devoto di Maul e di Gar Saxon, Kalas Krona, che aveva combattuto fino alla morte per difendere Mandalore da Bo-Katan, Fenn Rau e i Lealisti sia al termine delle Guerre dei Cloni che durante il Conflitto Civile Galattico; era morto, contro un esponente della famiglia Wren, due anni prima della battaglia di Yavin.
Harald aveva la sua età, diciassette anni, quando era rimasto orfano – sua madre era morta nel darlo alla luce – e tutti lo odiavano: “È il figlio di un traditore, non ci si può fidare di lui.” dicevano i vincitori.
Fu Bo-Katan Kryze a tendergli una mano e a fargli conoscere una sua attendente, Verna Dyran. I due si innamorarono e nacque Tee-Lora.
Per alcuni anni, lei e la sua famiglia avevano vissuto in pace, sotto le saggia guida del Manda’lor Bo-Katan e suo marito Din Djarin, ma un gruppo di terroristi, sostenuto in segreto da alcuni esponenti contrari ai nuovi capi del pianeta, li aveva uccisi quando Tee-Lora aveva solo 8 anni e, da allora, Mandalore era sprofondato per l’ennesima volta nella guerra civile.
Jonas era scappato in quel periodo e si era nascosto su uno dei mondi del Nucleo, Hosnian Prime, diventato sede della Nuova Repubblica dopo la caduta dell’impero e dopo Chandrila.
Ha abbandonato Mandalore e tutti noi al suo destino, non mi posso fidare di un tizio del genere, pensò Tee-Lora, rivolgendosi poi alla madre: “E la Lady Kryze?”
“Dovrebbe essere pronta a momenti. Se vuoi puoi partire con quella e non ti raggiungiamo dopo.
Ma non preferiresti la Vae Victis? È tutta tua, dopotutto. Un regalo mio e di tuo padre.”
“Aspetterò che me la riportiate su Mandalore.”
“Qualcuno ha fretta di partire, eh?” esclamò un uomo alto e dotato di una voce possente.
“Si, papà. Non me la sento di restare qui. Mandalore ha bisogno di me!”
Sul volto di Harald Krona si dipinse un magnifico sorriso e i suoi grandi occhi color onice si fecero lucidi: “Tuo nonno sarebbe stato orgoglioso di te.”
Suo padre fece per abbracciarla, ma Tee-Lora si liberò di quelle attenzioni; non era più una bambina.
Suo padre la guardò di traverso, poi scoppiò a ridere: “Poveretto quello che si innamorerà di te!”
La ragazza avvampò: “Papà, smettila.”
“Sei un vero spasso.” rispose lui, che poi tornò serio, “Se vuoi partire, vai pure. Ti raggiungeremo dopo, appena avremo spinto Jonas ad unirsi alla nostra causa. È un testone e crede che non ci sia più speranza per Mandalore, ma io lo convincerò del contrario!”
Tee-Lora osservò per un lungo istante suo padre, un uomo alto, bello e forte, dalla pelle d’ebano e il sorriso d’avorio, la cosa più preziosa di cui lui le facesse dono, ma non glielo avrebbe mai detto, mai.
La ragazza si congedò dai suoi genitori e salì a bordo della Lady Kryze. Si fermò per un istante davanti al pannello di controllo, con uno strano groppo allo stomaco: avrebbe dovuto dire a suo padre che non era il caso di cercare di convincere Jonas di unirsi a loro e di tornare tutti insieme? Quel dubbio fugace durò pochi minuti, e alla fine Tee-Lora decise di sedere in plancia.
Pochi istanti dopo la sua partenza, prima che l’astronave effettuasse il salto nell’iperspazio, Tee-Lora vide che alcune saette rosse viaggiavano a velocità sostenuta nello spazio aperto, dirette verso alcuni pianeti, tra cui Hosnian Prime. Uno dei raggi colpì il pianeta, facendolo esplodere completamente in un battito di ciglia.
La ragazza rimase a bocca aperta mentre da un olocomunicatore proveniva il seguente messaggio: “il vile Primo Ordine ha colpito la Repubblica ed ha ucciso tanti innocenti.”

Tee-Lora aprì gli occhi e si accorse di aver pianto; non le accadeva da quando era bambina. Io… avrei potuto salvarli, pensò ignorando la voce di Syril, se solo fossi stata meno egoista!
La Rodiana riuscì finalmente a farsi notare, visibilmente scossa nel vedere le lacrime rigare il volto della Mando: “Tutto bene?” chiese.
L’altra fece un gesto di stizza e si pulì il viso con il dorso della mano, pronta a risponderle a tono con la stessa calma di un Rancor affamato, ma la sua attenzione venne calamitata sia dall’ambiente in cui si trovavano, una cella dal soffitto basso e uno schermo laser di contenimento, sia dalla terza occupante dello spazio angusto, un’aliena dalla pelle indaco chiaro con il collo lungo, una testa ovale senza capelli, e grandi occhi dalla sclera nera, che la fissava con curiosità. Non avrebbe saputo dire perché fosse sicura che fosse un’esponente femminile della sua specie, ma sentiva che era così.
Una Muun? Si domandò Tee-Lora, ma c’era qualcosa di diverso in lei. La donna si alzò in piedi con un movimento fluido, quasi mellifluo, incrociando le mani all’altezza del basso ventre; indossava una semplice tunica bianca, la stessa della Mandaloriana e di Syril.
“Siete state catturate anche voi da quella orribile Zygerriana.” constatò l’aliena.
“Si è trattata di una serie di sfortunati eventi, tutti legati all’incontro con questa qui.” rispose l’umana indicando la Rodiana, appoggiandosi al muro in fondo alla cella.
“Ah, ora sarebbe colpa mia?”
“Si, è colpa tua! Se non mi fossi imbarcata nella missione che avevi commissionato alla gilda, non sarei in questo guaio. Probabilmente, starei seduta in qualche locale a scolarmi un bel po’ di liquori in santa pace!”
“È stato il tuo desiderio di profitto a farti accettare la missione e non potevo certo prevedere che avrebbe preso una piega simile. Sarai pagata per questi… contrattempi.”
“Sai che me ne faccio della promessa del tuo pagamento se mi fanno un buco in testa con un Blaster?”
L’aliena notò che gli animi si stavano scaldando, anche se la Rodiana cercava di smorzare i toni, quasi avesse paura della rabbia, perciò intervenne: “Vediamo di stare calme. Non risolveremo niente discutendo; dobbiamo valutare bene la situazione.”
Tee-Lora sollevò le mani e sbuffò, mentre la Rodiana si avvicinò alla terza prigioniera, per osservarla meglio. Poco dopo sgranò gli occhi ed esclamò: “No, non è possibile. Tu sei una Kaminoana!”
L’altra annuì, dicendo: “Esatto, una delle ultime del mio popolo. Mi chiamo Deva Mi, piacere di conoscervi.”>
Tee-Lora si allontanò dal muro e rimase a bocca aperta per diversi istanti, realizzando finalmente la portata di quella rivelazione: “Ma il vostro pianeta è stato sterilizzato dall’Impero Galattico. Dovreste essere tutti-“
“Morti? Si, I pochi superstiti dell’olocausto lo hanno fatto credere a chiunque. Ci siano nascosti per anni, in mondi delle Regioni Ignote. Io sono una dei pochi nata in un pianeta lontano, da due individui che erano riusciti a scappare dal giogo imperiale.
Purtroppo, qualche mese fa, l’astronave della Zygerriana ha trovato, non si sa come, il mio mondo. Sono riuscita a mettere in salvo i miei genitori e altri Kaminoani offrendomi come ostaggio, consigliando a tutti di fuggire e cercare un nuovo pianeta.”
“Mi dispiace molto. Ma perché ti tiene prigioniera?” domandò Syril.
Deva Mi sospirò rumorosamente: “Gli Zygerriani vendono schiavi e questa donna non è diversa. Vuole offrirmi al miglior offerente, cosa che farà con tutti i prigionieri sulla sua astronave, in un’asta che si terrà tra qualche giorno; me lo ha rivelato lei stessa oggi, mentre i droidi vi portavano qui, dicendo che adesso ha la quantità sufficiente di mercanzia da vendere e ricavare un alto profitto.”
“Ma è orribile! Non siamo Bantha in vendita al mercato!” sbottò Tee-Lora, serrando i pugni in preda all’ira, “Nessuno schiavizza un Mandaloriano!”
“Ci deve essere un modo per uscire da questa cella. Mi pare che sia un modello piuttosto vecchio, forse posso fare qualcosa.” aggiunse Syril.
La Rodiana sollevò una mano e si concentrò sul pannello di controllo, che sapeva trovarsi dalla parte opposta del muro: “Gli occhi, qualche volta, ingannano.” le diceva sempre il suo maestro, perciò li chiuse e focalizzò la sua mente, proiettandola all’esterno. La sua comunione con la Forza era simile ad una brezza che si univa ad un vento impetuoso; lei doveva diventare più forte di tale vento e diventarne il flusso, dirigendolo verso il suo obiettivo.
La folata raggiunse la pulsantiera e ne sfiorò la superficie, disattivando la barriera laser.
Tee-Lora sorrise: “Ottimo lavoro, Jedi.”
Deva Mi osservò la Rodiana con rispetto: “Pensavo che non ci fossero più altri come te. Mi rincuora sapere che non è così.
Sono in debito con te, Jedi.”
“Mi chiamo Syril e la brontolona Mandaloriana si chiama Tee-Lora. Vuoi aiutarci a salvare i nostri alleati e a scappare?”
La Kaminoana annuì.
“Si, tutto molto bello, ma per salvare i nostri alleati, dobbiamo scoprire dove li tengono prigionieri, sapientona.”
“Li troveremo e, per la Luce, non li sottovalutare. Hai visto di cosa sono capaci.
Magari ci stanno già cercando!” esclamò la Rodiana, invitando le due donne a seguirla con circospezione.

“Dannato pannello di controllo, non ne vuole proprio saperne di aprirsi!” sibilò Malek, mentre tentava di forzare una lastra metallica, aiutato da Kuryan. Il Quarren, ansimando, disse: “Senza attrezzi, pare impossibile.”
“Se l’umano sulla branda ci desse una mano, magari in tre avremmo più possibilità. Ma non c’è stato verso di svegliarlo!” rispose amaramente il Rodiano, “e sono preoccupato per Syril e Tee-Lora.”
“Anche io. Spero che stiano bene.” aggiunse Kuryan.
“Aprire il portello non sarà necessario. Ci basterà attendere qualche ora, e quella schifosa Zygerriana verrà a prenderci; sarà allora che agiremo.” esclamò l’umano calvo disteso sulla branda, un individuo di altezza media e corporatura robusta, dalla pelle bronzea, mettendosi a sedere sul materasso; Malek e Kuryan notarono che aveva inciso, in forma di tatuaggio, un messaggio in Aurebesh sulla tempia destra: “L’unico droide buono è un droide morto.”
“Comunque, miei rumorosi compagni di prigionia, sarà il caso di fare le dovute presentazioni. Come vi chiamate e come siete finiti qui?”
Dopo le risposte del Quarren e il Rodiano, l’uomo scattò in piedi, dicendo: “Piacere di conoscervi, Malek e Kuryan. Io sono Kix.”

Capitolo 9

Kix, clone medico della 501esima

Tee-Lora, Syril e Diva Mi avanzarono attraverso un dedalo di corridoi, notando quanto tutta la nave paresse vetusta e obsoleta; la Mando arrivò addirittura ad ipotizzare che risalisse a molti anni prima delle Guerre dei Cloni.
Giunti all’ennesima intersezione, le donne videro alcuni Droidi che stavano comunicando tra loro. Questi ultimi parevano non averle notate, perciò Tee-Lora cominciò ad elaborare un piano.
Da una delle telecamere di sicurezza, Pyrak osservò le fuggitive, ferme dietro un esile muro che aveva visto giorni migliori. Il giovane Zygerriano, figlio della comandante dell’astronave, non ne poteva più di gente imprigionata, schiavitù e una vita al di sopra della legge. Sua madre era rimasta legata ai vecchi valori, ma la galassia aveva avuto una serie infinita di evoluzioni, dalla Repubblica alla sua rinascita e caduta, passando per l’impero e il Primo Ordine.
Si era domandato tante volte se i pochi Zygerriani rimasti avessero ancora un posto in quel nuovo universo di possibilità, certo che il loro atteggiamento dovesse cambiare. Egli tuttavia non aveva mai sfidato apertamente la madre, ma non poteva più restare a guardare, sapendo che quel circolo vizioso doveva essere spezzato.
Pyrak strinse i pugni e, dopo aver aperto la porta scorrevole, raggiunse i comandi di sicurezza dell’astronave.
Nel frattempo, nonostante le proteste di Kix, Malek si era rimesso al lavoro sul panello di controllo della prigione, aiutato da Kuryan. Si era chiesto per un istante perché avesse così tanta premura; non era per Tee-Lora, per quanto le cominciasse a stare a cuore, ma per Syril. Dopo averla osservata di sottecchi in alcune circostanze, la trovava molto bella, e il suo coraggio, nonostante le ferite, l’avevano colpito. In verità, non aveva mai provato simili sentimenti per qualcuno e, timoroso di creare qualche imbarazzo ai suoi compagni, se li era tenuti per se, ma quelli avevano cominciato a divorarlo dall’interno, come se fosse la pancia del possente Sarlacc, di cui giravano storie ad ogni angolo della galassia.
Il Rodiano iniziò a tirare con maggior forza e, con l’aiuto del suo migliore amico, la piastra cedette, rivelando finalmente i cavi di alimentazione e controllo.
“Per tutti gli oceani di Mon Cala, ma è una struttura vecchissima! Non vedevo una cosa del genere da quando effettuai una riparazione d’emergenza sulla trivella del mio bisnonno, dico io.” borbottò il Quarren.
“In effetti pare piuttosto vecchia come struttura.” aggiunse una voce dalla vicina branda.
Malek avrebbe voluto chiedere a Kix come facesse a saperlo, ma si limitò a continuare con il suo lavoro e, dopo aver staccato alcuni fili, provocando una piccola pioggia di scintille, gli occupanti della cella videro che la barriera di contenimento era scomparsa.
“Per la miseria, ce l’avete fatta. Ottimo lavoro!” esclamò Kix scattando fuori dalla cella e spezzando il collo di un droide lì vicino con una sicurezza e una precisione chirurgiche. “Questa Ferraglia non cambia mai.” commentò l’umano, imbracciando il fucile Blaster dell’avversario appena disattivato.
“Non avevi detto che avremmo dovuto attendere che la Zygerriana ci venisse a prendere?” domandò allora Kuryan.
“Ero convinto che due civili come voi non avrebbero mai potuto farci evadere. Mi sbagliavo.” rispose l’altro, aprendo le porte automatiche.
Poco dopo, il terzetto attraversò un dedalo di corridoi tutti uguali, ma Kix affermò che dovevano andare verso l’alto, perché era laggiù che si trovava la plancia di comando, di conseguenza gli evasi salirono usando svariate rampe di scale, poiché non si fidavano ad azionare gli ascensori, dal momento che sarebbe stato più probabile incontrare delle sentinelle.
“Sei un ex militare, vero?” chiese Malek all’umano dopo un po’ di tempo; l’altro si limitò ad annuire.
Il Rodiano avrebbe voluto saperne di più, ma non ne ebbe la possibilità, poiché il rumore di colpi di Blaster attirò la loro attenzione.
Si sporsero oltre un muro e videro Tee-Lora abbattere una mezza dozzina di droidi in pochi istanti, con colpi alla testa sparati da un Blaster sottratto ai loro carcerieri. Uno di loro pareva ancora funzionante e la donna, tenendolo inchiodato con un piede al suolo e puntandogli il fucile sul muso a becco, gli ordinò di ridarle armi e armatura, ma il droide non ne sapeva nulla e perciò lei fece fuoco e lo distrusse.
“State tutte bene?” domandò Malek, quando pareva che il conflitto fosse cessato, restando nascosto dietro il muro.
“Malek, sei tu? C’è anche Kuryan?” chiese di rimando Tee-Lora, abbassando il fucile.
“Si, abbiamo con noi un ex soldato umano.” rispose il Rodiano, uscendo insieme al suo gruppetto.
“Salve, sono Kix.” esordì l’ex militare.
La ragazza lo fissò per un lungo momento: “Non so perché, ma la tua voce mi suona stranamente familiare. Come se l’avessi sentita anni fa.”
Kix si limitò a fare spallucce.
“Ad ogni modo, anche noi abbiamo un’altra ex prigioniera. Non ci crederete mai, ma è una Kaminoana.” aggiunse Tee-Lora, mostrando la donna ai presenti.
A sentir nominare la parola “Kaminoana”, i muscoli dell’umano si irrigidirono: “Ma quelli come lei dovrebbero essere tutti morti. E sarebbe solo un bene per la galassia, se non ce ne fossero più!” tuonò schiumando rabbia, impugnando il Blaster per aggredire la Kaminoana.
“Un momento! Si può sapere che cosa ti prende?” intervenne Syril, frapponendosi tra l’uomo e Diva Mi.
“Spostati, o faccio fuori anche te! Tu non hai idea di cosa questo… questo mostro ha fatto a me e ai miei fratelli! È soltanto per colpa loro che l’ordine Jedi e la Repubblica sono caduti! Non ci credo alla favoletta del “non lo sapevamo”!” pareva quasi delirare.
“Ho detto di calmarti, per la Luce!” intimò la Rodiana, sollevando una mano. Parve che Kix combattesse contro se stesso, ma alla fine lasciò cadere il Blaster..
“Tu… Tu sei un Jedi!” mormorò poco dopo, mentre si teneva la testa e cadeva sulle ginocchia.
“Si. Non voglio farti alcun male, ma non puoi minacciare una persona che non conosci senza motivo.> il tono di voce della Rodiana era fermo, ma calmo e persino tranquillizzante.
“Credo di aver capito, anche se pare impossibile. Tu sei un Clone del grande esercito della Repubblica, vero? Mio nonno lavorava a Tipoca City ed ha seguito gli ultimi anni di sviluppo dei Cloni.
Tuttavia, credimi, io non ho nulla a che fare con lui.” la voce di Diva Mi pareva sincera.
“Un Clone? Questo spiegherebbe perché la sua voce mi suona familiare, dal momento che ho sentito parlare Boba Fett, in un’oloregistrazione, quando ero molto piccola. Ma com’è possibile? E così giovane, poi? Non dovrebbero essere tutti morti?” chiese allora Tee-Lora.
“Sia come sia, percepisco una grande rabbia provenire da lui e vedo… Per la Forza, mi dispiace così tanto! Tutti i tuoi fratelli…” Syril si incupì.
“Ehi, voi!” bisbigliò improvvisamente qualcuno alle loro spalle, allertando Tee-Lora che sollevò il Blaster verso il nuovo arrivato, uno Zygerriano con una cassa tra le braccia.
“Che diavolo vuoi, maledetto schiavista?” tuonò la Mando, il dito che fremeva per premere il grilletto.
“Mi chiamo Pyrak e sono il figlio del capitano di questa nave, Drasha. Non ne posso più dei metodi di mia madre, retrogradi e malvagi, perciò ho deciso di ribellarmi e di aiutarvi a fuggire.”
“E noi dovremmo credere a questa bella storiella strappalacrime?”
Per tutta risposta, Pyrak posò delicatamente a terra la cassa e l’aprì; al suo interno vi erano gli oggetti sottratti a Tee-Lora e gli altri, compresa l’armatura in Beskar rossa e viola.
Senza mai abbassare l’arma, la ragazza avvicinò a se gli oggetti con il piede, invitando i compagni a recuperare il maltolto. Syril impugnò la spada laser con rispetto e devozione, accendendone prima un’estremità e poi l’altra, illuminando il corridoio del colore della giada.
“Diciamo che sei in buona fede e voglio crederti. Ora ci indicherai dove si trova la mia astronave e, se non farai stupidaggini, potrei considerare l’idea di portarti con me.” disse Tee-Lora dopo aver indossato la sua armatura, lasciando alla Jedi il compito di tenere d’occhio lo Zygerriano.
Pyrak si limitò ad annuire e ad indicare la strada più veloce per la camera di equilibrio, facendo segno di seguirlo.
Kix scattò in piedi; pareva essersi completamente ripreso e seguì in silenzio il gruppo, senza mai staccare gli occhi di dosso dalla Kaminoana.
Sorprendentemente, Tee-Lora e gli altri raggiunsero la camera di equilibrio senza incontrare alcuna resistenza e videro che due droidi astromeccanici stavano completando le riparazioni della Lady Kryze. Sembrava tutto troppo facile.
All’improvviso, suonò un allarme e la Mandaloriana sollevò il braccio destro, i fischianti pronti a colpire, contro Pyrak: “Lo sapevo che era una trappola, maledetta carogna!”
“Io non c’entro! È l’allarme che si attiva quando la Regina Suprema è sotto attacco!” si difese il giovane Zygerriano, sollevando le braccia in segno di resa. Ed era vero: l’astronave di sua madre, nave nota a tutti come “Regina Suprema”, era sotto il fuoco di un nemico temibile.
Dal ponte di comando, Drasha osservava incredula l’enorme vascello dalla forma di puntale screziato, nera come la maschera di Darth Vader, oggetto molto ambito da collezionisti di tutta la galassia e che era scomparsa sulla luna boscosa di Endor più di trent’anni prima.
Senza alcun preavviso, l’astronave appena uscita dall’iperspazio iniziò ad aprire il fuoco, causando violenti scossoni che fecero cadere a terra ogni occupante della Regina Suprema. Poco dopo, dal vascello corvino, decollò un piccolo velivolo a forma di strale, che si conficcò tra l’hangar e la camera di equilibrio.
Lo scossone che ne seguì fu molto più violento dei precedenti, e lo sbalzo di pressione, sommato al vuoto che si formò, mise a dura prova gli attuali occupanti della camera di equilibrio; ogni suono venne praticamente annullato, la vista resa difficile dal risucchio di ossigeno, perciò nessuno di loro si accorse del piccolo missile, simile ad un pugnale, che colpiva una delle travi di sostegno della vecchia astronave. Parte del rivestimento del tetto precipitò su di loro, seppellendoli e ferendoli, facendo perdere loro conoscenza, ma fortunatamente senza uccidere nessuno.
Quando finalmente Syril riuscì a liberarsi e a rimettersi in piedi vide un individuo con un’armatura scura, del tutto simile a quello che i suoi compagni avevano affrontato su Minas. E questi emise dei rantoli che, ad un ascolto più attento, parvero una cupa e grottesca risata.
Per un solo breve istante, la Jedi, in realtà ancora una Padawan, venne travolta dal terrore, ma poi rivide il volto del suo maestro, un umano dal volto sincero dietro una folta barba bionda: Luke Skywalker.

Capitolo 10

Luke ed R2-D2 assistono alla distruzione del nuovo tempio jedi.

Gli esercizi al tempio avevano sfiancato Syril Karilla. Il maestro Luke le diceva sempre che in lei era nascosto un enorme potenziale e doveva solo credere nella Forza, affidarsi completamente a lei.
Tuttavia la Rodiana, allora tredicenne, era poco incline a compiere tale passo, dato che era ancora molto legata alla sua famiglia; in passato, ben due volte aveva rubato una navetta per tornare sul Rodia ed incontrare i suoi genitori. Essi erano stati ben felici che la loro bambina fosse potente nella Forza e che fosse diventata un’allieva del leggendario Luke Skywalker, e non le avevano mai chiesto di tornare a casa a trovarli.
Syril, tuttavia, non era di tale avviso; la Padawan considerava stupida la regola secondo cui l’attaccamento era il male assoluto e, nonostante qualche protesta, lo stesso Luke l’aveva perdonata, dicendole: “L’amore va bene, ma non lasciare che l’egoismo ti possieda o sarai perduta.”
E così, in quella placida mattina, Syril aveva deciso di seguire il suo cuore per la terza volta, nonostante la Forza le dicesse di non andare, che un grave pericolo incombeva sul tempio e i suoi amici.
La ragazzina si convinse che non c’era nulla da temere, perché Ben Solo, il miglior allievo di Luke, nonché suo nipote, era al tempio e sarebbe andato tutto bene.
Sperava che Grogu e il cavaliere Jacen tornassero presto, ma erano stati trattenuti dalla madre del secondo, la leggendaria Hera Syndulla, eroe di guerra durante il conflitto civile contro l’impero galattico, a quanto pare per una missione di controllo.
Andava tutto bene, si ripeté la Rodiana. Non avevano bisogno di lei, che non era così abile praticamente in nulla, un Jedi mediocre. Il maestro Luke aveva troppa fiducia nelle sue capacità e non voleva ammettere che il suo livello rasentava il ridicolo, e che forse lei non sarebbe mai diventata cavaliere.
Giunta nei pressi di Rodia dopo un salto iperspaziale, la Padawan notò che alcune gigantesche astronavi, con una foggia sin troppo simile a quella degli incrociatori imperiali visti da lei e gli altri allievi del tempio in una recente lezione di storia, stava iniziando un bombardamento a tappeto contro il suo pianeta d’origine.
Virò abilmente la sua navetta, simile ad uno strale argenteo, in mezzo ai colpi e sfrecciò oltre il mare di nuvole; il maestro le diceva sempre che il suo modo di pilotare gli faceva pensare ai leggendari Jedi dell’Alta Repubblica con i loro Vector, ma per Syril era un complimento davvero eccessivo.
La navetta raggiunse infine lo spazio aereo sopra il piccolo villaggio natale della Padawan e lei rimase a bocca aperta: le case erano in fiamme e soldati in armatura bianca uccidevano senza pietà la popolazione civile. Uno di essi notò il velivolo e alcuni mortai iniziarono a tempestarlo di colpi, costringendo la giovane ad un atterraggio di fortuna nella baia vicina, dato che l’abitato sorgeva sul mare.
Syril, che aveva portato con sé la sua spada laser a doppia lama, sentì una rabbia terribile impadronirsi di lei e, dopo aver attivato l’arma, corse contro il piccolo contingente: sembravano soldati imperiali, ma con alcune differenze. Li falcidiò come il grano, in mezzo ad uno scenario surreale, circondata dal sole, il mare e il profumo della salsedine.
Quando l’ultimo soldato si arrese, gettando a terra il Blaster, la ferocia che si era impadronita di Syril si placò e lei vide l’uomo tremare di paura, circondato dai cadaveri dei suoi compagni: “Stavamo solo eseguendo gli ordini del Leader Supremo!” gridò il soldato, dopo essersi tolto l’elmo. Era un umano poco più grande di lei, un ragazzo.
“Vattene!” tuonò lei e l’altro non se lo fece ripetere, correndo a perdifiato e senza mai voltarsi.
Syril raccolse il suo Blaster dalla sabbia e lo gettò in mare in un impeto di rabbia residua, poi si fermò ad osservare la carneficina che aveva contribuito a creare.
Il Lato Oscuro si è impossessato di me per un momento, pensò, spaventata e dilaniata, tremando come una foglia nonostante la temperatura mite. Tentò di calmarsi, a fatica, e poi cercò eventuali superstiti.
Pregò la Forza con tutta se stessa affinché la sua famiglia stesse bene, ma ovunque vi erano cadaveri di Rodiani e pareva che tutti fossero caduti sotto i colpi dei soldati. Infine, vide entrambi i suoi genitori, stesi in una pozza di sangue.
Syril cadde sulle ginocchia e li osservò, in silenzio, un silenzio irreale, per diversi minuti, per poi cedere nuovamente alle sue emozioni. E pianse senza ritegno fino a sera, abbracciando i suoi cari ormai privi di vita.
Quando la Padawan ebbe finalmente la forza per rialzarsi, decise di seppellire tutti i morti, indistintamente.
Finalmente si calmó aprendosi completamente alla Forza e si ricordò che, da qualche tempo, si diceva che un gruppo noto come Primo Ordine compisse atti criminali verso la Repubblica, ma che riuscissero sempre in qualche modo a farla franca; Syril disse a se stessa che stavolta non sarebbe andata così ed avrebbe informato la Repubblica ed ottenuto giustizia.
Era tuttavia necessario informare prima il maestro, che era in contatto con individui potenti come la senatrice Leia Organa, e far presente la situazione, perciò ritornò rapidamente al tempio, dal momento che la sua navetta non aveva subito danni così gravi come aveva inizialmente pensato; durante il viaggio, ricacciò a fatica nuove lacrime.
Appena raggiunse la superficie del pianeta, vide nuove fiamme ed il tempio avvolto dal fuoco vivo.
Scese dalla navetta e corse fino alla piazza principale e, in quel luogo, osservò Ben Solo che uccideva senza alcuna remora tre allievi, per poi andarsene con alcuni cavalieri vestiti di nero. Poté solo pregare per i compagni caduti, e ne trovò sempre di più, trucidati senza pietà da colpi evidenti di spada laser.
Cercò allora il maestro Luke, ma non trovò né lui né R2-D2, il suo droide astromeccanico. Che diamine era successo?
Distrutta da così tanto dolore senza senso e tutto nell’arco di un ciclo, Syril venne travolta dalla paura, perciò decise di fuggire il più lontano possibile da tutta quella morte; una volta placato il suo tormento , la Rodiana avrebbe cercato di capire la situazione e deciso cosa fare.
La Padawan trascorse così 8 lunghi anni in incognito, lontana da potenziali minacce, pagandosi vitto e alloggio con lavoretti saltuari in mondi ai margini della Galassia, soprattutto come cameriera. Fu in una di queste circostanze, su Corellia, che servì alcuni individui sospetti, ignari che lei conoscesse diverse lingue oltre al Basic e il Rodiano e che, grazie al fragile ma ancora esistente legame con la Forza, era in grado di percepire le loro intenzioni.
Decise di seguirli nei loro viaggi nell’Orlo Esterno e, durante un appostamento in un locale, venne a sapere da un ologiornale che il suo adorato maestro, Luke Skywalker, si era sacrificato per salvare la Resistenza e chi si batteva contro il feroce Primo Ordine, e pareva che egli avesse un’erede spirituale, un’umana talmente potente nella Forza da essere sulla lista nera di molti cacciatori di taglie.
Syril non versò una lacrima allora, ma giurò sulla memoria del suo mentore che avrebbe sgominato la minaccia legata all’egemonia Grysk perché è ciò che avrebbe fatto lui. Non fuggirò più, maestro, si disse.

Calde lacrime iniziarono a scorrere sul volto della Jedi quando impugnò la sua spada laser e l’accese, rivolgendosi verso il Grysk: “Ho promesso al mio maestro che non sarei più fuggita, perciò adesso ti affronterò con tutto quello che ho, per impedire che tu e la tua egemonia possiate fare del male alla Galassia!” si asciugò il viso con il dorso della mano e, immersa in una calma finalmente imperturbable, guardò il cavaliere.
Il suo avversario rise di nuovo e parlò in Basic: “Il patetico impero che governava su questa galassia sapeva che saremmo arrivati e ci saremmo presi tutto, ma erano convinti di poterci fermare, e che fossimo una minaccia trascurabile. Oggi, vi dimostrerò che non è così!”
Il Grysk trasse dai bracciali due lame e si preparò a combattere, poi vide un altro Rodiano ed una Mandaloriana che stavano cercando di rialzarsi da sotto i detriti e li riconobbe. Una furia cieca si impadronì di lui: “Voi! Siete ancora vivi? Me la pagherete molto cara!”
Senza aggiungere altro, scattò contro di loro, ma le sue lame cozzarono contro due barriere energetiche color giada.
I due combattenti parevano alla pari, nonostante Syril non avesse completato il suo addestramento, ma lo stallo durò poco più di un minuto, perché la donna iniziò a sentirsi sempre più debole, come se qualcuno o qualcosa risucchiasse le sue energie.
L’altro Rodiano, che finalmente era riuscito a mettersi in piedi, dopo essersi liberato le gambe da parte dei detriti, notò che un piccolo oggetto legato alla cintura del cavaliere, apparentemente una statua o un’icona, brillava di una tenue luce rossastra.
Syril pareva non essersi accorta di nulla, probabilmente perché troppo concentrata sul combattimento.
Malek ricordò le sue parole: “ho scoperto ciò che volevano fare i tizi incappucciati: recuperare un antico artefatto che può sopprimere, temporaneamente, il collegamento tra un individuo potente nella Forza e la Forza Cosmica stessa, lasciandolo debole come un bambino.” Era dunque quello l’artefatto?
Sebbene titubante, Malek scivolò sotto le gambe del potente guerriero e, con un coltello multiuso che aveva con sé da sempre, ma usava raramente, tentò di strappare l’oggetto dalla cintura.
Kraan’Daar Solmanix era totalmente concentrato sulla Jedi, perciò non notò immediatamente l’insetto che stava cercando di privarlo della sua chiave per la vittoria, ma i tentativi del Rodiano si rivelarono piuttosto goffi e il Grysk, che aveva un conto in sospeso con lui, lo afferrò per il collo come se fosse un toporago, sollevandolo da terra: “Mi hai risparmiato la fatica di venirti a cercare, assassino! Ti farò morire tra atroci sofferenze, per ciò che hai fatto, e mi godrò ogni istante. Poi, sarà il turno dei tuoi compagni!”
Inebriato dal trionfo imminente, con la Jedi ai suoi piedi travolta da convulsioni e spasmi violenti, il Grysk sollevò una delle lame sopra Tee-Lora, che si era appena rimessa in piedi strisciando fuori da un pezzo di lamiera. I bracciali in Beskar della giovane sembravano offrire una protezione ben misera contro l’arma del cavaliere che riuscì a spezzarli e far sanguinare l’umana. La Mandaloriana ricadde a terra, tremante: antiche leggende narravano di materiali in grado di tagliare persino il Beskar, ma non avrebbe mai pensato di vedere una lama costituita di un metallo simile.
La situazione pareva disperata, ma Kraan’Daar era troppo pieno di sé ed aveva fatto i conti senza il vetusto sistema di contenimento della Regina Suprema, che finalmente si era attivato e stava normalizzando la situazione nella camera di equilibrio, e Kuryan, che era infine riuscito a liberarsi dagli ultimi frammenti di metallo che lo avevano quasi completamente sepolto.
Il Quarren, nonostante alcune vistose ferite, afferrò la spada laser di Syril e, con un movimento rapido, colpì la cintura del cavaliere, facendo cadere l’artefatto. Nel momento in cui il Grysk se ne accorse, affondando la lama in un braccio di Kuryan, Tee-Lora ne approfittò per colpirlo con due fischianti al collo, nel punto in cui si trovava il cavo di collegamento tra l’elmo e il resto dell’armatura. L’impatto non fu così efficace come nello scontro avvenuto su Minas, ma fece perdere le forze al cavaliere, che lasciò cadere Malek.
Il Rodiano, nonostante fosse scosso da violenti colpi di tosse, afferrò l’artefatto e lo scagliò con tutta la forza oltre la barriera che separava la Lady Kryze dal vuoto cosmico. L’icona venne inghiottita dalle tenebre del freddo spazio e il suo potere malefico con essa.
Poco dopo, il Grysk si rimise in piedi e sollevò le braccia per trafiggere il Rodiano ancora di spalle con entrambe le lame, ma un lampo color giada colpì rapidamente e con precisione le braccia del cavaliere, che caddero al suolo con un rumore sordo. Kraan’Daar osservò i moncherini dilaniato più dalla rabbia, che dal dolore, irretito dalla tenacia della Jedi.
Improvvisamente, un nuovo boato scosse la Regina Suprema, il primo di una serie di deflagrazioni. Da un terminale audio, si poté udire una comunicazione: “La Regina Suprema è caduta sotto gli attacchi degli invasori, ma non lascerò che abbiano la mia nave! Ho attivato il protocollo di autodistruzione. Pyrak, se mi stai ascoltando, mettiti in salvo!” la voce di Drasha si fece sempre più flebile, finché non si interruppe bruscamente.
Un enorme pezzo di lamiera si sollevò e, gettandola a lato, Kix trascinò fuori Diva Mi e il giovane Zygerriano, ancora privi di sensi; gli aveva protetti con il suo corpo e presentava numerose ferite, soprattutto alle braccia e sul viso: “Per tutti i miei fratelli, me lo sono vista brutta. Anche se forse non così brutta come quella volta su Umbara!” commentò acido lui, sputando un po’ di sangue a terra.
“Dobbiamo scappare, Dank Farrik! Muovete le chiappe e saliamo sulla Lady Kryze, o finiremo in tanti pezzettini!” esclamò Tee-Lora, attivando il portellone principale della sua astronave.
“Non penserete davvero di fuggire?” tuonò il Grysk, che era stato sollevato da due droidi metallici giunti dalla sua navetta; dei minacciosi mitragliatori Blaster spuntavano dal loro sterno ed erano pronti ad aprire il fuoco: “Moriremo tutti qui ed avrò la mia vendetta!”
“Ma, dico io, si può sapere che ti abbiamo fatto?” osò chiedere Kuryan, tenuto sotto braccio da Malek.
“Avete ucciso il mio amato su Minas, ecco cosa, stupido di un Quarren! Adesso pagherete con la vita!”
Tuttavia, prima che potesse ordinare ai droidi di aprire il fuoco, qualcuno lo precedette e colpì con precisione uno dei blocchi metallici posti sopra di lui e i suoi servitori robotici. Malek vide di sottecchi che a sparare era stato Kix; dopo aver disposto su due lettini la Kaminoana e lo Zygerriano, l’uomo aveva impugnato un Blaster ed era uscito dalla Lady Kryze, probabilmente per coprire chi ancora doveva salire a bordo.
La pesante lastra metallica, molto più grande di quella che era caduta in precedenza a causa del missile, seppellì il Grysk e i suoi droidi: “Tutto molto toccante, ma tu hai quasi ucciso un tizio che non avevi mai visto, in nome della tua cosiddetta vendetta. Se proprio devi vendicarti, scegli gli obiettivi giusti, non chiunque ti capiti a tiro; l’odio fine a se stesso non serve a nulla.” esclamò il Clone, invitando Malek e gli altri ad accelerare il passo.
Poco dopo, la Lady Kryze decollò e riuscì ad allontanarsi dalla Regina Suprema pochi istanti prima che essa esplodesse illuminando lo spazio aperto per un breve istante. L’astronave Grysk parve scomparsa nel nulla, ma era evidente che fosse saltata nell’iperspazio e che, prima o poi, l’egemonia sarebbe tornata a minacciare nuovamente la Galassia.

Epilogo

Malek e Kuryan osservarono il blu screziato dell’iperspazio dall’oblò della loro stanza, quindi decisero di andare a parlare con Tee-Lora sul da farsi; l’egemonia Grysk era una minaccia che non poteva essere ignorata e loro dovevano fare qualcosa, informando ad esempio gli ex membri della Resistenza, come il generale Poe Dameron.
Il Quarren e il Rodiano attraversarono tutta l’astronave per la sua lunghezza; gli altri ospiti della Lady Kryze erano distesi in vari lettini per recuperare dalle ferite e solo Kix, che stava cercando da giorni di mettersi in contatto con il suo capitano, il Corsaro Cremisi, era già in piedi e attivo. Li salutò con un gesto della mano dalla piccola sala comunicazioni di bordo.
“Chi avrebbe mai detto che un Clone fosse diventato un pirata. A tal proposito, dico io, sarebbe interessante ascoltare la sua storia.” borbottò Kuryan.
“Anche io sono curioso, ma adesso è più importante parlare con Tee-Lora.” rispose Malek quando furono nei pressi del ponte, rivolgendo tuttavia un pensiero a Pyrak; come avrebbe reagito alla notizia della morte della madre?
I due amici si fermarono di scatto quando si accorsero che la Mando stava parlando con Syril: “… E così, questa è la tua storia, eh? Anche io ho perso i miei a causa del Primo Ordine, perciò ti capisco bene.
Tuttavia, i miei non vorrebbero che mi piangessi addosso, perciò devo andare avanti. Ah, per quel che vale, grazie per averci salvato tutti; sei stata incredibile. Dunque è vero quello che si racconta sui Jedi.” disse Tee-Lora, in tono allegro e rilassato, una novità per tutti.
“È tutto merito della Forza. Pensa che io sono poco più di un allievo. In effetti, sono Padawan da anni e non so se diventerò mai cavaliere.”
“Aspetta un momento… Mi stai dicendo che sei ancora una studentessa? E nonostante ciò, hai salvato le chiappe a tutti noi? Comincio a capire perché sia lady Bo-Katan che sir Din avessero così tanto rispetto per voi Jedi, nonostante i miei dubbi.
Ciò non toglie che, d’ora in poi, ti chiamerò “novellina”, sia perché non hai ancora raggiunto la piena maturazione come Jedi sia perché ho una proposta da farti, una proposta che non potrai rifiutare.”
“Scusami, capitano Tee-Lora Krona, ma detta così suona malissimo. Se rifiutassi cosa faresti? Mi troverei una testa di Taun-Taun nel letto?” le rispose Syril, in tono pacato; non si capì se fosse seria o stesse scherzando.
“Ma che vai mai dicendo? Prima di tutto, dovrei andare su Hoth e non mi pare il caso. E poi, sai quanto puzzano quei cosi? No, al massimo, se rifiuti, ti farò pagare il doppio di quanto mi devi.
Se accetti, non dovrai pagare nulla e la proposta è semplice: vieni a lavorare per me. Offro: vitto, alloggio, una paga basata sul tipo di incarico che ci affida la gilda e viaggi intergalattici.”
“Ma io sono una Jedi…” protestò timidamente la Rodiana.
“Voi Jedi non mangiate? E poi, io sono sola soletta con quei due maschietti. Avere un po’ di compagnia mi farebbe piacere, anche perché pare che tu stia molto a cuore a Malek, sai? Avrai notato come ti guarda.”
Syril parve arrossire: “Se me lo chiedi come amicizia, posso restare, almeno per un po’.
Riguardo Malek, mi hanno insegnato che l’attaccamento è sbagliato, anche se l’amore potrebbe andare bene.”
“Ottimo! E da cosa nasce cosa. Per il resto, chissà.
Ad ogni modo, te lo chiedo davvero come amica: resta. Non sei tanto male, per essere un Jedi.”
“Anche tu non sei tanto male, per essere una Mandaloriana. E va bene, va bene, hai vinto: resto.”
Le due donne risero di cuore, e si accorsero solo qualche istante più tardi che Malek e Kuryan avevano fatto capolino sul ponte: “Ah, eccovi, sottoposti. Abbiamo un nuovo membro nella nostra gabbia di matti. Salutate Syril Karilla, la novellina!”
I “sottoposti” non avevano mai visto il loro “capitano”, a volto scoperto, sorridere così; sembrava un’altra persona. Poco dopo, si congratularono con la Jedi e spiegarono la ragione della loro presenza sul ponte.
Tee-Lora ascoltò con attenzione ciò che avevano da dire, si scolò un goccetto di liquore recuperato chissà dove – forse a bordo della Regina Suprema – e si fece nuovamente seria: “Dovremmo avvisare gli ex membri della Resistenza o chiunque possa aiutarci ad opporci all’egemonia Grysk.” concluse Malek in tono accorato.
“Dovremmo? Guarda che il mio scopo principale è restare viva e poter liberare, un giorno, Mandalore, sempre che esista ancora.”
“Io invece credo che tocchi proprio a noi agire. Potremmo informare la Jedi Bianca, l’allieva di maestro Luke che ha aiutato a sconfiggere il Primo Ordine, oltre a Poe Dameron e tutti gli ex membri della Resistenza. Potremmo formare una coalizione, così da salvare la nostra Galassia e liberare Mandalore; una cosa non esclude l’altra, per la Luce!”
“Anche tu sei con loro, novellina? E va bene, ci penserò su, ma non posso ragionare a stomaco vuoto, perciò adesso si mangia!” bofonchiò Tee-Lora.
“Si, ma anziché le solite razioni, che ne dite se prepariamo qualcosa di fresco tutti insieme? Ho tratto in salvo uno degli Astromecca che stava riparando la Lady Kryze, e mi ha indicato la posizione di un pianeta non lontano da qui in cui potremmo procurarci tutto il necessario. Che ne dite, ci andiamo?”
Tee-Lora annuì e inserì i dati di navigazione, uscendo dall’iperspazio a breve distanza dal pianeta. Syril si avvicinò ad una finestra che dava su quel mondo verde e pacifico, e a lei si unì Malek.
Mentre la Lady Kryze scendeva dolcemente verso il pianeta, una serie di “bip” fece voltare i due Rodiani e un droide astromeccanico dalla testa a cupola si affiancò a loro: “Bello, tutto bianco e verde. Come si chiama?” chiese la Jedi.
“H0-P3.”
“Sono sicura che non sia un caso, ma un dono della Forza.”

Kraan’Daar Solmanix si risvegliò su una fredda e asettica branda. Notò che i suoi nuovi arti meccanici sembravano essersi perfettamente adattati al suo corpo e sorrise; la sua vendetta si sarebbe compiuta con il trionfo dell’egemonia sui patetici abitanti della Galassia. I Grysk avrebbero portato prosperità e ordine in ogni angolo dell’universo, ne era certo.
Adesso, doveva solo pianificare la prossima mossa; non avrebbe più permesso che la sua furia lo portasse a sottovalutare gli avversari che lo avevano privato del suo amato e delle braccia. Avrebbe sconfitto tutti loro e chiunque si fosse frapposto all’egemonia.

RiccardoR:
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