The Last Jedi: considerazioni sulla Forza
La Forza ha un modo tutto suo, dinamico ed imprevedibile, di tenere le cose in equilibrio. E se tale principio, già ampiamente riscontrabile nelle parabole di Luke e Anakin, valeva molto fino a ieri, vale oggi ancora di più, alla luce degli eventi di Episodio VIII. Vuoi perché questo equilibrio, alias armonia del creato, non viene affatto ottenuto attraverso la risoluzione di tutte le tensioni umane e del cosmo; vuoi perché abbiamo capito, con forza, che la Forza è forte per davvero.
E’ come una madre autorevole, suprema matrona della casa e dei figli; potente perché dominatrice del reale e del potenziale, cioè di tutto ciò che potrebbe essere, signora di un’energia tutt’altro che statica, bensì in divenire e in continuo movimento.
La Forza come narratrice bellicosa
Oltretutto, come se non bastasse, questa “mamma Forza” sa ordire e poi narrare le sue trame maledettamente bene. Non racconta tutti i giorni, ma quando lo fa sa avvincere i suoi bambini – non importa di quale generazione – e incantarli con le sue storie appassionate, vivide… sa spingerli a guardare lontano all’orizzonte (l’impronta disneyana, a mio avviso, sta compiendo meraviglie). Altro che piattume utopistico e irrealizzabile! L’equilibrio nella Forza, ci rivela Johnson con coraggio, non c’entra nulla con l’assenza di tensione. Perfino la pace, all’interno del suo grande mosaico, non è che un tassello, importantissimo quanto il suo opposto; e Lato Oscuro e Lato Chiaro non sono mai stati tanto vicini e tanto lontani – Kylo e Rey ce lo hanno mostrato – come lo sono adesso.
L’armonia che ogni volta la Forza si impegna a creare, insomma, è il frutto di una lotta feroce, sia interna che esterna, è la sintesi totale che nasce dall’incontro-scontro, quanto mai dialettico, tra tesi ed antitesi; è la dualità dicotomica di chi lotta per distinguersi e proprio per questo, paradossalmente, genera vita, musica, narrazione.
(E in tutto questo io autore me la rido, perché nello spaccamento selvaggio dei fan di fronte a Episodio VIII non vedo altro che l’ennesimo equilibrio nella Forza, nato da una tensione portatrice di vita.)
L’importanza di schierarsi
Se fosse tutto immobile, la Forza non esisterebbe. Si pensi a Luke Skywalker, il “Jedi ateo” che vive in esilio, chiusosi al mistero perché incapace di accettarlo nella sua totalità; si pensi all’armonia vivificante, ristabilita nel finale, attraverso l’ultimo suo indimenticabile slancio, poeticissimo e quasi cristologico.
Vincere o perdere non è così importante, quando l’arbitro è la Forza. Scegliere una strada e battersi per essa, mettercela tutta e non tirarsi indietro, imparare a conoscersi, anche e soprattutto sbagliando, in una parola crescere: è questo che la Forza vuole, che insegna alle generazioni col suo fluire continuo, nella sua eterna e continua tensione tra luce e oscurità.
Per essere in sintonia con essa, per portare Equilibrio, non serve necessariamente vincere, o rimanere in vita. Non serve che gli eroi trionfino sempre, che vincano perché è giusto così. Non serve, perché sia nel nostro mondo che in quello di Star Wars, opera nata fanciulla ma oggi matura e attuale più che mai, non è così che vanno le cose.
La parzialità dei Jedi
E allora eccola, forse, la lezione di Episodio VIII, il capitolo del training – come tradizione comanda – nonché centro e cuore pulsante della “trilogia delle eredità“. E tale lezione, valida sia per Rey che per noi, ce la impartiscono proprio Luke e Yoda, forse i più grandi sconfitti dalla vita e tuttavia, nonostante questo, i più grandi maestri Jedi di tutti i tempi. Entrambi hanno compiuto l’impossibile e dall’alto della loro leggenda scoprono di non essere infallibili. Entrambi, per molto tempo, hanno creduto e predicato incrollabilmente la loro Forza, confidando nell’esattezza e centralità assoluta di un sapere fallace, parziale.
A che serve tramandare quel sapere, se non risolve il grande enigma? A che serve fregiarsi del titolo di maestro, quando non si è in grado di custodire un allievo? Nessuno è infallibile, è vero, ma quanto pesa lo sbaglio di un maestro? Meglio, a quel punto, che tutto si perda, che bruci: ecco il grande dramma di Luke Skywalker.
Il maestro come esempio
Ma per fortuna ci pensa Yoda, meravigliosamente, a rimettere insieme ogni pezzo: la via dei Jedi non è che una strada, una delle tante vie possibili nel grande gioco dell’Equilibrio. Non sono i suoi precetti ad essere importanti, né i suoi templi: prendano pure fuoco disintegrati dai fulmini, il segreto è nel maestro, non in ciò che insegna!
Nella nobiltà dei suoi ideali, nella sua ricerca mai conclusa del sapere, nella ferma dolcezza della sua mano e nella sua moralità vigorosa, ecco dove sta il suo esempio, la sua verità nella Forza!
Nel loro essere costantemente in viaggio e necessariamente schierati; ma soprattutto attraverso l’esperienza della disfatta e del fallimento, Yoda e Luke ci tramandano la più grande lezione che hanno imparato: che si può sempre trovare in sé la Forza di rialzarsi, di perdonarsi, di riaprirsi alla vita.
L’Equilibrio della Principessa Skywalker
In ultimo, visto l’impatto che questa scena ha avuto, mi piace concludere con il volo di Leia. Da molti ritenuto discutibile, eccessivo, inutile, per non dire di peggio; per me, al di là di alcuni limiti interni all’economia del film, l’omaggio supremo del fato alla nostra Principessa. Come dicevo ad inizio articolo, la questione dell’Equilibrio corre su un filo imprevedibile e dinamico.
E questa scena, per un curioso scherzo del destino, o della Forza, da “errore narrativo” diviene allegoria di un volo immortale, la consacrazione definitiva di Carrie Fisher destinata a camminare per sempre, leggera come un angelo, tra lo spazio infinito.
Perciò, invece di lamentarci, proviamo a guardare lontano, per una volta; spingiamoci con lo sguardo all’orizzonte come Luke e forse, tra molti e molti anni, la rivedremo ancora lì, mentre la Forza è con lei.
Bellissimo, ma vogliamo parlare anche di qualcosa di veramente importante? Ovvero: con chi si metterà assieme Rey? Finn? Poe Dameron (a molti non è sfuggito lo sguardo “ammirato” del comandante sulla jedi)? Kylo Ren? O Ben Solo (inteso come la parte “luminosa” di Kylo Ren)?
Ti ringrazio per i complimenti! E no, non è sfuggito, ma va bene così, dopotutto anche nella trilogia di Luke, sentimentalmente parlando, c’erano stati rivolgimenti inattesi! Speriamo solo che il tutto sia sviluppato in maniera coerente.
A me è piaciuto molto l’articolo, complimenti. Potendo avrei aggiunto un’altra osservazione che ritengo fondamentale: il ruolo della religione nel contesto spirituale dell’epoca del film trasposta al 2017 della nostra galassia vicina vicina. Yoda, e un po’ il film in generale, ci dicono che non è importante dove custodisci il sapere e dove lo tramandi, ma che tutto quello di cui abbiamo bisogno, nel film Rey, è dentro di noi, e che siamo giunti in una fase storica, quella della consapevolezza, che investe tutte le nuove generazioni. Che distruggeranno (in senso buono) miti, idoli e costruiranno il proprio tempio all’interno di sé. A mio modo di vedere è un’analisi non solo plausibile, ma profonda e che svela una grande conoscenza del mondo che verrà con la prossima generazione.
Ciao Lorenzo, ti ringrazio. Il tuo appunto è interessante e pertinente: la tematica spirituale, anzi religiosa, è certamente viva e presente, eccome se lo è! Tuttavia, dato che tali argomenti sono sempre rischiosi e delicati, ho preferito non addentrarmi in speculazioni teologiche e conferire al mio discorso una validità generale. Per chi sa leggere tra le righe – le mie ma soprattutto quelle della pellicola – il collegamento al sacro è inevitabile e necessario.