Disney e LucasFilm in causa per uso improprio del volto di Peter Cushing dopo la sua morte: i dettagli della vicenda
L’utilizzo della CGI e della tecnologia Deepfake per ricreare volti umani è ancora ampiamente dibattuto, soprattutto in merito ai diritti di utilizzo. A maggior ragione se i detentori della propria immagine sono morti da tanto tempo e la questione riguardante i vari consensi è nebulosa. Di recente proprio per questa questione un produttore cinematografico ha fatto causa alla Disney e a LucasFilm per aver utilizzato le sembianze di Peter Cushing in Rogue One, 22 anni dopo la sua morte. Vediamo di seguito tutti i dettagli del caso.
La citazione in giudizio
Peter Cushing è noto soprattutto per la sua apparizione nel film Star Wars del 1977 nel ruolo del Grand Moff Tarkin. L’imponente attore britannico ha reso questo personaggio uno dei preferiti dai fan e quando la Disney e LucasFilm hanno prodotto e sviluppato Rogue One: A Star Wars Story, prequel degli eventi di Una Nuova Speranza, è sembrata quasi una scelta obbligata riportare in vita il personaggio. E ciò è stato possibile utilizzando la CGI sul volto di un altro attore, Guy Henry.
Di recente il produttore cinematografico e amico di Peter Cushing, Kevin Francis, ha intentato una causa legale contro il Gruppo Disney proprio per aver resuscitato digitalmente le sembianze dell’attore nel 2016. Francis sostiene che l’attore in passato non aveva acconsentito a riprodurre le sue fattezze senza il suo permesso.
La notizia è salita alla ribalta della cronaca poiché il Gruppo Disney non è riuscito a far respingere la richiesta dall’Alta Corte di Londra, dove Francis ha presentato la causa.
La società di Francis, la Tyburn Film Productions, non ha citato in giudizio solo la Disney, ma anche la LucasFilm, che detiene i diritti del franchise di Star Wars, la Lunak Heavy Industries, che ha prodotto Rogue One, e addirittura l’agenzia e gli esecutori testamentari di Cushing, deceduto nell’ormai lontano 1994.
Le ragioni della difesa e dell’accusa
Nel 2016, la Disney ha ritenuto di non dover richiedere alcuna autorizzazione formale per ricreare il volto di Cushing a causa dei termini del contratto per il film del 1977, dove vigeva la possibilità di utilizzi futuri della sua immagine. Quindi, la casa di produzione ha pagato alla proprietà di Cushing circa 33.000 euro per l’utilizzo della sua immagine. Perciò Disney ritiene di aver ottenuto anche il consenso per i diritti sulla sua immagine dai suoi eredi, sotto compenso, e porterà avanti queste linee difensive.
Di contro, Francis ha presentato un accordo firmato dall’attore nel 1993, quando i due stavano realizzando il film televisivo A Heritage of Horror, in cui si afferma che l’immagine di Cushing non poteva essere utilizzata addirittura senza il permesso di Francis.
Su questa base, lunedì l’Alta Corte ha respinto la richiesta della Disney di archiviare il caso. Il giudice Tom Mitcheson ha osservato di non essere “persuaso” che Francis vincerà la causa, ma di non essere “nemmeno persuaso che il caso sia inoppugnabile al livello richiesto per dare un giudizio sommario o per escluderlo”.
“In un’area di diritto in via di sviluppo è molto difficile decidere quali siano i limiti in assenza di un’indagine completa sui fatti”. La questione perciò verrà dibattuta in tribunale, e anche se le possibilità di vittoria di Francis sono scarne il caso farà sicuramente giurisprudenza in un’area di diritto ancora poco regolamentata.
Possibili sviluppi futuri
Disney e LucasFilm negli anni a seguire hanno regolarmente utilizzato effetti digitali per volti e voci. Carrie Fisher è apparsa in Star Wars: The Rise of Skywalker tre anni dopo la sua morte, nel 2019, grazie alla CGI e a filmati precedenti non utilizzati. Il tutto previa autorizzazione dei suoi eredi. James Earl Jones, morto questa settimana all’età di 93 anni, aveva già dato l’ok affinché la sua voce fosse utilizzata digitalmente nel 2022, e ciò avvenne per il doppiaggio di Darth Vader nella serie Obi-Wan Kenobi (dove il performer vocale è Hayden Christensen e la voce è quella di Jones). E’ perciò probabile che l’attore abbia dato il suo consenso anche post mortem.
Così come potrebbe aver fatto Mark Hamill, che ha sempre partecipato attivamente alla ricostruzione del suo personaggio Luke Skywalker da giovane. Si tratta di una tecnologia che è destinata a proliferare, ma allo stesso tempo dovrà sicuramente ottenere una regolamentazione che non si limiti a dover essere analizzata caso per caso.
Lo Stato della California ad esempio ha approvato una legge che richiede il consenso degli interpreti per l’utilizzo delle loro sembianze da parte dell’IA dopo la loro morte. E’ possibile che molti altri paesi in futuro legifereranno in questo senso, proprio per evitare tantissime diatribe legali e situazioni nebulose.
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