ALLARME disoccupazione, se hai Netflix prendi la multa di 5.000€: il Fisco ha già inviato le lettere | Nuove regole attive

Il Fisco adesso lancia l'allarme anche per Netflix - Insolenzadir2d2.it (DepositPhoto)
Cresce l’allarme disoccupazione, con la multa da 5mila euro che potrebbe arrivare anche se hai Netflix. Il Fisco invia lettere: cosa succede.
Tutti sappiamo di come il Fisco italiano effettua dei controlli sulle spese dei cittadini. Questo avviene principalmente per contrastare l’evasione fiscale. Analizzando le spese sostenute dai contribuenti le spese sostenute dai contribuenti, l’Agenzia delle Entrate può individuare discrepanze tra il reddito dichiarato e il tenore di vita effettivo, segnalando possibili casi di redditi non dichiarati.
Questi controlli vengono fatti con diversi strumenti. Tra questi troviamo il “redditometro“, che permette di stimare il reddito presunto di un contribuente basandosi sulle sue spese e sul possesso di determinati beni. Se il reddito stimato supera significativamente quello dichiarato, il contribuente potrebbe essere soggetto a un accertamento fiscale.
Allo stesso tempo l’Agenzia delle Entrate ha acceso ad una vasta gamma di dati finanziari, inclusi i movimenti sui conti correnti. Questo consente di effettuare controlli incrociati tra le informazioni dichiarate e le transazioni finanziarie effettive. Inoltre nelle spese dei cittadini potrebbero avere un’influenza nei controlli anche l’abbonamento a Netflix.
Inoltre il monitoraggio delle spese permette al Fisco di verificare con correttezza le dichiarazioni dei redditi e di assicurare che tutti contribuiscono equamente al finanziamento dei servizi pubblici. Ora in però c’è una grande novità che riguardante i controlli, che si fanno sempre più stringenti.
Netflix, allarme Agenzia delle Entrate: come vengono controllate le spese
Stando agli ultimi sviluppi giurisprudenziali la Corte di Cassazione ha introdotto un importante cambiamento in merito ai controlli fiscali, stabilendo che anche le prove acquisite in modo irregolare possano essere considerate valide, a meno che non violino specifici diritti costituzionali.
Questa novità è nata dalla sentenza n. 8452 del 31 marzo 2025, secondo cui nel diritto tributario non esiste un principio generale di inutilizzabilità delle prove ottenute con modalità non conformi. Il riferimento alla procedura penale dove questo principio è previsto non va a trovare applicazione automatica nel contesti fiscale.

La decisione dell’Agenzia delle Entrate, controlli più stretti: verranno accertate le irregolarità
Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza sono quindi pronti a svolgere controlli per accertare eventuali irregolarità nei versamenti dei tributi. Anche se queste verifiche devono essere svolte nel rispetto dei diritti dei contribuenti. Quindi l’accertamento fiscale si basa più sulla sostanza degli elementi raccolti che sulla forma con cui sono stati acquisiti.
Quindi la sentenza della Cassazione rafforza l’idea che il processo tributario debba restare distinto da quello penale In quest’ultimo le prove raccolte illegittimamente non possono essere utilizzate. La stessa normativa ribadisce che solo in presenza di indizi di reato le attività degli organi di controllo devono seguire le regole proprie del processo penale.