The Acolyte: tutti i riferimenti e gli easter egg del primo episodio!
La serie The Acolyte ha finalmente debuttato su Disney Plus con la premiere composta dai primi due episodi. Poiché entrambi sono ricchissimi di tematiche, riferimenti ed easter egg li analizzerò separatamente, partendo dalla prima puntata (trovate qui la video analisi completa). Vediamo di seguito tutti i suoi dettagli, ovviamente con spoiler!
The Acolyte 1×01: titolo e riferimenti temporali
Il titolo del primo episodio di The Acolyte, “Perso/Ritrovato”, richiama quello che sarà il “mini” plot twist della premiere, e cioè la presenza di due sorelle gemelle. Si tratta di una rivelazione che ci era stata presentata in molti spot e clip promozionali. Avrei preferito che rimanesse nascosta fino al debutto, ma comunque viene rivelata sin da subito quindi poco male. Sappiamo che non sarà questa la rivelazione principale della serie, e le intenzioni di renderlo chiaro sin dall’inizio erano palesi. Anche il secondo episodio adotterà un titolo doppio, e probabilmente questo elemento accomunerà tutti i successivi.
La prima puntata di The Acolyte presenta una sorta di opening crawl che ha ovviamente lo scopo di guidare lo spettatore verso la situazione geopolitica del periodo di ambientazione della serie: è un’epoca di pace, in cui l’Ordine dei jedi e la Repubblica hanno prosperato per secoli senza guerre su larga scala (se escludiamo i conflitti con i Nihil). Per rendere al meglio il concetto di pace, che sarà fondamentale per capire il modo in cui i jedi agiscono e combattono in questo periodo, viene detto che ci troviamo 100 anni prima dell’ascesa dell’Impero Galattico, ma non è del tutto esatto. Siamo infatti nel 132 BBY, più precisamente 100 anni prima delle vicende di Episodio I.
La ricerca di Mae
L’episodio si apre su Ueda, una location inedita in Star Wars, dove la protagonista Mae raggiunge un villaggio in cui si trova la Maestra jedi Indara. Avevamo già visto il suo abbigliamento nei trailer, ma ora sappiamo che è ispirato a quello dei samurai e dei guerrieri bizantini, e presenta una sezione sulla cassa toracica modellata con veri germogli di bambù.
All’entrata di questo villaggio è presente un arco che rappresenta un’architettura caratteristica in Star Wars, poiché ispirato a quello dei concept art di Ralph McQuarrie. Ne vediamo uno simile, sempre ispirato a questi iconici concept, nell’avamposto di Niima in Episodio VII. Sia qui che all’interno del locale in cui si reca Mae vediamo una grande varietà di specie aliene, praticamente quasi tutte inedite. Anche il droide cameriere di questo locale di noodle rappresenta un modello inedito.
I noodle e i negozi che li vendono invece sono molto popolari in Star Wars, e li vediamo in moltissime opere tra serie tv, serie animate, romanzi e fumetti. Questo in particolare si chiama Lomi Usqi noodle shop, e rende omaggio al locale visto nell’iconico film Come Drink with Me (conosciuto in Italia con il titolo “Le implacabili lame di rondine d’oro”).
Mae si avvicina al tavolo in cui si trova Indara, affermando di avere un conto in sospeso con lei e chiedendole apertamente di attaccarla con tutte le sue forze. Gli avventori presenti al tavolo ridono di gusto dopo questa dichiarazione, e abbiamo così già i primi indizi del fatto che all’epoca fosse del tutto folle per le persone comuni che qualcuno attaccasse apertamente un jedi.
Lo scontro tra Mae e Indara
Sin da subito Indara chiarisce ovviamente la natura dei jedi, che non attaccano chi è disarmato, mentre Mae ribadisce che lo facevano. Anche questo è un possibile indizio di ciò che le accadde in passato e che l’aveva portata a cercare vendetta, come vedremo nel corso della premiere. La ragazza se la prende così con gli avventori per attirare la sua attenzione, e finalmente Indara la blocca e ingaggia con lei uno scontro faccia a faccia.
Ovviamente anche in questo caso la jedi non estrae ancora la spada laser e si limita a bloccare i colpi di Mae. Primo importante dettaglio che denota la natura dei jedi del tempo, che non avendo nemici di rilievo da molti anni (gli ultimi furono presumibilmente i Nihil un secolo prima) non sfoderavano spesso le spade laser. Indara si accorge subito del potere nella Forza di Mae, e infatti le chiede chi l’avesse addestrata. Mentre la ragazza prende un ostaggio, Indara la definisce “un’utilizzatrice della Forza non identificata”, e ho apprezzato anche questa importante differenziazione rispetto ai jedi e ai sith.
Lo stile di combattimento in The Acolyte e il suo significato
Questo combattimento in sé è stupendamente coreografato, e fonde lo stile corpo a corpo con l’utilizzo dei poteri della Forza. Questi scontri di The Acolyte, che vedremo anche in seguito, sono un omaggio ad alcuni dei film di arti marziali e di samurai preferiti dalla showrunner Leslye Headland, come il già citato Come Drink with Me (conosciuto in Italia con il titolo “Le implacabili lame di rondine d’oro”) e il mitico Yojimbo di Akira Kurosawa (conosciuto in Italia con il titolo “La sfida del samurai”).
Si tratta di due pietre miliari che hanno ispirato uno stile di combattimento creato sulla base del wushu, che come detto ricorrerà spesso nella serie. Dato che l’epoca dell’Alta Repubblica è priva di guerre che coinvolgono la galassia, la Headland ha scelto di concentrare la narrazione su conflitti più personali e scontri uno contro uno tra i protagonisti.
Molti fan hanno già criticato questa scelta, poiché fermandosi ai film non hanno mai visto combattere i jedi in questo modo. Ma gli stili di combattimento basati sulle arti marziali, a dispetto di quello che appunto molti pensano, non sono affatto inusuali in Star Wars. Esistono molti stili come l’Echani, le arti marziali alderaaniane, la Zama-Shiwo, il Teras Kasi e tantissimi altri esempi. L’addestramento jedi inoltre prevedeva da sempre l’apprendimento di tecniche simili (votate soprattutto ad un assetto difensivo, come vediamo in questa e altre scene) da affiancare all’apprendimento del combattimento con le spade laser. Ed è per questo che l’utilizzo delle arti marziali da parte dei jedi non solo non è fuori luogo, ma è coerente con la loro natura soprattutto in tempo di pace.
La morte di Indara
Dopo aver messo in sicurezza un ostaggio, si intensifica lo scontro tra Indara e Mae. La jedi scopre l’identità della ragazza e si ricorda di lei, proprio mentre quest’ultima la scaraventa al muro con un forte Force push. A questo punto Indara sfodera la sua spada laser a lama verde, conscia del fatto che il suo avversario non sia da sottovalutare, e distrugge alcuni dei suoi pugnali.
Poi però si ferma, poiché contrariamente a ciò che pensa Mae il suo intento non è quello di uccidere. La ragazza approfitta perciò della presenza del barista (che scopriremo chiamarsi Cabuck), lanciandogli contro un pugnale che Indara si impegna subito a fermare. Proprio in questo momento di distrazione, Mae pugnala mortalmente la jedi lasciando lì il corpo e la spada laser che non era riuscita a sottrarle in combattimento. Questo aspetto è infatti fondamentale e lo noteremo anche nello scontro con Sol nel secondo episodio: l’obiettivo di Mae, come prova per il suo Maestro, era quello di sottrarre ad un jedi la sua spada laser mentre combatteva senza armi.
Si tratta di una prova del tutto simile a quella affrontata dagli apprendisti Sith (ma non solo), soprattutto da Darth Vader nel primo volume della serie a fumetti Darth Vader 2017: Macchina Imperiale. Per costruire la sua spada laser, avrebbe dovuto sottrarla ad un jedi eliminandolo e facendo sanguinare il cristallo kyber. In questo caso però, come vedremo a fine episodio, non siamo di fronte ad un’apprendista Sith ma ad un’altra figura del Lato Oscuro, appunto un’Accolita.
E poco dopo ci viene mostrato come in Mae sia ancora presente comunque una gran fetta di umanità: ella infatti, notando che il barista aveva un figlio piccolo, lo lascia in vita.
Osha e il lavoro da meknek
La scena si sposta poi sull’altra gemella protagonista, Osha, che si risveglia su un’astronave che scopriremo essere un mercantile della Federazione dei Mercanti. Si tratta in particolare di un modello inedito, un Trasportatore di resa WD-2550 di classe Whydah chiamato Fallon. Questa corporazione, che ben conosciamo dalla trilogia prequel, è nata nel 350 BBY, quindi più di 200 anni prima degli eventi della serie. Come vedremo i Neimoidiani ne facevano già parte, e ciò significa che probabilmente era già cominciata la sua ascesa al potere che avrebbe portato agli eventi di Episodio I. Ma altri elementi, di cui vi parlerò più avanti, ci permettono di affermare che quei tempi sono ancora lontani.
Osha è assistita dal droide da riparazione Pip, anch’esso un modello inedito in uso durante questo periodo dell’Alta Repubblica. Ella è una meknek, una meccanica freelance che eseguiva riparazioni agli scafi esterni delle astronavi. All’epoca, stando ai dettami della Repubblica, solo i droidi potevano svolgere questo pericoloso lavoro; quindi si trattava di una professione illegale, come scopriremo a breve tramite le parole del capitano Blex. Per questo scopo vengono poi menzionati gli astromecca, e infatti ricorderete che nella sua prima apparizione cronologica in Episodio I R2-D2 si occupò proprio delle riparazioni esterne. Fuori dalla stanza di Osha vediamo un “antenato” dei classici droidi Gonk, che ben conosciamo, e soprattutto un collega di Osha, chiamato Fillik.
Egli cita Nar Shaddaa, una luna ben nota di Nal Hutta, pianeta natale degli Hutt. Essa è comparsa in tantissime opere, soprattutto romanzi e fumetti. I due escono fuori con le tute per riparare i generatori di scudi, mentre l’impaziente capitano Blex non aspetta altro che poterli attivare per proteggere il suo carico. Quando scatta un piccolo incendio durante la riparazione, Osha ripercorre brevemente il suo traumatico passato di cui sicuramente scopriremo più dettagli nel corso della serie.
L’arrivo dei jedi
Nel frattempo il mercantile viene raggiunto da un Vector jedi, un caccia utilizzato dai membri dell’Ordine nel periodo dell’Alta Repubblica; è davvero molto emozionante vederne uno in live action. A raggiungere il ponte sono il cavaliere Yord Fandar e la sua padawan zygerriana Tasi Lowa. Possiamo notare che i due indossano gli abiti formali e da cerimonia, con il mantello bianco e il drappo dorato, che abbiamo visto in molte opere cartacee dell’Alta Repubblica. Un abbigliamento di quel periodo di pace che si distingue dalle vesti da missione. Inoltre, Tasi Lowa è la prima zygerriana ad apparire in live action (specie che ricorderete soprattutto da The Clone Wars), e la sua resa e il suo make-up sono davvero fantastici. Questa sequenza potrebbe sembrare un omaggio alla scena iniziale di Episodio I, ma qui le questioni sono molto diverse rispetto a quando Qui-Gon e Obi-Wan furono ricevuti dalla Federazione.
I neimoidiani infatti sono intimoriti dai jedi, e Yord non ha nemmeno bisogno di utilizzare il trucco mentale (o il potere di sondare la mente) per scoprire la presenza di Osha sulla nave. Ciò significa in primis che la Federazione dei Mercanti era ancora una corporazione con poco potere (e quindi che non poteva fare la voce grossa), e in secondo luogo che i jedi avevano un ruolo più saldo come protettori della Repubblica.
L’incontro tra Osha e Yord
Osha ritrova Yord nella sua stanza, e scopriamo che i due si conoscono da tempo e avevano anche un forte legame da allievi. Come sappiamo da romanzi e fumetti, nel periodo dell’Alta Repubblica i jedi erano abbastanza permissivi con le relazioni tra padawan prima che diventassero cavalieri, e dati gli sguardi tra i due (soprattutto quando Yord le dice che pensava che non l’avrebbe rivista) potrebbero aver avuto anche un passato più intimo.
Comunque egli è ormai un cavaliere jedi da due anni, poiché aveva superato le prove. Questo ci fa capire che Tasi Lowa è la sua prima padawan, e quindi quando quest’ultima sarebbe diventata a sua volta cavaliere egli avrebbe potuto ottenere il rango di Maestro. Tramite il loro dialogo scopriamo che Osha si trovava nel Sistema Corporativo, appunto quello in cui operava la Federazione.
Il passato di Osha
Poco dopo Tasi comincia un interrogatorio, che rappresenta un’occasione narrativa per conoscere più elementi su Osha. Ella ci dice di essere una meknek da quando aveva abbandonato l’Ordine 6 anni prima, perciò nel 138 BBY. Ella specifica anche di aver sfruttato le abilità imparate tramite l’addestramento jedi per metterle in pratica nel suo lavoro. Questo è un altro elemento che amplia anche ai fan che hanno visto solo film e serie tv il fatto che non fosse affatto inusuale che molti allievi abbandonassero l’Ordine o non superassero le prove, tornando ad essere senza problemi normali cittadini o continuando a servire l’Ordine in altri modi.
Scopriamo poi che Osha si unì ai jedi a 8 anni, e come sappiamo era già un’età molto avanzata che fece scaturire dei dubbi sulla sua ammissione (ricorderete la questione di Anakin che si unì a nove anni). Inoltre, ella all’epoca aveva appena subito un grave lutto: tutta la sua famiglia, sua sorella e le altre adepte della congrega erano morte, per quanto ne sapevano. Nonostante questo, il Consiglio decise di accettarla. Il suo addestramento fu però difficoltoso, e secondo Yord ciò derivò proprio dal suo attaccamento difficile da abbandonare. Pur tenendolo in gran considerazione, i jedi dell’epoca (e soprattutto quelli di cento anni prima) non avevano una concezione estremistica sull’attaccamento come quella dei jedi dell’epoca prequel.
Osha viene quindi scortata verso un trasporto prigionieri che l’avrebbe riportata su Coruscant. Ella viene presa in custodia da un droide guardiano, anch’esso inedito. Come la stessa nave prigione, chiamata Palwick e identificata come DTE-CSA-17 Calaboose, un modello nuovo. Ho apprezzato molto la presenza di tantissimi elementi inediti tra astronavi, droidi, ecc. che contribuiscono a ricordare al pubblico che ci troviamo in un’epoca passata rispetto alle vicende della saga.
Ritorno su Coruscant
La scena si sposta poi su Coruscant, con una panoramica al Tempio Jedi. Come avevamo già visto nel trailer, si può notare come il Tempio sembri più rialzato rispetto a come lo vediamo nella trilogia prequel. Anche questo è uno splendido elemento che ci suggerisce lo scorrere del tempo: trovandoci un secolo prima di Episodio I, sarà lo stesso skyline della capitale a modificarsi ed innalzarsi. Sappiamo che il livello più alto di Coruscant durante le vicende degli Skywalker era il 5127, quindi qui siamo almeno ad un livello mancante.
E’ interessante notare che il romanzo dell’Alta Repubblica La Luce dei Jedi definisce erroneamente il 5216 come il livello più alto di Coruscant. Ciò deriva probabilmente da un altro errore precedente dove vennero invertite le cifre, da 5127 a 5217. Perciò, invertendo a loro volta quelle del romanzo, ci troviamo con il livello 5126 (quello presumibilmente maggiore anche in The Acolyte).
Insegnamenti preziosi
All’interno del Tempio il Maestro jedi Sol (interpretato da Lee Jung-jae, star di Squid Game) sta impartendo ad un gruppo di giovani younglings un’importante lezione. “Chiudete, gli occhi. Gli occhi a volte ingannano, non fidiamoci di loro”. Si tratta di un insegnamento che conosciamo bene sin da Episodio IV, poiché Obi-Wan lo dice a Luke mentre il ragazzo si addestra con il remoto sul Millennium Falcon. Una frase che assumerà grande importanza nel prosieguo delle vicende. Tra loro vediamo anche uno youngling di specie Tarsunt e un altro di specie inedita.
Per connettere i piccoli alla Forza, Sol dice loro di immaginare un oceano. E’ interessante notare che Elzar Mann, uno dei jedi protagonisti dell’Alta Repubblica vissuto un secolo prima, immaginava la Forza proprio come un oceano, in particolare un mare in tempesta. In quel periodo molti jedi attingevano alla Forza tramite gli elementi della natura. Un’altra youngling la descrive invece come un fuoco che si propaga. Anche questo è sicuramente un richiamo al passato di Sol, come quello di Osha.
Il debutto di Vernestra Rwoh in The Acolyte
Sol riceve la visita di Vernestra Rwoh, Maestra jedi considerata leggendaria. Ella è il vero e proprio collante tra gli eventi della serie e quelli dei romanzi e fumetti dell’Alta Repubblica, soprattutto la prima e terza fase, ambientate come detto 100 anni prima di The Acolyte.
Già a quei tempi Vernestra veniva considerata un vero e proprio prodigio, poiché fu una dei più giovani Jedi a diventare Cavaliere all’età di 15 anni, e a prendere un padawan a 16 anni. Da giovane Vern aveva un’incrollabile fede nella Forza e devozione verso l’Ordine Jedi. Ma dopo i tragici eventi del Faro Starlight, anche lei compì delle scelte estreme per guarire se stessa.
In The Acolyte capiamo che è una jedi anziana. Ho apprezzato molto l’attenzione a questi dettagli anagrafici, poiché sia la serie che alcune opere della terza fase ci confermano che i mirialani sono una specie longeva, elemento inedito fino a poco tempo fa, e infatti pur non avendone l’aspetto Vernestra ha 116 anni. Capiamo che ha vissuto una lunga vita soprattutto quando ricorda a Sol di come era timido da piccolo.
Il passato che riaffiora
Ella ha portato al jedi cattive notizie, in merito al presunto coinvolgimento di Osha Aniseya nell’omicidio di Indara. Sol si mostra sorpreso e quasi sconvolto da questa notizia, ed è fermamente convinto ci fosse un errore. Sia lui che Indara avevano salvato Osha dall’incendio su Brendok, pianeta in cui si svolgeranno le vicende del passato. Vernestra chiede a Sol di mantenere il riserbo sulla vicenda, perché se si fosse scoperto i loro oppositori politici avrebbero potuto utilizzare l’accaduto contro di loro.
Non è inusuale che anche in quel periodo i jedi avessero molti oppositori. Anche in periodo di pace, non tutti condividevano l’ingerenza dell’Ordine come organizzazione protettrice della Repubblica. E il fatto che ex jedi potessero girovagare commettendo omicidi li avrebbe messi in cattiva luce. Anche perché tutti coloro che abbandonavano l’Ordine per scelta o per non aver superato le prove erano liberi di intraprendere la propria strada.
Anche in questo dialogo scopriamo che Vernestra, pur sottolineando l’attaccamento di Sol e chiedendogli di dominare i suoi sentimenti nel far luce sulla vicenda, non demonizza questo aspetto come sarebbe accaduto durante la trilogia prequel.
Piani di fuga
La scena si sposta poi al trasporto prigionieri, che è completamente automatizzato e guidato da droidi. Tra gli altri prigionieri ne vediamo uno che ha sulla bocca un Dybbuk, un parassita usato per domare criminali violenti e che altera anche lo stato mentale delle vittime. Concettualmente è molto simile al mairan Bor Gullet visto in Rogue One, mentre il suo design e il fatto che si attacchi alla bocca sembra ispirato agli iconici facehugger di Alien.
Tra gli altri prigionieri vediamo un alieno che a primo impatto può sembrare un karkarodon, ma non lo è poiché come vedremo è provvisto di un lungo tentacolo sulla testa; c’è poi un prigioniero che possiede molti impianti cibernetici (largamente utilizzati in Star Wars), sia oculari che vocali e uditivi. Proprio quest’ultimo darà inizio al piano di fuga disattivando i droidi piloti e facendo uscire bruscamente la nave dall’iperspazio, mentre l’alieno con il tentacolo tramortirà il droide guardiano utilizzando il suo braccio per liberarli. Tutti quanti si dirigeranno poi verso un guscio di salvataggio.
Schianto su Carlac
Osha ovviamente non viene aiutata, ma fortunatamente si trova davanti il droide Pip. E’ interessante notare che ella non riesce a prenderlo con la telecinesi pur provandoci, segno del fatto che la sua connessione alla Forza era “arrugginita”. Osha comunque, come ribadito anche prima, non aveva mai perso fiducia nei jedi.
Poco dopo riesce comunque ad utilizzare Pip per aprire la cella e aiuta anche il prigioniero inibito dal Dybbuk, che però scappa utilizzando praticamente l’altro guscio di salvataggio. Perciò Osha precipita con l’astronave su un pianeta ghiacciato, allacciandosi saldamente nella speranza di rimanere in vita. Come scopriremo poco dopo si tratta di Carlac, luogo in cui 100 anni prima ebbe luogo l’Operazione Contrattacco che portò alla cattura di molti Nihil. Il pianeta però è conosciuto soprattutto per essere stato una delle basi della Ronda della Morte nella quarta stagione di The Clone Wars.
La padawan Jecki Lon in The Acolyte
Ci spostiamo poi nuovamente all’interno del Tempio, dove il Maestro Sol viene sorpreso dalla sua attuale padawan Jecki Lon mentre osserva un vecchio ologramma di Osha. Jecki, interpretata da Dafne Keen, è metà umana e metà di specie Theelin. Per la sua creazione la Headland si è ispirata a Rystáll Sant, personaggio che la fece innamorare di questa specie. Quest’ultima è una ballerina e cantante della Max Rebo Band che compare in Episodio VI, ed è proprio un’ibrida umana/Theelin.
Sia nel canone che nelle opere legends infatti i membri puri di specie Theelin erano molto rari ed esistevano soprattutto esemplari ibridi. Un altro dettaglio che non è sfuggito e che ho apprezzato moltissimo. Anche in questo loro discorso si pone l’accento sull’attaccamento e la nostalgia, e anche qui la questione non viene estremizzata ma trasformata in una preziosa lezione di vita.
Comincia l’indagine
Poco dopo Sol scende al livello di detenzione, dove lo attende Vernestra. Il centro di detenzione del Tempio jedi esiste da tempo e lo troviamo in molte opere legends; la struttura è stata ricanonizzata nel primo numero della miniserie a fumetti L’Ombra dello Starlight (prima opera della Fase 3 dell’Alta Repubblica) ed è bellissimo vederlo in live action in un’opera collegata. Questa struttura detentiva fu costruita inizialmente per imprigionare i Sith durante le grandi guerre del passato.
In questo caso all’interno delle celle si trovano i detenuti fuggiti dal trasporto prigionieri, che ovviamente danno la colpa di tutto “all’ammazza-jedi”. Sol però, utilizzando la Forza su uno di loro, riesce a scoprire la verità e chiede a Vernestra di poter organizzare una missione di recupero. Anche in questo frangente notiamo che grande jedi sia Sol: egli si accolla tutta la responsabilità, dicendo che avendola addestrata sarebbe stato lui ad aver fallito se si fosse dimostrata colpevole. Una grande prova di umiltà, non comune a molti jedi dell’epoca prequel. Vernestra accoglie così la sua richiesta, facendogli formare una piccola squadra.
La visione delle sorelle
Nel frattempo su Carlac Osha viene coinvolta in una visione della Forza che le mostra sua sorella Mae bambina, e soprattutto il loro pianeta natale e anche l’incendio che causò tutti gli sconvolgimenti che rappresentano il fulcro della trama. Tramite questa visione Osha scopre che Mae è responsabile dell’omicidio di Indara e soprattutto che era ancora viva.
La filastrocca che le due recitano ci mostra anche la profonda connessione tra di loro, che potrebbe sembrare simile al concetto di Diade. Come sappiamo però questa condizione era rarissima, quindi in questo caso si tratta sicuramente solo di un profondo legame tra le sorelle. Dopo questi eventi, Osha si risveglia nuovamente nel relitto del trasporto.
The Acolyte: nuovi dettagli sul passato
Nel frattempo Sol, la sua padawan Jecki e Yord Fandar partono per la missione con un’altra astronave inedita, un trasporto jedi Polan-717. Prima di imbarcarsi, vediamo nel corridoio un alieno di specie Selkath. I Selkath hanno debuttato in Star Wars nel videogioco Knights of the Old Republic, e sono stati poi ricanonizzati in The Clone Wars. Anche in questo caso si tratta del debutto della specie in live action. Jecki mostra molto interesse per Yord, segno che probabilmente si trattava di un jedi abbastanza di spicco nell’Ordine. E il suo carattere rappresenta proprio il tipico jedi forte ma spocchioso, quasi un antesignano di Mace Windu.
Mentre viaggiano nell’iperspazio, Sol racconta a Jecki di Osha e scopriamo che egli viaggiò su Brendok 16 anni prima di queste vicende. Questo dato ci permette di stimare l’età delle protagoniste: considerando che quando fu portata al Tempio Osha aveva 8 anni, nel presente ne ha 24. Perciò ella aveva abbandonato l’Ordine a 18 anni, dopo dieci di addestramento.
Sol afferma anche che fu Mae a causare l’incendio che uccise la sua intera famiglia, e soprattutto dice di averla vista morire. Per questo la gemella non figurava in nessun rapporto. Questo passaggio sarà molto importante per ciò che accadrà a breve. Ovviamente, aspetteremo di scoprire quale sarà la versione di Mae sull’accaduto e cosa sia successo in realtà.
L’incontro tra Sol e Osha
Arrivati su Carlac, i tre si mettono sulle tracce di Osha e la inseguono fino all’interno di una caverna mentre la ragazza si ritrova con le spalle al muro di fronte ad un dirupo. Questa scena è una chiara citazione ad una situazione del tutto simile in cui si sono trovati Anakin e Ahsoka nella quinta stagione di The Clone Wars. Anche in quell’occasione Anakin era l’unico a credere nell’innocenza della sua padawan e riuscì poi a scagionarla, anche se Ahsoka decise comunque di abbandonare l’Ordine.
In quel frangente specifico che ha ispirato la scena di The Acolyte, Ahsoka non seguì Anakin, gettandosi dal condotto su Coruscant. In questo caso invece Osha e Sol si ritroveranno, anche perché quest’ultimo la salva dalla caduta. Sol è sollevato e felice di rivederla, e quando la ragazza gli dice che Mae era viva lui afferma di crederle senza esitazione. Come vi dicevo, questo passaggio è fondamentale per capire che tipo di jedi sia Sol.
Solo poco prima egli aveva affermato di aver visto Mae morire. Ma, collegandoci a quanto detto sempre da lui ad inizio episodio, “gli occhi ingannano, non fidiamoci di loro”. Perciò egli ha subito messo in dubbio ciò che aveva visto riponendo totale fiducia nei confronti della sua ex padawan. Un passaggio che ho trovato davvero molto bello e forte. Ed egli infatti poco dopo impedisce anche che venisse ammanettata. In questa scena possiamo vedere la spada laser a lama dorata di Yord, tipico colore delle spade dei Guardiani del Tempio jedi.
Le parole del Force user del Lato Oscuro
Nell’ultima sequenza di questo ricchissimo primo episodio di The Acolyte, Mae raggiunge il luogo in cui si trova il misterioso Force user del Lato Oscuro. Sentiamo infatti la sua voce narrante dire che i jedi vivevano in un sogno, un sogno in cui sono convinti che vivano tutti. Questo spezzone si riferisce sicuramente al fatto che secondo lui i jedi vivessero nella loro bolla patinata e avessero la presunzione e l’ipocrisia di affermare che fosse così anche per gli altri abitanti della galassia.
Continua poi dicendo che attaccare un jedi con un’arma sarebbe stato un fallimento: ferro o laser non sarebbero stati una minaccia per loro. Ma un Accolito uccide senza un’arma, poiché un’Accolito uccide il sogno. Anche questa è una metafora potente su quale fosse lo scopo della figura degli Accoliti: non eliminare semplicemente i jedi, ma estirpare tutto ciò in cui credevano e tutto ciò che rappresentavano dalle fondamenta. E con questo intrigante debutto si chiude la prima puntata di The Acolyte.
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