The Mandalorian: l’amore dietro la maschera
Un Mandaloriano in armatura, perfettamente corazzato, cammina nel deserto. Ha armi pericolose che non esita a usare. Un elmo indecrifrabile che non si sfila mai. Una Gilda spietata e Imperiali alle costole. E un cucciolo da proteggere. Questo è The Mandalorian, ma non solo.
Una maschera a tutto tondo
Prima di scoprire (e sbranare) The Mandalorian, non avrei mai pensato che una maschera potesse essere tanto espressiva. In genere le maschere ci aiutano a definire, scarnificandole, smorfie cristallizzate e sentimenti semplici, statici.
Con Mando, invece, ci succede l’esatto opposto. Indossa un elmo dalla superficie completamente neutra. E siamo noi stessi a proiettarci sopra, a leggerci attraverso, infinite gradazioni e sfumature emotive. Determinazione, intelligenza, diffidenza, paura, tristezza e amore.
Lunghi silenzi, sceneggiatura essenziale, gestualità e fisicità contribuiscono alla creazione di un personaggio profondo, tutt’altro che piatto, capace di un’espressività straordinaria.
Considerazioni generali
Il passato del Mandaloriano, ricostruito una placca alla volta, come la sua armatura, arricchisce il dipanarsi della storia principale. La tensione cresce graduale, inesorabile, insieme alle informazioni frammentarie sul suo conto. Il cliffhanger finale, degno dei formalisti russi, ricongiunge perfettamente l’inizio alla fine.
Scenari mozzafiato, vedute larghe e paesaggistiche si alternano a primi piani alla Sergio Leone (paradossalmente efficaci sul volto blindato del Mandaloriano) e musiche alla “sci-fi western“.
Gli ambienti sono loschi, pieni di banditi e criminali di ogni tipo. Intrighi e tradimenti sono all’ordine del giorno. Gli alleati di oggi sono i nemici di domani.
La lezione di Solo: a Star Wars story, da cui si attinge a piene mani, è evidente e conferma il potenziale di questo setting in una narrazione ad ampio respiro.
Le sequenze d’azione sono semplici ma avvincenti. A differenza di Episodio IX ho trovato gli effetti speciali più equilibrati e al servizio della storia. Il ritorno su Tatooine è immancabile, rispettoso e dolceamaro.
Il fascino dei buoni
Nonostante i silenzi e l’essenzialità dei dialoghi (non solo di Mando) i personaggi sono il vero punto di forza della storia.
L’intera galleria secondaria, umana e non, con cui Mando si confronta è ottimamente caratterizzata. Cavalcatori di Blurg ed ex Ribelli, Imperiali magnati e sbarbatelli opportunisti, solo per citarne alcuni.
Ogni incontro è necessario: nel bene e nel male, ciascun personaggio arricchisce il protagonista, ne svela frammenti importanti e contribuisce alla sua crescita personale.
Non mancano, in tutto questo, personaggi positivi (non buonisti) che si distinguono ingegnandosi a campare, Mando in primis. Virtuosi a cui, nonostante il poco tempo o le battute a disposizione, è impossibile non affezionarsi. Onore e lealtà, giustizia e “richiami del cuore” (Questa è la Via), emergono prepotenti, più forti di ogni convenienza.
Il sacrificio finale di alcuni di loro, doloroso ma necessario, lascia in Mando e nello spettatore un vuoto difficile da colmare.
L’infanzia da proteggere
The Mandalorian è la storia di una caccia che diventa protezione, sopravvivenza e fuga.
Al centro di tutto c’è un fanciullo senza tempo che è tante cose tutte insieme: oggetto del desiderio, fulcro narrativo, aiutante e forse mentore del protagonista. “Baby Yoda”, fragile e piccolo, è un bambino impensabilmente potente. Ha poteri speciali incomprensibili e assorbe come una spugna ogni briciola di bene e di male intorno a sé.
Il senso del viaggio (e dei guai) del Mandaloriano è semplice, ma non per questo ingenuo. Bisogna proteggere il futuro dei bambini, anche a costo di mettersi contro il mondo intero, perché le loro cicatrici sono per sempre (la storia personale di Mando ce lo insegna). Salvando loro, inoltre, salviamo anche noi stessi. Questa è la Via e l’unico vero comandamento dei Mandaloriani.
L’impronta Disney in The Mandalorian, naturalmente, si fa sentire, ma è bello vedere che non snatura mai l’immaginario di Star Wars. Le due anime, sempre autentiche e ben distinguibili, si fanno complici di una sinergia unica.
La maschera “autentica”
Il credo mandaloriano vive di segretezza e autodeterminazione. I concetti di maschera, arma e armatura diventano un credo religioso capace di rafforzare e unire. Crescere è corazzarsi, schermarsi, rendersi impermeabili alle ferite del mondo. Il rito della forgiatura di ogni singola placca è solenne e costoso. Non porta a fingere né fuggire, ma a essere più veri e più forti. Proprio perché ancora “scoperti”, i cuccioli sono più fragili e devono essere protetti. Una fede assoluta nella “Via” rende i Mandaloriani uomini mascherati ma autentici, appassionati e incapaci di scendere a compromessi morali.
Trovo che in questo momento sia un’immagine consolatoria e importante. Anche dietro una maschera o una mascherina, dietro una corazza di ferro o una parete di mattoni e calce, nonostante l’insopportabile distanza fisica, l’amore non si ferma, ma cresce e si rafforza.
Proprio come Mando, corazzato ma fragile, impassibile ma appassionato. O come Darth Vader e Kylo Ren, che cristallizzano nei loro elmi tutto il loro amore, non si sa bene se per celarlo o esibirlo.
Questa è la Via, e io ho parlato.